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Apocalypse Now

Il tema post-apocalittico domina tutti i generi di narrativa, compresa quella videoludica: come mai?

SPECIALE di Rosario Salatiello   —   26/07/2015

Nel corso dell'ultimo decennio abbiamo assistito a una vera e propria invasione di racconti catastrofici. Impossibile non accorgersene, visto che le storie dedicate alla fine della civiltà così come la conosciamo si sono letteralmente moltiplicate: una moda, se così possiamo definirla, che ha investito qualsiasi ambito, da quello letterario a quello dei fumetti, da quello televisivo a quello cinematografico, fino ad arrivare ai videogiochi. L'esempio di The Walking Dead, con la sua tripletta composta da comic, serie TV e giochi vari, è di sicuro quello più emblematico, ma anche se nell'invasione di cui sopra gli zombie hanno avuto un ruolo importante, la cosa non riguarda solo loro. L'addio al mondo in cui viviamo oggi è infatti stato immaginato attraverso una serie di cause più o meno plausibili, tutte in grado di portare il genere umano a un passo dall'estinzione tra virus, catastrofi naturali e guerre in grado di rivoluzionare la realtà. Se scrittori e sceneggiatori sembrano averci ormai preso gusto a catapultarci in queste situazioni distopiche, noi lettori/spettatori/giocatori siamo ovviamente stati più che lieti di esplorare i livelli più primitivi della natura umana, combattendo a denti stretti per la sopravvivenza insieme ai protagonisti dei racconti. Ma perché è scoppiato questo amore per l'apocalisse? Si tratta davvero di una semplice moda del momento? Proviamo a spiegarcelo.

Sin dai tempi più remoti, l'uomo è sempre stato attratto e spaventato allo stesso tempo dalla catastrofe

Il vecchio che ritorna

Iniziamo subito col dire che quella per la fine del mondo non è di certo una "passione" scoppiata ai giorni nostri: nonostante l'uomo sia comprensibilmente spaventato dalla propria rovina, allo stesso tempo lo incuriosisce e lo affascina, al punto da farsi immaginare in una moltitudine di occasioni nel corso della storia. Basti pensare alla Bibbia, dove appaiono sia un post-apocalitticissimo Noè con la sua arca, sia un intero libro dell'Apocalisse, ma andando a scavare tra leggende e profezie appartenenti ai vari popoli della Terra (Maya, ci avete ingannati!) siamo sicuri che ci sarebbero esempi infiniti. Non è un caso, quindi, che l'ambientazione post-apocalittica sia tornata a diventare un filone narrativo di successo come avviene ciclicamente anche con altri argomenti, ma per riuscire ad attecchire nel nostro animo in modo così marcato deve esserci stato qualcosa di più: il momento storico nel quale ci ritroviamo ci rende impressionabili da contenuti di questo genere, per diversi motivi.

Apocalypse Now
Apocalypse Now

Il più vecchio che riusciamo a individuare risale addirittura alla Seconda Guerra Mondiale, ricordata per ovvi motivi come una delle pagine più buie della storia. Dopo questa terribile esperienza, l'Occidente è riuscito a mettere in piedi uno status quo duraturo, per il quale è stato però pagato un prezzo elevatissimo: abbiamo conosciuto l'odio e la violenza di cui gli uomini possono essere capaci, marchiati come segni indelebili sui libri di storia con le foto dell'Olocausto e delle bombe nucleari sganciate su Hiroshima e Nagasaki. L'influenza di eventi così catastrofici si è fatta sentire nelle nostre fantasie più oscure, e non è un caso se buona parte della narrativa del secolo scorso ha immaginato l'invasione di spaventose creature mutanti, figlie della paura scaturita dagli effetti delle armi atomiche sul genere umano. Per fortuna, nell'ultimo secolo abbiamo avuto modo di conoscere anche argomenti meno tenebrosi: alla corsa allo Spazio tra Russia e Stati Uniti, culminata con lo sbarco sulla Luna, si può per esempio attribuire una decisa spinta per la passione nei confronti dell'esplorazione spaziale e le "galassie lontane lontane" della fantascienza, così come l'enorme progresso tecnologico ottenuto nella seconda metà del '900 ha aperto la fantasia a correnti completamente nuove come quella del cyberpunk, arrivata negli anni '80. Anche in questa occasione, sono stati diversi gli scrittori che ci hanno fatto conoscere mondi distopici ambientati nel futuro, governati da intelligenze artificiali ribelli o da mega corporazioni, come probabile riflesso di un sentimento simultaneo di attrazione e paura nei confronti delle grandi novità offerte dall'era moderna. Se alcuni dei motivi dell'ascesa del genere catastrofico sono da ricercare nei ricordi di quanto avvenuto nel secolo scorso, c'è da dire che questi ultimi sono riaffiorati anche grazie agli avvenimenti dei giorni nostri. Viviamo infatti in un'epoca di grande incertezza che va avanti dall'inizio del nuovo millennio, nella quale grazie alle molteplici fonti d'informazione possiamo sapere in tempo reale cosa accade in qualsiasi angolo della Terra. Terremoti e altri disastri ecologici, 11 settembre e terrorismo, ebola e altre epidemie, crisi finanziaria del 2008, sovrappopolazione, scarsità delle materie prime e chi più ne ha più ne metta: tutti argomenti in grado di trasmettere sentimenti di paura e insicurezza, che in pochi anni hanno trasformato il mondo da luogo relativamente sicuro a posto ignoto e pericoloso, dove vivere sull'orlo di una catastrofe imminente.

Arriva l’apocalisse

Se abbiamo accolto così bene i racconti post-apocalittici è quindi perché siamo portati a identificarci maggiormente in essi, come descritto anche da Angela Becerra Vidergar, dottoratasi in letteratura presso l'Università di Stanford con una tesi intitolata "Fictions of Destruction: Post-1945 Narrative and Disaster in the Collective Imaginary". Nella sua analisi, la Vidergar ha preso inevitabilmente di mira anche la corrente più gettonata, quella dedicata agli zombie, visti come riflesso di noi stessi: "Le decisioni etiche che i sopravvissuti devono prendere perché costretti, così come le successive azioni, sono nettamente diverse da ciò che avrebbero fatto nella loro vita normale". Non a caso, The Walking Dead deve gran parte del successo ottenuto al suo aver saputo concentrare l'attenzione sui rapporti umani, in un mondo popolato da non-morti che si limitano però a fare da contorno alle difficoltà incontrate dai protagonisti e alle scelte che questi sono costretti a effettuare.

Apocalypse Now

Particolare attenzione anche al segnale di speranza trasmesso, percepibile con maggiore sensibilità dal pubblico in tempi di crisi: "Anche se come società abbiamo perso molta dalla nostra speranza in un futuro positivo e abbiamo invece una maggiore percezione di un disastro in arrivo, crediamo ancora di essere dei sopravvissuti, vogliamo ancora credere che sopravviveremo". Nel considerare il successo dell'ambientazione post-apocalittica negli ultimi anni, bisogna inoltre notare la presa che essa è riuscita ad avere tra i più giovani: The Hunger Games è il nome più famoso, ma anche in questo caso c'è una folta schiera di opere osannate dai ragazzi. A differenza dei loro coetanei di qualche decennio fa, gli adolescenti di adesso si ritrovano addosso una sensazione di crescente incertezza sul loro futuro, sentendo il peso di una società reale dove i grandi hanno sperperato gran parte del loro benessere. Un elemento che si riflette anche nella finzione, dove spesso i giovani rappresentano i valori della civiltà precedente ormai dimenticati dagli adulti. A questo punto, ci risulta difficile provare a immaginare un'evoluzione per il genere post-apocalittico, ammesso che possa essercene una: come abbiamo visto, si tratta di un argomento ricorrente all'interno della narrativa sin dall'alba dei tempi, attraverso il quale l'uomo si confronta con le proprie paure. La nostra "passione" per la catastrofe e la nostra immedesimazione coi suoi protagonisti continuerà probabilmente ancora per diversi anni, almeno fino a quando nella nostra società potranno riscontrarsi segnali di ripresa che per ora è complicato scorgere.