Una serie di indizi sembrano indicare il prossimo arrivo di Resident Evil 7 sul mercato, e se la cosa da una parte non può fare che felici i molti appassionati della serie, dall'altra rinfocola i timori di questi ultimi nei confronti di una deriva che sembra ormai inesorabile per il survival horror Capcom.
Gli indizi per pensare ad un nuovo progetto di grosso calibro da parte del publisher sono diversi: il 2016 rappresenta l'anno del ventesimo anniversario di Resident Evil e Capcom ce lo ricorda a intervalli regolari pubblicando vari videodiari e interviste incentrate sugli sviluppatori che hanno maggiormente caratterizzato la serie negli anni, a dimostrazione di come ci sia l'intenzione di non far cadere nel vuoto una ricorrenza di questa entità. Di recente, tra i dati pubblicati per la chiusura del trimestre e le previsioni per il nuovo anno fiscale, Capcom ha riferito in maniera piuttosto chiara l'intenzione di rilasciare un nuovo capitolo "maggiore" della serie Resident Evil entro marzo 2017, dunque i lavori dovrebbero essere già ben avviati presso qualche team interno. In quest'ottica, la pubblicazione di uno spin-off come Umbrella Corps, interessante digressione sul tema ma certo non dotato del peso specifico di uno dei capitoli principali, rappresenterebbe solo "un antipasto per un'offensiva su larga scala che verrà effettuata durante la seconda metà dell'anno", nell'ottica delle celebrazioni per il ventennale del franchise. Questo per quanto riguarda le dichiarazioni ufficiali di Capcom, a cui possiamo affiancare una voce di corridoio secondo cui Resident Evil 7 potrebbe essere presentato all'E3 2016 e dovrebbe essere un capitolo destinato a tornare alle radici della serie. Per l'occasione sarebbe stata composta una squadra speciale con Jordan Amaro, ex Konami che ha lavorato al design di Metal Gear Solid V: The Phantom Pain e P.T., a dirigere i lavori. Con lo sfruttamento intensivo dei vecchi capitoli, che il publisher sta riproponendo pedissequamente al pubblico al di là di qualche variazione di forma, il dubbio di una netta crisi di idee per Resident Evil si è consolidato: in che modo è possibile far tornare la serie ai fasti di un tempo?
Proviamo a mettere insieme le caratteristiche del Resident Evil che vorremmo
Le radici sepolte
La promessa del nuovo capitolo di Resident Evil destinato a "tornare alle radici della serie" non è nuova e purtroppo è stata disattesa già in precedenza. Come una sorta di mantra, Capcom l'aveva ripetuta anche prima del lancio di Resident Evil 6 e abbiamo visto tutti com'è andata a finire: sospendendo il giudizio sul gioco in sé, che ha indubbiamente i suoi pregi, il sesto capitolo non si può certo considerare come la massima espressione del survival horror in senso classico. Gli annunci in questo senso vanno presi un po' con le pinze e d'altronde non è nemmeno facile arrivare a una definizione precisa di quello che dovrebbe essere al giorno d'oggi un Resident Evil fedele alle sue radici, vista l'evoluzione che ha caratterizzato la serie. Il punto di non ritorno sembra essere stato il quarto capitolo, che ha gettato le basi per la transizione alla visuale in terza persona dinamica, il ritmo serrato e la tendenza verso lo sparatutto più puro.
Sebbene Resident Evil 4 sia di per sé un classico e per molti aspetti una delle massime espressioni della serie, ha rappresentato anche l'inizio della fine per la sua meccanica più classica, che oggi si ritrova soltanto nei remake dei primi capitoli. Verrebbe da pensare che un Resident Evil ortodosso non possa prescindere dalle schermate fisse, dagli enigmi e dagli ambienti per lo più chiusi, ma è ancora proponibile una struttura del genere al giorno d'oggi? Posto che lo scettro dell'horror, quello in grado di incutere la vera paura primordiale, è ormai passato ai giochi in soggettiva, come Amnesia, Outlast e SOMA, ci potrebbe essere spazio per un ritorno alla meccanica delle origini e il discreto successo delle operazioni di remaster sui primi capitoli lo dimostra chiaramente. La cosa certa è che l'azione shooter spinta al parossismo vista in Resident Evil 6 non risulta particolarmente gradita agli appassionati, e in generale tende ad appiattire l'esperienza di gioco su quella di un semplice shooter, cosa alquanto lontana dallo spirito originale della serie. Se proprio è "merceologicamente" impossibile il ritorno odierno alle inquadrature statiche e ardite, ai controlli macchinosi o alla farraginosa gestione dell'inventario, c'è comunque bisogno di un ritmo più compassato e del ritorno agli enigmi per ritrovare l'identità perduta di Resident Evil, installando il tutto sull'ormai celebre mitologia autoreferenziale di Umbrella, S.T.A.R.S. B.S.A.A. e derivati, elemento imprescindibile per la caratterizzazione del gioco.
Strade alternative
La formula magica per il ritorno ai fasti sembrerebbe dunque la ripresa della struttura originale, in qualche modo attualizzata ai tempi moderni in termini tecnici e di gameplay. Un'impresa non semplice, visto che le meccaniche rigide e macchinose sono effettivamente parte integrante ed elementi fondamentali dei primi Resident Evil, difficilmente proponibili in una produzione tripla-A di questi tempi.
Un'idea di come potrebbe risultare l'interpretazione moderna della struttura classica potrebbe darcela il remake di Resident Evil 2 attualmente in sviluppo presso Capcom: invece di puntare al classico remaster, per il secondo capitolo la casa di Osaka ha deciso di percorrere la strada della ricostruzione completa, verosimilmente attraverso un'opera di mediazione tra il gameplay e le atmosfere originali e soluzioni di gioco più moderne, ma è difficile sbilanciarsi al riguardo perché del nuovo progetto non è ancora trapelato nulla all'esterno. Ci troviamo, in ogni caso, ancora di fronte a un recupero di idee e materiali del passato, a dimostrazione di come sia difficile smarcarsi dai ricordi per quanto riguarda questa serie: ma è così improbabile proporre qualcosa di fondamentalmente nuovo e ugualmente valido nell'universo di Resident Evil? L'esperimento più riuscito in questo senso risulta essere la serie parallela Revelations, e non è un caso che sia considerata una produzione "budget" rispetto ai capitoli maggiori, poiché la meccanica del survival horror in fin dei conti non può che guardare a una nicchia di utenti piuttosto che al pubblico di massa, nonostante il brand sia diventato un nome altisonante nell'universo mediatico. Se una produzione di minore spessore (sempre intesa in termini economici) riesce ad essere più calzante di un tripla A ortodosso rispetto ai canoni della serie significa che c'è bisogno di un ripensamento generale nel concept dei nuovi capitoli per tornare allo spirito originale. Se venisse confermata la creazione di una nuova "task force" per lo sviluppo del prossimo Resident Evil guidata da Jordan Amaro potremmo pensare che questa esigenza sia stata recepita anche da Capcom, e potremmo magari aspettarci una decisa virata verso l'horror più cupo e psicologico di matrice nipponica.
Una difficile sintesi
Non è certamente un risultato perfetto anche quello raggiunto da Revelations, ma se non altro presenta alcuni passi nelle giuste direzioni: probabilmente la mano di Masachika Kawata, che fu uno degli artifici della transizione storica alla terza persona dinamica di Resident Evil 4 ma rimasto comunque legato alla vecchia guardia, si nota nella chiara volontà di recuperare meccaniche e atmosfere più classiche, operazione poi espansa nel secondo capitolo. Quest'ultimo, gestito da sviluppatori diversi, è riuscito comunque a seguire il nuovo corso con notevole fedeltà, risultando più dispersivo dal punto di vista delle ambientazioni ma caratterizzato da momenti di puro amarcord per la serie (il villaggio di pescatori o la villa sotterranea) e da soluzioni di gameplay sorprendenti e puramente nipponiche come l'utilizzo alternato e ben amalgamato dei due personaggi per volta con le loro capacità complementari, cosa particolarmente azzeccata nella coppia Barry-Natalia.
Ancora una volta ci troviamo di fronte a qualcosa di diverso rispetto al Resident Evil delle origini, ma l'impressione è che in qualche modo Revelations sia più vicino di Resident Evil 5 e 6 alla caratterizzazione classica della serie e potrebbe dunque rappresentare una buona base di partenza per una ricostruzione del concept in grado di integrare alcune caratteristiche del canone classico e nuove spinte in grado di svecchiare gli elementi ormai stantii. È possibile che un'impostazione del genere, con una maggiore attenzione al puzzle solving e una maggiore compattezza e continuità anche in termini qualitativi per quanto riguarda le ambientazioni, possa rappresentare effettivamente la migliore evoluzione per Resident Evil. D'altra parte, che la meccanica originale comincia a scricchiolare risultava evidente già all'epoca dello Zero e un ritorno in tutto e per tutto alle origini risulta alquanto anacronistico, tuttavia un capitolo che prosegua con l'inquadratura in terza persona dinamica ma con un ritmo più compassato, una maggiore insistenza sugli enigmi, un vero e proprio level design con un'ambientazione più caratterizzante e compatta e un ritorno agli elementi survival con un sistema di combattimento basato più sulla qualità che sulla quantità potrebbe risultare benefico per la serie. In definitiva, una sorta di Revelations ad "alto budget" potrebbe nascondere la formula per il rilancio di Resident Evil.