Il futuro dell'umanità sarà fosco, instabile e squarciato da grosse discriminazioni. Il futuro dei giochi d'azione con forti connotati RPG si prospetta invece roseo, elettrizzante e ricco di opportunità. Son queste le due prospettive che ci si sono figurate in mente dopo aver avuto la possibilità di provare per la prima volta in assoluto Deus Ex: Mankind Divided, quarto episodio della saga inaugurata dal classico di Warren Spector ormai quindici anni fa e tornata in auge grazie al "ripescaggio" avvenuto con Human Revolution, il quale, assieme a Dishonored (che rappresenta a suo modo un discendente della stessa onorevole scuola), è riuscito a dimostrare che c'era ancora spazio per un certo modo di intendere la giocabilità in prima persona, per proposte in grado di offrire qualcosa di più sfaccettato e profondo rispetto ai giri di giostra tra un setpiece e l'altro in cui a un certo punto della scorsa generazione il genere degli sparatutto sembrava essersi ridotto quasi in toto, senza grandi prospettive di uscire dal tunnel, promuovendo un'inversione di tendenza.
I ragazzi di Eidos Montreal - con cui abbiamo speso un paio di giornate, volando in Canada - sembrano ben consci della portata del risultato, vedendolo tuttavia come un'occasione per lavorare con più serenità e coscienza dei propri mezzi a un genere di cui appaiono estremamente appassionati loro per primi, senza il peso di dover ricostruire ex novo le fondamenta della serie e la pressione di dimostrare, tanto al loro publisher quanto al mercato, che recuperare Deus Ex dalla naftalina poteva essere un'idea sensata. Non che lo sviluppo di Mankind Divided sembri una passeggiata: il team non pare intenzionato a campare di rendita e ha tutta l'intenzione di alzare l'asticella, per cui le sfide e i grattacapi che stanno affrontando l'Executive Producer Stéphane Roy, il Game Director Jean-François Dugas, la Narrative Director Mary DeMarle e altre figure con cui siamo stati a stretto contatto, appaiono estremamente impegnative e c'è davvero ancora molto da fare da qui al lancio, previsto per il 23 febbraio del prossimo anno.
Abbiamo provato per la prima volta in assoluto Deus Ex: Mankind Divided
Astenersi turisti
Abbiamo speso qualche ora su un codice largamente "work in progress", contenente due estratti del gioco. Il focus dell'hands-on era darci la possibilità di farci una prima, abbondante idea sulle qualità del gameplay alla luce delle tante novità e raddrizzamenti di tiro che Mankind Divided proporrà rispetto a un Human Revolution, che per stessa ammissione di Roy e Dugas era piuttosto acerbo, specie in termini di qualità dell'azione. La prima delle due tranche di giocato riguardava la missione con cui si aprirà il gioco, ambientata a Dubai. Com'è noto, le nuove avventure si svolgono nel 2029, un paio d'anni dopo gli avvenimenti del predecessore, a cui è dedicato un lungo ed esauriente riassunto facoltativo, grazie a cui rinfrescarsi dettagliatamente la memoria. Ci ritroviamo nei panni di Adam Jensen mentre sorvola il Desert Jewel, un lussuoso hotel in costruzione in cui i lavori sono stati sanguinosamente interrotti dall'irruzione di Sheppard, un pericoloso trafficante di armi e innesti cibernetici. Si sente già odore di Deus Ex nel momento in cui ci viene detto che oltre che fermare il criminale abbiamo l'obiettivo opzionale di salvare un agente sotto copertura, infiltratosi tra le spire dell'organizzazione tre anni or sono. Non solo: durante il briefing fattoci dal superiore della task force internazionale anti-terrorismo per cui Adam lavora adesso, in mezzo a una serie di dialoghi puramente "caratterizzanti", come quelli con alcuni sprezzanti colleghi tutti di un pezzo, ce ne sono alcuni tramite cui scegliere l'approccio di massima che pensiamo di seguire. Letale o non letale? Dalla distanza o più a corto raggio? Sono scelte che determinano la dotazione con cui si scenderà in campo e incidono concretamente sui modus operandi applicabili. E fa tantissimo "Deus Ex" anche il level design che, per quanto relativo a una fase tutorial, nel tragitto che andava dal tetto presso cui ha preso piede la nostra infiltrazione fino alla hall dell'albergo in cui si concludevano i giochi, presentava parecchie opportunità di diversificazione tattica. Non ci riferiamo unicamente ai classici condotti di aerazione grazie a cui defilarsi indisturbati, presenti in abbondanza anche qui, ma anche a scorciatoie costruibili sfruttando debolezze strutturali dei muri, a semplici ma graditi puzzle ambientali e a ripostigli, dove trovare armi e altre risorse e ai quali possiamo accedere rinvenendo la relativa keycard addosso a un nemico oppure violando la serratura attraverso lo stesso ottimo mini-gioco di hacking visto in Human Revolution.
E poi la progettazione degli spazi, decisamente più ampi e organici, che offrono sin da subito una spiccata verticalità, permettendo magari di sfruttare le impalcature e le passerelle del cantiere per superare dall'alto una zona calda o godere di punti di vantaggio durante una sparatoria, o che si ricollegano in vario modo a una serie di locali periferici che finiscono per rappresentare un piccolo budello a sé. L'idea di un'esperienza di gioco costruita per adeguarsi alle inclinazioni del giocatore torna a far capolino anche in certi momenti nevralgici, come quando si individua finalmente Sheppard, mentre sta concludendo una trattativa con dei clienti appena arrivati in elicottero e gli uomini della nostra squadra lo tengono sotto tiro dalla distanza. Complice l'improvvisa entrata in scena di una terza, misteriosa fazione, composta da individui che celano la loro identità dietro a maschere simili a quelle di Anonymous (o V per Vendetta, se preferite) e che grazie un'agilità e abilità combattive sovrumane, dovute probabilmente a innesti illegali, massacrano con facilità molti degli astanti e si impossessano della merce, la situazione precipita nel caos: a quel punto ci viene suggerito via radio che possiamo gettarci nella mischia e provare a spuntarla nel parapiglia generale oppure tentare di sfruttare l'arrivo di una tempesta di sabbia per avvicinarci di soppiatto al velivolo e metterlo fuori uso, impedendo la fuga dei terroristi 2.0. Con tutte le vie di mezzo del caso.
La Roma dell'Est
La seconda missione era ambientata molto più in là nell'avventura, a Praga. Lo scopo era quello di infiltrarci nel Teatro Dvali, che prende il nome da una delle più pericolose famiglie mafiose della città, e individuare l'ufficio di un tale Radich Nikoladze. Poche le informazioni su chi sia il soggetto, anzi praticamente nulle. Per evitare qualsiasi pericolosa anticipazione, il livello era difatti stato completamente "epurato" da contenuti narrativi. Non solo: ci è stato anche detto che nel gioco completo potremo arrivare nei pressi dell'edificio trovando una situazione decisamente diversa.
Tutto era dunque focalizzato sul gameplay, al punto che avevamo a disposizione tre build di Adam diverse, una dedicata allo stealth, una al combattimento e una mista. Una vera e propria "Deus Ex experience" dove avevamo un problema e un monte di possibilità per arrangiarci a risolverlo, che abbiamo provato a sbrogliare a più e più riprese, con esisti sempre diversi. Ancora più che negli Emirati Arabi la costruzione dello scenario e il complesso di variabili su cui agire ci sono parsi aver raggiunto una maturità nettamente più spiccata rispetto a Human Revolution.
Già solo per il modo con cui si poteva provare a entrare nella primissima zona del teatro, l'atrio. Passare per i vicoli a sinistra, arrampicandosi fino a raggiungere il tetto e fiancheggiando i cecchini appostati? Sfruttare il sottopassaggio dei bagni pubblici sulla destra per fare il giro attorno al palazzo e provare a tirarsi su dall'insegna? Spingersi fino al retro e azionare un montacarichi? Provare ad eludere le ronde dello scagnozzo, del robot e del tiratore di precisione che si para davanti a inizio livello ed entrare semplicemente dalla primissima finestra, lì a pochi metri? Mettere a ferro e fuoco le strade, sfruttando eventualmente anche il fatto che le auto parcheggiate saltano in aria dopo un po' di colpi per poi fare il proprio ingresso dalla porta principale, a testa alta, come un Terminator? Queste sono soltanto alcune di una lista di soluzioni che ad elencarle tutte ci vorrebbe probabilmente uno spazio lungo quasi tutto questo articolo. Una flessibilità di approccio degna dei migliori insegnamenti di Warren Spector e che ci ha accompagnato fino all'uscio dell'ufficio del Signor Nikoladze. Più in generale, si è rivelata valida una regola regola d'oro della serie: l'indugiare, il prendersi tempo per esplorare e studiare le situazioni viene premiato con l'ottenimento di nuove opzioni. Violando i terminali della camera di regia, per esempio, si poteva prendere il controllo di telecamere e automi del backstage e semplificarsi la vita una volta superato il piccolo rave privato tra mafiosi che si stava svolgendo di fronte al palco. Attraverso una mail riguardante i turni degli artisti, contenuta nel PC di un ufficio vicino all'ingresso, per dirne un'altra, si poteva scoprire il numero di combinazione di un camerino che dava direttamente sulla strada, attraverso il quale girare al largo da molti grattacapi per ritrovarsi a un tiro di schioppo dall'obiettivo.
Il progresso
Se il contenitore appare ben progettato, il contenuto non è da meno. Deus Ex: Mankind Divided presenta infatti evidenti passi in avanti per quanto riguarda il gameplay. Il sistema di copertura è nettamente più completo e versatile: oltre a girare attorno a un riparo e poter passare a uno subito a lato, è ora anche possibile scavalcarlo ed eseguire un KO o un'uccisione corpo a corpo senza dover uscire dalla copertura, procedere e nascondersi di nuovo, macchinosamente. Molto interessante, poi, è la possibilità di impostare un "waypoint" da raggiungere velocemente, compiendo uno scatto che non fa uscire dalla terza persona, sia esso indirizzato verso un altro riparo, un nemico o un punto qualsiasi dell'ambiente. Il salto appare ora meno impacciato e, in accordo con una costruzione del mondo di gioco che si sviluppa maggiormente verso l'alto, opportunamente abbinato alla capacità di arrampicarsi sopra un ostacolo. Visto che è aumentata sia la quantità delle abilità speciali di Adam che la frequenza con cui può ricorrervi, altrettanto opportunamente ne è stata resa più libera l'attivazione: è ora possibile personalizzare a piacere la croce digitale del pad ed L1 per impostare la scelta rapida dei poteri che si preferiscono.
Allo stesso modo, è stata resa non solo più capillare ma anche più immediata la personalizzazione delle armi, che può avvenire mediante una schermata alla Crysis, richiamabile on the fly, mentre premendo due volte il tasto per ricaricare si può cambiare il tipo di munizioni bypassandola totalmente. Eidos Montreal ha insomma messo a punto una formula di base più sciolta e versatile, a un po' tutti i livelli. "Una cosa che vogliamo tassativamente evitare", ci ha detto Jean-François, "è che i giocatori abbiano la sensazione che ci sia un 'modo giusto' per giocare". In Human Revolution l'agire stealth era il più remunerativo in termini di punti esperienza, per cui si era spronati ad attenersi a quell'approccio, ma era un fare di necessità virtù. "Succedeva perché il combattimento non era granché e lo sapevamo benissimo", ci ha confessato il Game Director. Nel nuovo episodio un atteggiamento più rocambolesco vanterà pari dignità in termini di ricompense per lo sviluppo del personaggio. Ma non è solo questo: Dugas e colleghi vogliono che sia innanzitutto più divertente. Chi teme che il gioco possa sbilanciarsi verso il comune FPS non deve temere, visto che anche lo stealth sta ricevendo molte attenzioni, risultando più coinvolgente e appassionante. Già a partire da alcuni ritocchi all'interfaccia, che adesso include un indicatore semicircolare, simile a quello di alcuni titoli Ubisoft o a Metal Gear Solid: The Phantom Pain, che restituisce un riscontro più immediato del livello di attenzione dei nemici, rendendo più istintivo e dinamico agire di conseguenza. "In Human Revolution delle volte succedeva che si veniva avvistati da nemici lontani e alcuni giocatori nemmeno se ne accorgevano, chiedendosi che diavolo fosse successo", ci viene spiegato. Tuttavia non è solo un fatto di nascondersi o ammazzare, ma di costruire quante più zone grigie tra i due estremi, perché i Deus Ex non sono mai stati giochi prevalentemente stealth (sebbene Human Revolution possa aver fatto credere il contrario, specie ai nuovi arrivati) o sparatutto, ma giochi in cui fare prevalentemente ciò che si vuole, a patto di sviluppare adeguatamente il proprio alter ego. Infiltrarsi ci è parso effettivamente meno monotono e passivo grazie a novità come un minigioco che permette di violare "al volo" le telecamere e strumenti come la Nanoblade (una lama sparata dalla distanza, che uccide silenziosamente un nemico), il Tesla (scariche elettriche che possono colpire fino a 4 obiettivi alla volta), l'Icarus Dash (che consente di "teletrasportarsi" di qualche metro, in qualsiasi direzione, come il Blink di Dishonored) e la riorganizzazione del P.E.P.S. (che da pistola è diventata parte integrante del braccio sinistro di Adam, con funzioni diverse, tra cui una "stordente").
Questi ultimi sono tool ambivalenti, che possono tornare utili anche in caso di assalto frontale, con la Nanoblade che può essere commutata in una carica esplosiva, l'Icarus Dash che permette anche di scagliarsi su un nemico e il P.E.P.S. che può essere armato con un raggio di energia EMP, simile a quello di Samus di Metroid. Altre soluzioni interessanti sono il Titan Shield, armatura cibernetica tramite la quale sopportare temporaneamente più colpi, alla stregua della Maximum Armor di Crysis, e l'Icarus Strike, che permette di atterrare con impeto da un'altezza considerevole, stordendo eventuali malintenzionati nei paraggi. Insomma, il vocabolario di possibilità per esprimersi non solo si è parecchio inspessito, ma comprende ora anche la punteggiatura, grazie a cui costruire ancora più in libertà e scioltezza il proprio frasario di gioco in un contesto che risulta migliorato anche a livello "tattile", con molti più oggetti interattivi (tirandoli, volendo, per distrarre le guardie), una resa migliore delle armi (più incisive e piacevoli da usare) e un'intelligenza artificiale che sembra aver superato il limite di Human Revolution, talvolta in maniera plateale e abusabile, dove non superava i confini delle stanze a cui era "assegnata", mentre ora tende ad andare a scovare Adam un po' ovunque. C'è tuttavia ancora parecchio da fare. Partendo proprio dall'intelligenza artificiale, ad esempio, i nemici hanno comportamenti incostanti: se insospettiti e in cerca di intrusi paiono tutto sommato convincenti, sebbene capiti di stendergli di fronte un compagno senza che battano ciglio, durante le sparatorie sono interessati da parecchi svarioni, effettuando un "pressing" decisamente singhiozzante, che può culminare in momenti in cui li si vede fermi e girati dall'altra parte nel mezzo di un conflitto a fuoco o in cui, per quanto incattiviti, avvicinandosi a loro tentennano così tanto che li si può mettere KO anche in situazioni in cui dovevamo ritrovarci al Creatore cinque metri fa. Più in generale l'azione non scorre così bene come sperato (o come appare dai video walkthrough ufficiali pubblicati fino ad ora), tra collisioni che necessitano di qualche bella limata, una fisica ambigua e una certa macchinosità del sistema di controllo. Si tratta di problematiche di cui il team di sviluppo è perfettamente al corrente e su cui è ancora nel pieno della lavorazione, al punto che ci ha chiesto anche pareri ed eventuali suggerimenti sui controlli, sebbene a differenza di Human Revolution saranno quantomeno implementati più layout tra cui scegliere (con uno che parafrasa esplicitamente Call of Duty).
Il potere della parola
Tra le varie sfumature di grigio di cui parlavamo poc'anzi, c'è anche l'uso della parola, del dialogo come strumento per risolvere problemi o accedere a nuove opportunità, da sempre uno dei pilastri di Deus Ex. Un elemento, definito "social", che sta ricevendo anch'esso parecchia attenzione, ma su cui non possiamo offrire impressioni di prima mano, dovendoci limitare a prendere atto delle parole degli sviluppatori. Ci è stato promesso che le aree urbane saranno molto più popolate e dinamiche, che smetteranno di sembrare diorami abitati da personaggi non giocanti che parevano delle macchinette in attesa di essere attivate per recitare un paio di frasette.
Oltre che più numerosi e meglio caratterizzati e diversificati a livello estetico, i personaggi vanteranno routine di intelligenza artificiale più sofisticate, costituendo una "fauna" molto più variopinta e credibile anche nell'ottica delle "Social Augumentation", ovvero delle capacità per comprendere il profilo psicologico degli interlocutori, intuire quale pulsione è dominante nella loro personalità e provare a entrarci in sintonia o in conflitto, durante una conversazione. Per quanto riguarda la main quest, Mary DeMarle ci ha detto che sarà molto più ricca, flessibile e ramificata, facendo percepire maggiormente il concetto di "scelte e conseguenze". "È una grossa sfida: cercare di realizzare qualcosa di interessante, che sappia pian piano trascinare emotivamente e poi deviarlo o stravolgerlo a seconda di ciò che ognuno di noi si sente di voler fare in certi momenti, più o meno decisivi, più o meno espliciti", ci ha detto la Narrative Director. Non solo: chi ha giocato Human Revolution ricorderà che le sidequest erano davvero poche (circa quattro a zona). Mankind Divided ne presenterà un quantitativo analogo, sforzandosi però di aumentarne la qualità. "Le sidequest erano e saranno poche perché Adam è coinvolto in una vicenda molto importante, e per distogliersi da essa si deve trattare di questioni molto concrete, sostanziose, non roba del tipo 'vuoi venire a salvare il mio gattino?'. Devono essere cose che ti dicono di più sul mondo, sui personaggi, sugli avvenimenti", ci ha spiegato Mary. Un modo per farlo bene rispetto al passato è arricchirle molto di più dal punto di vista delle scelte e delle conseguenze. Il concetto ci viene spiegato dall'Executive Producer Stéphane: "Una sidequest potrà durare anche 15 minuti, perché magari 'tì-tì-tì (fa esattamente questo suono!) et voilà, quella era la mia storia". Un altro giocatore può arrivare e dire "ehi, aspetta un attimo, c'era qualcosa di più, ho scoperto questo e quest'altro e a me ha preso oltre un'ora e mezza!'" Saranno dunque interpretabili a livelli differenti, avranno molto più il sapore di vere e proprie storie da scoprire, approfondire, vivere anziché degli obiettivi indicati in un menu. E in certi casi potranno arrivare a intrecciarsi, ad avere un effetto, anche critico, sulla main quest.
Futurismo
Abbiamo provato il gioco su PC, ma su una build studiata per riprodurre in tutto e per tutto l'esperienza che si avrà su PlayStation 4. Il passaggio dal Crystal al Dawn Engine, una versione potenziata del Glacier dei compagni di scuderia IO Interactive, ha sicuramente giovato. Tecnicamente parlando, Human Revolution appariva difatti modesto e superato per gli standard del 2011, mentre Mankind Divided si presenta come un titolo attuale e sicuramente più portato nel trasporre dai bozzetti e dalla CG ai pixel e alle sequenze giocabili la bontà della visione artistica di base.
Su quest'ultimo aspetto c'è stato un percepibile cambio di direzione: via il giallone dominante del predecessore, largo a una fotografia molto più equilibrata, capace di rendere adeguata giustizia a vedute calde e abbaglianti, come quelle di Dubai, scorci algidi ed estremamente hi-tech e tinte bluastre e umidicce, come in quel di Praga, dove si respira un'atmosfera che richiama molto da vicino il primo capitolo. Il gioco nel complesso è un bel vedere, sebbene appaia ancora da sgrezzare e ottimizzare. Dettagli come la pulizia video, la qualità delle ombre, la resa di certi materiali e la fluidità, che specie in caso di pioggia o in situazioni di combattimento intense appare molto affaticata, hanno davvero bisogno di una sistemata. D'altronde abbiamo provato quella che ci è stata definita, testualmente, come una "advanced alpha", per cui certe sbavature appaiono largamente comprensibili, sebbene il tempo residuo a disposizione non sia più tantissimo e faccia un po' preoccupare. Purtroppo non abbiamo potuto approfondire nulla riguardo la versione Personal Computer, che sta venendo curata da un altro team, gli specialisti Nixxes, già autori dell'edizione per sistemi Windows di Human Revolution, Tomb Raider e Thief, con risultati nel complesso buoni. In quel di Montreal nessuno si è sentito nella posizione di affrontare discorsi specifici sull'implementazione delle DirectX 12, della fantomatica incidenza dell'asynchronous computing in ottica di sfida AMD/nVidia e di eventuali benefici di ritorno in ambiente Xbox One, né di TressFX 3.0 e di altre feature specificatamente pensate per PC, per cui al momento bisogna accontentarsi di quanto già annunciato su questi fronti. Ultima chicca, ma non poco importante, sull'HUD: curiosando nel menu abbiamo scovato un set di opzioni quanto mai ricco riguardante gli elementi dell'interfaccia, grazie ai quali chiunque potrà calibrarsi per benino l'"esperienza Deus Ex" che meglio calza alle proprie inclinazioni personali senza discriminazioni, che si tratti di un appassionato hardcore della primissima ora o di un pivellino del genere.
CERTEZZE
- Formula di gioco più ricca e versatile
- Level design maggiormente complesso e organico
- Prospettive allettanti in termini di flessibilità narrativa
- Impatto grafico pregevole...
DUBBI
- ...ma da sgrezzare parecchio
- Ancora molto da affinare in fatto di meccaniche di gioco