Dopo che The Walking Dead ha venduto 8,5 milioni di episodi, lo studio di sviluppo statunitense Telltale Games si è guadagnato l'attenzione della stampa mondiale come mai era accaduto prima. Contemporaneamente, ha cominciato a vendere i suoi giochi a un pubblico più vasto. Ma cosa accadeva prima di questo successo improvviso in uno degli studi di sviluppo più dinamici? La risposta è semplice: si creavano avventure grafiche episodiche basate su licenze più o meno famose. L'acquisto di licenze è ancora un marchio di fabbrica di Telltale, così come la pubblicazione episodica, ma il design dei giochi è completamente cambiato, e con esso anche il genere di appartenenza. Telltale ha smesso di produrre avventure grafiche, preferendo quelli che potremmo definire filmati interattivi, in mancanza di una definizione migliore.
Aumentano le vendite, lo studio trova una nuova identità, i titoli pubblicati in un anno crescono di numero, tutto sembra andare per il meglio, insomma. Invece no. Se la seconda stagione di The Walking Dead è stata accolta con entusiasmo, in parte sull'onda delle emozioni suscitate dalla prima, The Wolf Among Us ha reso più evidente l'inganno di fondo. Fino a quando sono usciti i primi episodi di Tales From The Borderlands e Game of Thrones: A Telltale Games Serie, togliendo ogni dubbio. Non c'è nessuna storia che si adatta alle scelte del giocatore. Ci sono solo storie più o meno riuscite durante le quali abbiamo l'illusione di poter cambiare il fato dei personaggi coinvolti. Non discutiamo sul fatto che un'illusione convincente possa suscitare le stesse emozioni di un dato di realtà, ma solo che la rivoluzione promessa con la prima serie di The Walking Dead non si è mai avverata; la possibilità di modificare una trama e ottenere comunque risultati narrativi soddisfacenti non c'è mai stata. Non stiamo entrando nel merito dei gusti di ciascuno: diciamo solo che non c'è stata alcuna innovazione e soprattutto che le nuove serie di Telltale non hanno il merito di avere portato trame mature nei videogiochi, perché quello che è stato sottratto è proprio il videogioco, smagrito al punto da essere nulla più di una serie di clic a comando. E i videogiochi di Joe Dever's Lone Wolf ci hanno dimostrato che anche un Quick Time Event può essere la base per un design di gioco profondo e soddisfacente. Insomma, tolto tutto quello che si poteva togliere, e accentrato quanto più potere nelle mani del regista e dello sceneggiatore, al giocatore rimane la possibilità di scegliere di tanto in tanto una linea di dialogo fra quelle proposte. Le serie di Telltale vanno quindi a fare concorrenza a serie televisive come Breaking Bad o True Detective, e le recensioni assomigliano sempre più a sinossi degli episodi commentate dai giornalisti. Si è discusso se i dialoghi fossero ben scritti, i personaggi caratterizzati a dovere, il ritmo solido. Benissimo. Ma se mettiamo a confronto e in competizione le serie dei Telltale con le serie televisive contemporanee, piuttosto che con altri videogiochi, siamo proprio sicuri che gli sviluppatori non escano dal confronto con le ossa rotte?
Telltale Games ha guadagnato un pubblico più ampio, ma ha perso gli appassionati di avventure grafiche
Non è un mondo per pirati
Torniamo un momento sul discorso del merito presunto di avere portato grandi storie nel mercato dei videogiochi, dove raramente se ne trovano, ma dove d'altronde sono molto spesso irrilevanti. Ipotizziamo allora che siano state almeno le avventure in genere a beneficiare dell'effetto Telltale, soprattutto a partire dalla prima serie di The Walking Dead. Quest'ipotesi però non è sostenibile, perché Telltale aveva smesso di sviluppare avventure già da prima, almeno dall'uscita di Jurassic Park: The Game. Prima di allora sì che aveva pubblicato grandi avventure, come le due stagioni di Sam & Max e il coraggioso Tales of Monkey Island, guadagnandosi la stima crescente degli appassionati. Il motivo per cui le nuove serie non possono considerarsi avventure grafiche pare ovvio, ma vale la pena dirlo.
Per prima cosa non c'è esplorazione, uno dei grandi piaceri offerti dalle avventure. Si riducono così gli ambienti, che con l'invecchiamento del motore grafico stanno diventando sempre meno piacevoli, vedi Game of Thrones, e di conseguenza si riducono i costi. Forse per nascondere questo sbilanciamento verso il linguaggio del cinema sono stati lasciati comunque ritagli di gioco nei quali possiamo muoversi entro i margini di una schermata per scambiare due parole con i comprimari, che attendono ognuno nel proprio angolo. Se possibile questa scelta fa sentire ancora di più il peso di un design che mette i ceppi alle mani e alla mente del giocatore. Tolta l'esplorazione, sono stati eliminati gli enigmi, lasciando però un inventario simbolico, come una lapide commemorativa dei tempi in cui si doveva interagire con gli oggetti. Il fatto è che quei tempi non sono finiti, e giochi come The Book of Unwritten Tales e Memoria lo dimostrano. Avventure con enigmi impegnativi ma appaganti, e personaggi ben caratterizzati, capaci di sostenere una trama articolata che ci spinge a esplorare decine di schermate ben disegnate escono ancora. Sono giochi che non si prestano per una breve sessione di indice e pollice nelle sale d'attesa degli aeroporti, e per i quali premere il tasto Play non basta. Le avventure, quelle vere, ben fatte, ci ricordano ancora una volta che i videogiochi non devono redimersi davanti al cinema o alla letteratura. Paragonati a queste avventure, i filmati interattivi dei Telltale sono l'occasione per un passatempo casuale e poco impegnativo. Che dopo la prima stagione di The Walking Dead ha cominciato a emozionare sempre un po' meno rispetto all'uscita precedente. Siamo arrivati quindi a una battuta di arresto? Sembrerebbe di no, perché lo studio dei Telltale è sempre stato in fermento, e forse ha trovato ancora una volta il modo di cambiare pelle e rinnovarsi senza tradire la propria missione, ovvero lavorare con le storie. Con la serie Minecraft: Story Mode, di prossima uscita, pare che i Telltale abbiano fatto finalmente la scelta giusta: includere il gioco nella storia. Che la fine della favola sia in realtà un nuovo inizio? Ai posteri l'ardua sentenza.