22

Videogiochi e musicisti

Scopriamo alcuni dei titoli più significativi che hanno avuto dei musicisti come protagonisti

SPECIALE di Simone Tagliaferri   —   10/04/2016

Era il 1982 quando Journey Escape di Data Age per Atari 2600 trasformò per la prima volta in protagonisti di un videogioco i componenti di una band musicale famosa. Si trattava di un titolo molto semplice, in cui, entro un certo limite di tempo, bisognava far fuggire i membri del gruppo da fan, groupie, giornalisti, promoter e da altri ostacoli.

Journey Escape
Journey Escape

Farli toccare significava perdere parte dei soldi guadagnati con il concerto. Arrivati a zero era game over. Journey Escape non era un titolo eccezionale, nemmeno per gli standard di allora, ma nella sua ingenuità raccontava molto su come i musicisti venivano visti dall'esterno e sulla vita che s'immaginava facessero: sempre inseguiti da fan e gente senza scrupoli che voleva lucrare sul loro successo. Nonostante le scarse vendite di Journey Escape furono uno dei motivi che portarono Data Age alla chiusura, ci vollero soltanto due anni per vedere tornare dei musicisti famosi dentro a un videogioco. Era il 1984 quando la rivista Computer & Video Games pubblicò The Thompson Twins Adventure per Commodore 64 e ZX Spectrum, avventura testuale con protagonisti il trio dei Thompson Twins. Il gioco era ispirato a uno dei loro singoli del momento, "Doctor! Doctor!" ed era legato a un concorso: chiunque lo avesse finito entro il 16 novembre 1984 (il termine fu prorogato al 31 dicembre per problemi distributivi), avrebbe potuto incontrare il gruppo musicale nel backstage di uno dei suoi concerti. Nonostante la rozzezza di fondo, The Thompson Twins Adventure era interessante per un motivo specifico: non si incentrava sulla vita della band, come Journey Escape, ossia non era una celebrazione del mito del musicista, ma partiva da una canzone per provare a raccontare qualcosa di diverso. Ovviamente aveva un obiettivo promozionale, ma fu comunque un titolo apripista per un certo modo di intendere il tema dei musicisti nei videogiochi.

Se amate la musica, non potete perdere questo speciale dedicato ai musicisti trasformati in videogiochi

Frankie Goes to Hollywood

Nel 1985 uscì uno dei migliori videogiochi legati a band o musicisti famosi: Frankie Goes to Hollywood (omonimo della band) di Denton Designs per Ocean, fu pubblicato per Amstrad CPC, Commodore 64 e ZX Spectrum.

Frankie Goes to Hollywood
Frankie Goes to Hollywood

L'idea era semplice, quanto innovativa: invece di rendere protagonista la band, perché non creare qualcosa che elaborasse in termini videoludici i temi delle sue canzoni? Il giocatore fu quindi calato nel ruolo di un individuo di Liverpool che deve trovare il Pleasuredome e se stesso, per diventare una persona completa.

Sabrina
Sabrina

L'obiettivo è far crescere quattro attributi: sessualità, guerra, amore e fede; svolgendo dei piccoli compiti e vincendo in alcuni mini giochi. Nel corso dell'avventura deve anche risolvere un omicidio, cercando indizi che scagionino i vari sospettati fino all'individuazione dell'assassino vero e proprio. Nel gioco i Frankie Goes to Hollywood sono presenti in moltissimi riferimenti e, soprattutto, nella colonna sonora, che a seconda della versione permetteva di ascoltare versioni digitalizzate di 'Welcome to the Pleasuredome', 'Relax' e 'Two Tribes'. Insomma, nonostante i limiti dei sistemi a 8-bit sui quali girava, si trattava di un titolo creativo e appassionante, con molte idee interessanti. Soprattutto era un'interpretazione dei contenuti dei Frankie Goes to Hollywood e non una loro celebrazione spicciola e mediocre a uso e consumo dei fan. Purtroppo quello di Denton Designs fu un approccio al tema che pochi seguirono. Lo stesso anno uscì ad esempio Paul McCartney's Give My Regards to Broad Street di Concept Software, che era un semplice gioco di corse basato sull'omonimo film flop del 1984, mentre l'anno successivo, il 1986, Papa Dance di Arston per ZX Spectrum si limitava a proporre quiz a risposta multipla, incentrati sulla band. Sempre nel 1986 uscì Samantha Fox Strip Poker di Software Communications per diversi sistemi a 8-bit, in cui la bella cantante veniva fatta letteralmente spogliare per incrementare la produzione di calli alle mani dei videogiocatori. Nel 1987 esce invece Sabrina, di Iber Soft per Amstrad CPC, MSX, ZX Spectrum, con protagonista la cantante italiana Sabrina Salerno, in cui la nostra deve raggiungere un aeroporto combattendo contro persone che disprezzano il suo modo di vestire. Gli ultimi titoli citati, pur molto diversi tra loro, hanno una caratteristica in comune: c'entrano poco o nulla con gli artisti che rappresentano.

Moonwalker, The Blues Brothers e Motörhead

Per rivedere un videogioco degno di questo nome dedicato a un musicista bisogna aspettare fino al 1990, quando viene pubblicato Michael Jackson's Moonwalker di Sega per Sega Genesis / Megadrive e coin op. Si trattava ovviamente di una riduzione dal film omonimo, che ne riprendeva alcune sequenze trasformandole in videogioco. La versione casalinga di Moonwalker era un platform/action con protagonista Jackson (cui pare che si debba anche il concept), che ancora oggi viene considerato uno dei migliori titoli per la console a 16-bit di Sega.

Moonwalker
Moonwalker

Da notare che la versione coin op era completamente diversa dall'altra, visto che si trattava di un action isometrico, anch'esso ben realizzato. Un'altra curiosità legata a Moonwalker riguarda le versioni per computer, uscite un anno prima e pubblicate da U.S. Gold su una moltitudine di sistemi, erano completamente diverse da quelle di Sega. Di fatto erano dei multi-evento divisi in quattro livelli, che riprendevano malamente le sequenze del film e che non avevano niente che valga davvero la pena ricordare. Comunque i primi anni novanta si dimostrarono prolifici per il tema dei musicisti nei videogiochi. Nel 1991 uscì per una moltitudine di sistemi The Blues Brothers di Titus, discreto platform con protagonisti Jake "Joliet" Blues ed Elwood Blues, mentre nel 1992 Virgin Games pubblicò Motörhead su Amiga e Atari ST, un titolo atipico con protagonista Lemmy Kilmister, recentemente scomparso. Perché atipico? Perché era un picchiaduro a scorrimento. Lemmy doveva farsi strada a colpi di basso lungo sei livelli, ognuno dedicato a un genere musicale specifico, per recuperare gli altri componenti della band. Non si trattava di un videogioco eccezionale, ma aveva i suoi momenti. Ad esempio Lemmy poteva eliminare i nemici con degli assoli, oppure poteva bruciarli con il suo alito di fuoco. Comunque, più che un videogioco sulla musica dei Motörhead, era una celebrazione della loro immagine di metallari. Sempre di questi anni è Revolution X di Midway, un coin-op con protagonisti gli Aerosmith. Si tratta di uno sparatutto su binari di discreta fattura, ma che ha poco a che fare con la band. Comunque piacevole.

Gli anni della multimedialità

Negli anni successivi, ossia dalla metà degli anni novanta fino alla fine del millennio, il tema dei musicisti nei videogiochi non ha avuto grande fortuna. Proprio quando l'introduzione del CD-Rom come supporto dati aveva iniziato a permettere di riprodurre in modo quasi perfetto la musica su computer, avvenne una specie di declino creativo. Alcuni provarono a realizzare opere multimediali, come Peter Gabriel con Eve o Prince con Prince Interactive, ma con scarso successo, mentre in altri casi i nomi delle band vennero affibbiati a giochi che con loro non c'entravano nulla, come Queen: The eYe, che possiamo definire un semplice picchiaduro con la musica dei Queen di sottofondo.

Omikron: The Nomad Soul
Omikron: The Nomad Soul

Insomma, il poco che viene prodotto spesso è di qualità infima, come il gioco musicale Spice World per PlayStation del 1998, dedicato alle Spice Girls, realizzato evidentemente in fretta e furia da Psygnosis. Per vedere una nuova apparizione significativa di un musicista in un videogioco, bisogna attendere fino al 1999, quando il mai troppo compianto David Bowie partecipa a Omikron: The Nomad Soul, il primo titolo di Quantic Dream (PC e Dreamcast), nel ruolo dell'entità virtuale Boz. Lo stesso anno esce Ed Hunter di Synthetic Dimensions per PC, uno sparatutto su binari decisamente bruttino, ispirato ai brani degli Iron Maiden. Nel gioco si interpreta un investigatore privato, ingaggiato per liberare Eddie, la mascotte della band, da un terrificante manicomio. Nel 2000 escono invece il dimenticabilissimo action in terza persona Blues Brothers 2000 per Nintendo 64 di Titus e due discreti giochi dedicati alla rock band Kiss: Kiss - Kiss Pinball e Kiss - KISS: Psycho Circus - The Nightmare Child. Il primo è, come facilmente intuibile, un semplice simulatore di flipper di Wildfire Studios per PC, mentre il secondo è uno sparatutto in prima persona di Third Law Interactive, sempre per PC, che all'epoca non dispiacque, ma che in realtà non aveva caratteristiche davvero innovative.

Gli ultimi anni

Gli ultimi anni hanno visto il moltiplicarsi di apparizioni di musicisti nei videogiochi, soprattutto grazie alla diffusione dei rhythm game. Difficile tenerne traccia, perché sono davvero tantissimi. Pensate a quanti gruppi sono compresi in serie come quella Rock Band o quella Guitar Hero. Vero è che esistono anche titoli musicali dedicati ad artisti specifici, come ad esempio Michael Jackson: The Experience, o The Black Eyed Peas Experience, o The Beatles: Rock Band, ma si tratta comunque di varianti di formule consolidate, che mirano a far giocare con la musica delle band più famose.

50 Cent: Blood on the Sand
50 Cent: Blood on the Sand

Paradossalmente i videogiochi più significativi dedicati alle star della musica non sono quelli che portano il loro nome, ma titoli celebrativi come Brütal Legend di Double Fine Interactive, che li rendono protagonisti di una complessa rielaborazione culturale. Per completezza andrebbe comunque esaminato il mondo mobile, dove si trovano interessanti esperimenti come PolyFauna dei Radiohead (non un vero e proprio videogioco), o il più canonico Way of the Dogg, che possiamo definire un clone di Elite Beat Agents con protagonista Snoop Dogg. Un artista che ha provato con una certa insistenza a diventare un'icona videoludica dalla metà degli anni 2000 fino alla fine del decennio è 50 Cent, apparso in ben tre titoli, tutti prodotti da THQ: 50 Cent: Bulletproof (PlayStation 2 e Xbox), 50 Cent Bulletproof: G Unit Edition (PSP) e 50 Cent: Blood on the Sand (Xbox 360 e PlayStation 3). Si tratta di tre action senza infamia e senza lode che cercano di sottolineare la natura dura e senza compromessi della sua musica e dell'ambiente da cui proviene 50 Cent, ma che complessivamente sono di una banalità disarmante. Volendo merita una citazione Speed of Light, il secondo gioco degli Iron Maiden, giocabile gratuitamente online e ispirato agli arcade di fine anni '80. Presto la band pubblicherà un terzo gioco, Legacy of the Beast, per sistemi iOS e Android. Sarà un gioco di ruolo free-to-play con protagonista Eddie, la mascotte del gruppo, che assumerà aspetti differenti per sfruttare vari poteri. Per il resto, non c'è molto altro di significativo all'orizzonte.