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Serie che avrebbero bisogno di essere rinnovate

Arriva per tutti il momento di cambiare

SPECIALE di Dario Rossi   —   27/02/2016

Squadra che vince non si cambia. Ma in caso contrario bisogna cominciare a farsi qualche domanda, mettersi in discussione e operare per migliorarsi. Ci riferiamo a qualche serie storica, ma non solo, che ha cominciato a mostrare i segni dell'età e che necessita necessariamente di un'opera di rinnovamento. In altri casi abbiamo invece le basi per costruire un successo, ma occorre intraprendere una strada differente. Infine, avere per le mani un franchise compatibile per un'ottima interpretazione videoludica non sempre si traduce in un prodotto riuscito. La risposta finale ovviamente è nelle mani degli sviluppatori, ma nel frattempo prendiamo in esame qualche caso e analizziamo quali e quanti elementi potrebbero essere migliorati.

Certi titoli hanno bisogno di una pausa di riflessione: torneranno meglio di prima?

Assassini in vacanza

L'esempio più eclatante è quello della serie di Assassin's Creed. Dal 2007 ne sono accadute davvero di tutti i colori, lo scontro tra gli assassini e i templari segna nove capitoli di ruolo (escludendo gli spin-off) in meno di dieci anni, con una cadenza annuale a partire dal secondo episodio. Il 2014 ha visto addirittura l'arrivo di due capitoli contemporaneamente, Assassin's Creed Rogue e Assassin's Creed Unity, quest'ultimo uno dei più problematici e discussi del franchise. La nave Ubisoft ha probabilmente cominciato ad accumulare acqua proprio con questa iterazione, onerosa in termini di risorse, che ha costretto l'azienda francese a una strategia marketing per compensare critiche e disagi generati dal lancio del titolo, gestito a scapito della sua qualità per rispettare le tempistiche. È chiaro che c'era qualcosa che non andava e la macchina Assassin's Creed doveva necessariamente essere rivista. Dopo il dignitoso ma un po' anemico Syndicate, è arrivato il necessario, forse anche meritato, riposo: la serie salterà il 2016 e questo periodo può rappresentare sia un toccasana che un capolinea. C'è un motivo se Ubisoft ha cercato di mantenere i ritmi a qualsiasi costo. Parliamo di una serie tra le più vendute della storia dei videogiochi, non briciole, e la pausa di riflessione potrebbe non giovare alla sua popolarità. E ancora, Syndicate non mostrava bug e deficit nelle performance del predecessore, ma ha definitivamente dimostrato che la saga non sembra più essere in grado di garantire gli standard per i quali si è fatta strada tra l'utenza, inclusa la storia, l'ambientazione e i suoi personaggi, anche se l'idea della Londra vittoriana era sicuramente interessante. Ma le vicende di Jacob ed Evie Frye non rapiscono, qualcuno sente ancora la mancanza di personaggi memorabili come Ezio Auditore, e il franchise non ha ancora risolto problemi storici, rielaborando idee ormai obsolete. L'utenza inoltre non gradisce percepire un'involuzione tecnica per un seguito che si presuppone evolva anche questo profilo, sembra che il team di sviluppo abbia dovuto accettare dei compromessi, presentando una città molto meno vivace e popolata rispetto alla Parigi rivoluzionaria di Unity. Occorre assolutamente recuperare la fiducia degli utenti, ma come?

Ricostruire il sogno

Assassin's Creed deve tornare ai sogni di grandezza del secondo episodio, quando Patrice Désilets e Jade Raymond passavano le notti per rendere il capostipite qualcosa di più vicino a un videogioco piuttosto che una demo tecnica. Forse sarebbe il caso per Ubisoft di prendere in considerazione il ritorno a uno sviluppo meno frammentato presso le varie divisioni, sotto la guida di un creative director di rilievo. Non è un caso se Désilets ha abbandonato la compagnia, vedendo qualsiasi prospettiva creativa offuscata dagli orizzonti della serializzazione selvaggia. Assassin's Creed II dosava le risorse, gestendo l'opera di accumulo con intelligenza. Negli ultimi episodi abbiamo assistito a un'evoluzione malsana dei collezionabili, arrivati a una dimensione parossistica quanto discutibile a livello di politiche, basti pensare gli scrigni speciali di Unity legati alla companion app. Il ritorno a una gestione più ragionata degli elementi di contorno può rappresentare una base. C'è inoltre bisogno di uno scenario forte, una storia memorabile, personaggi incisivi e possibilmente un senso compiuto alla vicenda. Quest'ultimo aspetto è quello che desta maggiore preoccupazione, dal momento che le vicende legate al presente sono state progressivamente trascurate, mentre il nodo creato alla fine del terzo capitolo, con l'uscita dello storico Desmond Miles, rimane in un limbo immutabile. Infine, quello di cui sentiamo maggiormente il bisogno è di un concreto senso di sfida e un'evoluzione nell'intelligenza artificiale. Siamo molto curiosi su come possa evolversi questo franchise. Situazione differente è invece quella di The Order: 1886. C'era molta attesa per il lavoro realizzato da Ready at Dawn in esclusiva per Sony, d'altronde si era già fatto già notare dai primi filmati per l'aspetto tecnico superlativo. Le meccaniche sembravano suggerire che anche gli utenti PlayStation 4 avrebbero avuto un loro Gears of War, e l'ambientazione vittoriana steampunk suscitava grande curiosità. E ancora, il team ha giocato bene le carte del marketing, facendo trasparire gradualmente una curiosa venatura sovrannaturale. Ultimo e non meno importante particolare, l'opera di una personalità come Andrea Pessino ha agevolato non solo una naturale empatia da parte dell'utenza italiana, ma ha giovato alla visibilità stessa del titolo.

Serie che avrebbero bisogno di essere rinnovate

The Order: 1886 non si è però rivelato essere un prodotto completamente all'altezza delle aspettative, essendo inattaccabile solo dal punto di vista meramente visivo. La campagna era piuttosto breve e lineare, con una presenza eccessiva di quick time event. Inoltre il titolo è stato trattato piuttosto duramente dalla critica internazionale, disincentivando Sony dall'investire sul franchise. Il futuro è infatti incerto: Ready at Dawn sta lavorando ad altri progetti, ma questo non esclude che la casa giapponese, alla fine proprietaria dei diritti, non decida di tornare sui suoi passi e gestire un sequel diversamente. Questa sarebbe un'eventualità auspicabile. D'altronde lo scenario resta molto intrigante e la storia continua ad avere spunti degni di essere sviluppati, magari con un gameplay diverso. Prodotti come Until Dawn hanno dimostrato che una struttura imperniata quasi completamente sul comparto narrativo poteva funzionare, ma se The Order ha intenzione di proseguire la strada dell'action, occorre percorrerla fino in fondo. Allo stesso tempo non sarebbe affatto male ampliare l'esplorazione, in modo da rendere l'esperienza meno guidata.

Il deserto e l'archeologa

Quello di Mad Max è stato un caso ancora diverso. La trasposizione videoludica dell'antieroe di George Miller era attesa da molti, non solo perché amplificata dal recente film (Mad Max: Fury Road) con Tom Hardy e Charlize Theron, ma anche perché gestita da Avalanche Studios, il team responsabile della serie di Just Cause. Cosa poteva andare storto? Vedere il buon Max catapultato in un titolo open world era un'occasione decisamente allettante, considerando anche lo scenario affascinante già definito delle pellicole. Il team purtroppo non è riuscito nell'impresa di portare ai giocatori una produzione memorabile, ma solo un compito svolto piuttosto svogliatamente, forse perché schiacciata da una sua produzione concomitante, Just Cause 3.

Serie che avrebbero bisogno di essere rinnovate
Serie che avrebbero bisogno di essere rinnovate

Nonostante l'ottima realizzazione tecnica e una caratterizzazione studiata a tavolino per esaltare i fan, il titolo presentava missioni poco ispirate e troppo simili tra loro, con una certa carenza di originalità generale che lo rendeva un gioco poco più che sufficiente. Come ciliegina sulla torta, era presente anche qualche bug di troppo, uno in particolare poteva costringere addirittura a ricominciare il gioco daccapo. Il personaggio si meritava sicuramente qualcosa di più, ma non è troppo tardi per recuperare: Avalanche può fare tesoro delle proprie esperienze per proporre un nuovo capitolo, quell'universo ha ancora molto da dare e l'utenza pronta a esaltarsi. Per concludere, un caso estremamente delicato è quello di Rise of the Tomb Raider. La serie di Crystal Dynamics sta prendendo una direzione maggiormente matura rispetto al passato: Lara Croft è più giovane, ma paradossalmente più adulta e realistica rispetto al personaggio squisitamente bidimensionale che abbiamo amato negli anni novanta, faticando però in questo modo a trainare la vecchia guardia nel nuovo ciclo, e non riuscendo a fare completamente breccia verso la nuova. Lo studio guarda inoltre troppo alle mode del momento nel genere delle avventure action, col rischio di risultare derivativo nelle scelte e troppo indulgente nei confronti dei giocatori. Sarebbe auspicabile tornare, o almeno avvicinarsi al senso di sfida dei vecchi capitoli, recuperando l'indole platform e la forte componente puzzle, che tutti abbiamo amato e che siamo pronti ad amare ancora.