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Il rinvio di un videogioco è realmente motivato?

Tre titoli alla ricerca di una data d'uscita

SPECIALE di Dario Rossi   —   16/07/2015

Ci risulta sempre semplice criticare l'industria dei videogiochi quando non abbiamo per le mani il nostro oggetto del desiderio. O quando lo abbiamo troppo tardi. Oppure non come lo desideravamo.

Il rinvio di un videogioco è realmente motivato?

Forse a volte occorrerebbe essere più realistici perché, diciamocelo, il videogiocatore è un grande sognatore, uno dei più grandi, e vive di passioni ed entusiasmo. Ma l'industria dei videogiochi è cambiata e occorre che l'utente impari a guardarla con un occhio disincantato. Realizzare un titolo, specie tripla A, è un'operazione sempre più lunga, costosa e complessa, un quadro ulteriormente viziato in proporzione all'investimento dei capitali. Tra piani di distribuzione DLC e un meccanismo quasi perverso che chiede sostanzialmente la fiducia agli utenti ancora prima di fargli provare il prodotto, è facile sviluppare un forte senso di pessimismo. Ma ripetiamo, ognuno forse dovrebbe farsi un'esame di coscienza. Proprio noi che siamo pronti a gridare al downgrade grafico, a lamentarci per le innumerevoli patch di un prodotto e in generale rivelarci sempre insoddisfatti di qualcosa, dovremmo provare a vedere il problema da un'ottica diversa. Spesso il publisher ci vende un'idea prima di un gioco, un sogno che è costretto a passare da una catena di montaggio fredda e intricata prima di arrivare sugli scaffali, un procedimento che di magico non ha proprio nulla. Ma in questo articolo non intendiamo parlare di downgrade, quanto piuttosto di come tre grandi produzioni recenti, di enorme successo, abbiano dimostrato in modi opposti che un gioco moderno non esce quando è pronto, ma quando è il suo momento quintessenziale per esistere nel mercato.

Sognare non costa nulla, realizzare i sogni costa tantissimo

Uniti a qualsiasi costo

Assassin's Creed Unity è diventato un precedente per l'industria. Per fortuna noi tutti, colpevoli e vittime, abbiamo la tendenza a dimenticare col tempo e smussare i ricordi. E il tempo ha aiutato l'avventura Ubisoft, grazie alle tempestive patch rilasciate dalla divisione di Montreal. Ma il 13 novembre 2014 la musica era diversa e chi l'ha acquistato al day one la conosce bene: prestazioni disastrose, glitch grafici di ogni genere e una distanza preoccupante dal trailer mostrato alla conferenza Microsoft in occasione dell'E3 dello stesso anno. Al momento di uscire, Assassin's Creed Unity non era completo, non era neanche lontanamente avvicinabile a qualsiasi stato di completezza, era una sorta di beta in early access venduta a prezzo pieno.

Il rinvio di un videogioco è realmente motivato?

Scopriremo solo dopo che furono le alte sfere decisionali della casa francese a spingere per l'uscita entro fine anno, unite all'immancabile caos generato da una gestazione a più mani: i prodotti Ubisoft - almeno fino ad ora - erano infatti sviluppati da diversi studi. Ma la verità è che la finestra dei primi mesi del 2015 non andava più bene per Assassin's Creed Unity, per le sue vendite e per l'intero equilibrio della serie. Cerchiamo di renderci conto di cosa è successo effettivamente: Ubisoft ha preferito una sorta di suicidio calcolato piuttosto che affrontare la perdita economica derivata da un'uscita posticipata, essendo totalmente consapevole della violenta onda mediatica che l'avrebbe colpita. Una situazione che fa riflettere, eppure la strategia ha funzionato. Le falle sono state tappate in un modo o nell'altro, sono stati regalati DLC ed è stato fatto ordine. Il pensiero, o peggio la certezza, che se il gioco fosse uscito dopo sarebbe stato peggio, dà un'indicazione delle dinamiche di cui vive oggi l'industria.

Lo strigo dei sogni

The Witcher 3: Wild Hunt è un ulteriore caso che dimostra, all'opposto, come spesso non sia il completamento del gioco la priorità per determinare quando uscirà sul mercato. Il titolo di CD Projekt RED probabilmente non sarebbe mai stato esente da critiche, anche se si fosse rivelato la perfezione sotto forma di codice binario. Troppo hype, troppe aspettative per un'opera comunque spinta in modo magistrale dalla casa polacca. È stato il primo caso, o comunque uno dei pochissimi, di un team relativamente giovane e piccolo alle prese con una produzione di immane portata, senza l'appoggio di un grande publisher. Eppure il cinismo da grande publisher nello strumentalizzare le aspettative degli utenti - l'unica cosa di cui avremmo fatto a meno - non è mancato. In questo caso abbiamo assistito a ben due posticipi, il secondo che ha fatto storia: il titolo fu spostato al 19 maggio 2015, lasciando il mondo nella palude della tristezza.

Il rinvio di un videogioco è realmente motivato?

CD Projekt RED citò addirittura il caso Assassin's Creed Unity per quanto riguarda le conseguenze di una uscita forzata. Ma novanta giorni sono un'eternità in ottica produttiva e difficili da digerire quando affermi, anche con una certa tracotanza, che il titolo è concluso da dicembre dell'anno prima e stai ottimizzando come non ci fosse un domani. In realtà, come insegna Marco Travaglio, a volte la verità è intuibile rimettendo insieme piccoli pezzi smarriti dagli stessi responsabili e in questo caso l'attenzione va rivolta a quanto dichiarato dalla stessa CD Projekt quando espose la sua roadmap, un'occasione dove la casa venne anche lodata per la sua trasparenza. L'idea è che The Witcher 3: Wild Hunt sia stato deliberatamente rallentato per uscire nel climax dell'installato della current gen. Essendo un sequel concepito per monetizzare principalmente su console - non ce ne vogliano gli utenti PC - la scelta di rinunciare a una base di 160 milioni di macchine, ovvero la vecchia generazione, deve aver dato più di un grattacapo all'organico polacco. L'ipotesi è suffragata dalle innumerevoli patch preparate per sistemare i bug e le magagne tecniche del gioco, sospettosamente elevati per una gestazione pre-lancio così esemplare. In due mesi i problemi non sono ancora del tutto risolti, ma le patch continuano a uscire e qualcuno nell'attesa ha anche smesso di vagare per Novigrad, sperando in condizioni migliori. Lo staff di CD Projekt RED non sta festeggiando il meritato riposo, sta lavorando alacremente per finire il gioco. Ha quindi agito nella stessa maniera di Ubisoft, ma con la differenza di due posticipi. Alla fine hanno ragione entrambi.

Occhio ai guardoni

Un altro outsider sempre di casa Ubisoft è Watch Dogs, nuova proprietà intellettuale inizialmente promettente, per non dire mozzafiato, che poi si è rivelata ai fatti una timorata interpretazione di meccaniche open world consolidate, pur finendo per ritagliarsi una sua utenza.

Il rinvio di un videogioco è realmente motivato?

Non vogliamo comunque valutare la sua qualità in questa occasione, ma soffermarci sull'ennesimo caso in cui ci sono forti sospetti che il posticipo sia stato architettato chirurgicamente per lanciare il titolo in un periodo propizio. Anche in questo caso si è trattato di un ritardo clamoroso: il gioco doveva uscire entro la fine del 2013, ma è arrivato effettivamente sugli scaffali il 27 maggio 2014. E alla fine del 2013 spopolava Grand Theft Auto V per Xbox 360 e PlayStation 3, l'open world di riferimento di Rockstar. Ubisoft al tempo lanciò anche uno spavaldo guanto di sfida per l'uscita originaria, affermando che due mesi sarebbero stati più che sufficienti per esplorare Los Santos. Ma ci credevano davvero in un prodotto che si è poi rivelato, in confronto con GTA V, un'esperienza derivativa e ridotta in tutti i suoi comparti? Andiamo a leggere le dichiarazioni del creative director Jonathan Morin riguardo al posticipo, un anno fa: "Quando hai così tante animazioni, così tanto audio da registrare, così tanto testo da scrivere... la quantità di contenuti è talmente tanta che iniziando a giocare spesso ti accorgi che alcune cose che non avevi mai visto non vanno bene, quindi hai bisogno di più tempo". Sei mesi per rifinire il tutto ci sembra il minimo, ma è molto meglio tenersi Grand Theft Auto V ben lontano dai piedi e vedere l'installato current-gen gonfiarsi un altro po'. E anche in quest'occasione, Watch Dogs ha registrato ottime vendite, diventando motivo di vanto. I grandi publisher non sbagliano quasi mai, anche se a volte a scapito delle nostre aspettative.

Scusate il ritardo

Abbiamo elencato tre casi diversi ma simili tra loro, che evidenziano le colorate sfaccettature del mercato nella gestazione di un prodotto ad alto profilo: uscire prima per correggere dopo, rischiando il linciaggio e confidando nell'amnesia planetaria; uscire dopo per godere di una finestra maggiormente favorevole; oppure entrambe le cose? Non ce la sentiamo di condannare più di tanto i publisher per questo atteggiamento, e anzi vi invitiamo a leggere nuovamente il paragrafo di apertura, confidando in un assestamento futuro negli equilibri di produzione e nella scelta di un miglior stile per come vengono fatti gli annunci. D'altronde sognare non costa nulla, ma realizzare i sogni costa tantissimo.