249

Prime impressioni

Dopo le prime ore passate in compagnia della versione finale di Overwatch ci concediamo una pausa per mettere nero su bianco le nostre impressioni

PROVATO di Mattia Armani   —   25/05/2016

Overwatch non è di certo l'ennesimo sparatutto a classi che non dice nulla di nuovo. La varietà degli eroi è quella dei MOBA, molte situazioni non richiedono una gran mira e il gameplay cambia radicalmente non solo a seconda del ruolo, ma dello specifico personaggio. Ma questo non vuol dire che l'abilità del giocatore sia fuori questione. Se la mira non è sempre importante, il movimento lo è per districarsi tra special titaniche, personaggi che schizzano per lo schermo e situazioni che trascendono il concetto di caos. Ne parliamo senza indugiare troppo sui giudizi con un provato che fa da aperitivo per l'imminente recensione.

Le prime impressioni dopo qualche ora in compagnia della versione PC di Overwatch

L'imbarazzo della scelta

Con una beta da quasi 10 milioni di giocatori, Overwatch piace a un sacco di persone e sembrerà incredibile ma piace anche a molti di quelli che fino a oggi hanno vissuto a pane e Quake. Proprio assieme ad alcuni di questi siamo entrati in gioco alle 01:00 spaccate del 24 maggio, orario di apertura dei server, per imbatterci in un errore che ci ha scatenato il panico generale rievocando il doloroso lancio di Diablo III. Dopo poco, come d'incanto, i server si sono aperti e tutto è filato liscio fino all'alba, quando finalmente abbiamo trovato la forza di staccarci dal monitor. Le nostre impressioni su Overwatch nascono da questa cavalcata notturna che conferma le sensazioni provate con la beta. Il debutto di Blizzard nel mondo degli sparatutto punta tutto sul compromesso tra giocattolo, fenomeno di costume e azione competitiva. Il senso di una ricetta del genere è chiaro visto che può garantire un pubblico immenso ma può anche dare qualche problema di bilanciamento.

Prime impressioni
Prime impressioni

Parliamo infatti di ventuno personaggi tutti differenziati per aspetto, dimensioni e gameplay che spesso ci mettono di fronte a scontri impari e situazioni frustranti. Non è facile pensare alla competitività con enormi dragoni e abilità speciali che colpiscono automaticamente e non è un caso che alcuni puristi del genere sparatutto abbiano manifestato un rumoroso disappunto di fronte a morti che non sono sempre riconducibili all'abilità nel combattimento dell'avversario. Ma Overwatch non vuole essere puro ed è proprio per questo che dopo averci eliminato brutalmente non ci costringe ad attendere timer per rientrare in gioco, ci mette a disposizione teletrasporto e risurrezioni di massa, ci permette di cambiare personaggio in corsa senza limitazioni e ci coccola con meccaniche costruite per consentirci di puntare alla vittoria fino all'ultimo. Parliamo di una struttura che nell'insieme è chiaramente pensata per produrre morti in quantità mantenendo una fruibilità complessiva elevata, e capiamo bene che questo possa instillare paura in chi teme che la competitività e la purezza degli sparatutto tradizionali scompaiano di fronte alle necessità di mercato. Ma non è il caso di lanciarsi in una caccia alle streghe. Overwatch è schietto nei suoi intenti, non punta a competere con Quake e non cede del tutto sul piano dell'abilità. Piuttosto la cambia, la adatta sia al pad che al mouse e la piega per farla incastrare in un circo di situazioni che forse non ci regalerà la dimensione competitiva più pura in circolazione ma, complici i controlli decisamente reattivi anche nel caso dei personaggi più pachidermici, risulta dannatamente divertente. Giocare a Overwatch significa tuffarsi di testa in un delirio di colori, voci, urla, tamarrate, pose plastiche, personaggi che schizzano per lo schermo, piogge di razzi e catene usate per trascinare via l'elemento debole da un gruppo compatto di nemici. La varietà è a dir poco estrema grazie ai già menzionati ventuno personaggi che godono di background, estetica peculiare, animazioni in quantità e abilità caratteristiche. Affezionarsi a uno è facile e vista la varietà è altrettanto facile trovare personaggi che si adattano perfettamente al nostro modo di giocare anche se le necessità di squadra possono costringere a qualche sacrificio per portare a casa la vittoria. Ed è proprio quest'ultimo dettaglio che ci permette di parlare di competitività, ovviamente in prospettiva visto che le classificate non sono ancora disponibili.

Il compromesso

La ricerca di un compromesso tra bravura e accessibilità ci è apparsa evidente anche di fronte a ultimate come quella di Widowmaker, che è una delle più criticate da chi non apprezza l'impostazione di Overwatch. L'abilità della spietata assassina permette di individuare gli avversari dietro ai muri e oltre a essere potente può rivelarsi frustrante per chi si ritrova centrato in pieno cranio non appena mette fuori il muso. Ma la ultimate di Widowmaker mette anche fuori gioco il camping, mette a nudo un Bastion incastrato in un angolo e mostra le carte degli avversarti impedendo che l'azione si incastri in qualche strettoia. Ed è una funzione importante in un gioco in cui quasi tutto è stato pensato in modo da spingere il gioco di squadra in movimento, a partire dalla modalità Scorta che costringe i due team a seguire una macchina che si allontana sempre più dallo spawn di una squadra avvicinandosi a quello dell'altra.

Prime impressioni
Prime impressioni

Nelle battute finali i difensori continuano a sciamare senza sosta complicando le cose per gli attaccanti che si trovano quasi sempre costretti a dare l'assalto tra azioni esaltanti e fotofinish che regalano soddisfazione in quantità. La più statica delle modalità attualmente disponibili è Assalto, ma anche in questo caso ogni posizione difensiva può essere forzata e spesso proprio grazio abilità come il dragone di Hanzo che per quanto criticate impediscono asserragliamenti e stalli. Muoversi, pur restando a tiro dei guaritori, è l'unico modo di restare in piedi ed è anche l'unico modo di affrontare nemici che possono spuntare da ogni parte in mappe piene di anfratti e di passaggi apparentemente irraggiungibili ma che possono essere utilizzati da personaggi come Genji, Pharah e Reaper. Quest'ultimo ce lo siamo ritrovati alle spalle un innumerevole numero di volte nonostante fossimo in posizioni defilate, a dimostrazione che la conoscenza della mappa è importante così com'è importante guardarsi sempre intorno anche se in quest'ultimo caso parte della responsabilità è della non sempre comprensibile silenziosità di alcuni personaggi. Anche questa scelta farà storcere più di un naso per un titolo che senza dubbio facilita l'uccisione degli avversari ma che proprio per questo fa della sopravvivenza un'arte. Ed è un'arte di squadra, come abbiamo già detto, che vive delle innumerevoli sinergie di un parco personaggi che per uno sparatutto è smisurato. Se dovesse prendere piede, il lato competitivo tanto sbandierato da Blizzard andrà tutto in questa direzione che, siamo sicuri, ci sorprenderà, portando alla luce tattiche che non ci saremmo mai sognati. Ed è proprio in questo che va cercato il valore di Overwatch, nella sua incredibile varietà e non nella dimensione sparatutto, che è solo uno degli elementi di un titolo abbastanza sfaccettato, da un lato giocattolo e dall'altro più complesso di quanto sembri a prima vista. Ciò non toglie che qualche problema ci sia a partire dall'azione talvolta troppo caotica di un titolo che permette di sparare attraverso i propri compagni. Capita spesso di scoprire dalla kill cam che chi ci ha fatto secco durante un'azione caotica non era visibile e la cosa diventa ancora più estrema nel caso delle torrette di Torbjörn che, grazie alla mira automatica, colpiscono a prescindere dalla visibilità massacrando la qualità del gameplay e producendo irritazione a fiumi. Inoltre c'è la questione delle hitbox più o meno permissive che pur essendo frutto di una questione di bilanciamento risultano poco eleganti e falsano l'azione. Di fronte a tutto questo viene spontaneo chiedersi se la varietà di Overwatch valga lo sforzo di accettare compromessi non proprio trascurabili, soprattutto in ottica competitiva, ma per la nostra risposta a questa domanda dovrete aspettare la recensione che andrà in pubblicazione questo venerdì.

CERTEZZE

  • Una ventata d'aria fresca
  • Varietà estrema di situazioni
  • Ventuno personaggi ben caratterizzati

DUBBI

  • Potrebbe non piacere ai puristi degli arena shooter
  • A tratti caotico