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Omosessualità e videogiochi: a che punto siamo?

Breve storia del mondo LGBT all'interno di un medium in crescita

SPECIALE di Lorenzo Fantoni   —   30/12/2016

L'annuncio di Blizzard e il "coming out" di Tracer sono solo l'ultimo passo di un rapporto tra omosessualità e videogiochi che va avanti quasi dalla nascita di questi ultimi. Un rapporto non sempre felice, spesso legato a stereotipi, contesto sociale e pubblico di riferimento fin troppo giovane, ma che negli ultimi anni si è fatto più stretto e sereno. D'altronde l'importanza di rappresentare individui con differenti inclinazioni sessuali è basilare tanto quanto la creazione di personaggi femminili forti o di varie etnie, è una questione di inclusione. Il tema può sembrare banale, fuori contesto o assurdo, ma questo perché nella maggior parte dei casi siamo uomini, bianchi ed eterosessuali, quasi tutti i videogiochi sono tarati su di noi, sui nostri gusti e sulla nostra rappresentazione del mondo. Per noi è molto difficile non essere al centro dell'attenzione e quando succede non ci piace. Il discorso va ben oltre il "Ma io ho giocato senza problemi Tomb Raider, perché una donna o un gay non possono giocare a Uncharted o Gears of War?" Certo che lo fanno, ma allora perché devono scatenarsi polemiche o addirittura censure se Tracer è gay? Nell'attuale sistema di valori e di comunicazione se non sei rappresentato nei media, nelle storie, nelle serie TV, nei film o nei videogiochi semplicemente non esisti, e se non esisti i tuoi problemi possono anche non essere considerati.

Da Birdo a Tracer, omosessualità e videogiochi: a che punto siamo?

Un lungo cammino

Secondo molti, il primo videogioco in cui compare un personaggio omosessuale è Moonmist, avventura del 1986 per Amiga, Commodore e altri sistemi dell'epoca, in cui a un certo punto una donna litiga con la sua compagna perché vuole sposarsi con un uomo. Un contesto tutto sommato troppo innocuo e normalizzante per creare scandalo. In quegli anni tuttavia i personaggi omosessuali non sono poi così invisibili, soprattutto nelle avventure grafiche.

Omosessualità e videogiochi: a che punto siamo?

Persino il primo Street Fighter ha un insospettabile personaggio queer, ovvero Eagle, un lottatore abbigliato con papillon e bretelle. Ovviamente guai a esagerare, altrimenti si finisce come Caper in the Castro, gioco quasi del tutto scomparso dalle cronache e venduto solo dopo pesanti interventi censori sotto il nome di Murder on Main Street. Stranamente toccherà a Nintendo, azienda solitamente molto conservatrice, introdurre addirittura il primo famosissimo personaggio transgender: Birdo che, secondo il manuale di Super Mario Bros. 2. si sente donna e preferisce farsi chiamare Birdetta. Ai ragazzini dell'epoca probabilmente interessa poco, ma rimane comunque un momento molto importante e quasi isolato. Col tempo questo aspetto è stato ammorbidito, ma questo non toglie a Birdo il suo primato. A cavallo tra gli anni '80 e '90 tendenzialmente i personaggi omosessuali vengono infatti dipinti in modo abbastanza macchiettistico e offensivo, nella maggior parte dei casi sono ispirati ai Village People e in generale esaltano l'aspetto più ridicolo dell'omosessualità. Vi ricordate i nemici di Vendetta che cercano di uccidervi a suon di ingroppate o Ash, boss gay di Street of Rage III, che sembra uscito da YMCA? Se il secondo vi suona nuovo non preoccupatevi, è presente solo nella versione giapponese del gioco, perché nessuno voleva turbare i ragazzini europei. C'è poi il buffo caso di Poison, personaggio femminile di Final Fight che inizialmente era stato pensato come un transgender non operato perché gli sviluppatori avevano paura che far picchiare una donna al protagonista fosse brutto, come se invece picchiare un uomo che si sente donna fosse più normale. Col tempo la discussione si arrotolata su se stessa e adesso Poison può essere uomo o donna in base a come vuole il giocatore.

Personaggi fantasmagorici

Anche se il periodo è dominato da rappresentazioni maschili spesso ipertrofiche e ricalcate sugli action hero del periodo, col proseguire degli anni '90 i videogiochi iniziano a maturare un'idea di omosessualità che va oltre i personaggi sculettanti vestiti di pelle. In Phantasmagoria 2 possiamo giocare per la prima volta nei panni di un omosessuale, parola che nei videogiochi è stata ufficialmente introdotta poco prima da The Orion Conspiracy.

Omosessualità e videogiochi: a che punto siamo?

Fino a quel momento l'omosessualità veniva trattata un po' come la parola zombi in un film pieno di non-morti: tutti sanno cosa sono ma nessuno usa il nome giusto. In quel periodo Fallout 2 mostra anche uno dei primi, se non il primo, matrimonio gay dei videogiochi. D'altronde Tim Caine, uno degli scrittori del gioco, sposerà suo marito nel 2012. Tuttavia, non pensate che da questo momento in poi le cose cambino per il meglio. Blazing Dragons è dello stesso anno di Phantasmagoria 2 e mostra un personaggio gay così ridicolo che oggi porterebbe il gioco dritto dritto verso una citazione in tribunale. Tuttavia non si può negare che questi anni rappresentino un momento di cambiamento per la trattazione dei personaggi omosessuali e più in generale tutti quelli che vanno oltre il maschio bianco etero che uccide i cattivoni. D'altronde il settore sta drammaticamente cambiando faccia, sia nella tecnica che nelle tematiche. I videogiochi sono visti sempre meno come giochi per bambini, sono opere d'intrattenimento in via di definizione e possono sfruttare una grafica mai vista prima e una diffusione trasversale. Sono anche gli anni in cui Lara Croft non solo mostra al mondo che un altro modo di vedere i protagonisti nei videogiochi è possibile, ma in cui si presenta sul maga schermo degli U2 come una vera icona pop. Nel 1999, un attimo prima di lanciarsi nel nuovo millennio sarà invece il poco conosciuto The Longest Journey a mostrarci non solo protagonisti femminili di spessore ma anche personaggi omosessuali raccontati con realismo, senza stereotipi o macchiette. Con l'arrivo degli anni 2000 i personaggi LGBT cominciano a diventare qualcosa di meno assurdo e più normale, soprattutto in giochi in cui i rapporti fra i personaggi vanno oltre il piantarsi una pallottola in testa o affondare un'ascia tra le scapole. Ovviamente la parte del leone la farà The Sims che fin da subito permette non solo la creazione di relazioni omosessuali, ma anche un concetto di famiglia ben diverso da quello tradizionale, caratteristica che fin da subito lo renderanno un gioco poco gradito alla parte più conservatrice della società. Di questi anni è anche l'arrivo di Fable, altro gioco decisamente aperto nel trattare le relazioni di ogni tipo, incentivando addirittura la bisessualità con un apposito achievement.

La filosofia BioWare

Quando si parla di tematiche legate alla sessualità nei videogiochi è impossibile non citare BioWare che da sempre ha dimostrato una spiccata attitudine per le relazioni interpersonali all'interno dei propri giochi di ruolo.

Omosessualità e videogiochi: a che punto siamo?

Alla software house canadese dobbiamo infatti la creazione del primo personaggio omosessuale di Star Wars, anche se fuori dal canone, ovvero Juhani di Knights of the Old Republic, ma è con Mass Effect e Dragon Age che la gestione della sessualità dei personaggi si fa più interessante. Inizialmente BioWare si limita a introdurre figure lesbiche o bisessuali che si adattano alla scelta del giocatore, ma dopo alcune polemiche nei seguiti delle due saghe compaiono anche personaggi con un preciso orientamento omosessuale che sfugge la classica fantasia lesbica: Steve Cortez in Mass Effect e Dorian in Dragon Age: Inquisition. Si possono fare molte obiezioni sul modo in cui BioWare ha gestito le vicende sentimentali dei protagonisti, che spesso sono parti della trama totalmente accessorie e inutili rispetto a quella principale, che si basano più sullo stuzzicare la morbosità dei giocatori che sulla voglia di rappresentare veri sentimenti, che il sesso nei videogiochi è ancora goffo, buffo e tecnicamente arretrato, ma tutto sommato è un bene che tutto ciò sia presente in un videogioco, è un bene perché le polemiche che seguono di solito tendono a mostrare la vera natura delle persone. Anche se è stato sviluppato da un altro studio, ricordate le infiammate discussioni dopo l'uscita di Baldur's Gate: Siege of the Dragonspear? Quelle relative al GamersGate e a un personaggio transgender? Risalgono a marzo di quest'anno, segno che c'è ancora molto da fare.

Che bisogno c'è?

Negli ultimi anni omosessualità e videogiochi hanno continuato il loro processo di normalizzazione che ricalca più o meno quello che sta attuandosi nella società. Le polemiche attorno a Tomodachi Life sulla mancanza di relazioni gay è senza dubbio un segno della maggiore attenzione che il pubblico rivolge a certe tematiche. I personaggi LGBT sono inseriti con sempre più naturalezza, le loro storie vengono raccontate per quello che sono: storie, non mosse di marketing, non gesti che devono scatenare lo scandalo. Pensiamo alla tenerezza di Left Behind, l'intreccio di Life is Strange, ma anche l'arrivo di personaggi omosessuali in Mortal Kombat, The Division o Assassin's Creed. Ci sono ancora casi in cui l'omosessualità è vista come parte di un personaggio cattivo, ad esempio Buck, mercenario australiano di Far Cry 3, ma storie anticonformiste e divertenti come quelle di Gay Tony, o momenti interessanti come quelli del cacciatore gay di The Witcher 3 in cui abbiamo anche il coming out di Ciri. Tracer dunque non è altro che un altro passo nella giusta direzione, quella che porterà l'omosessualità ad essere parte di un medium che non può e non deve rassegnarsi ad aver paura di raccontare storie differenti. Attenzione però, questo non vuol dire limitare la creatività di uno studio o obbligare ogni videogioco ad includere eventuali "quote gay". È sempre la solita questione della sensibilità nel raccontare le storie nel modo giusto. Non dobbiamo stupirci se in Red Dead Redemption un personaggio omosessuale è trattato con disprezzo, così come tutto sommato posso capire l'assenza di persone di colore in The Witcher 3, fa tutto parte di un contesto narrativo coerente, allo stesso tempo però hanno poco senso di essere le polemiche contro l'orientamento sessuale di un personaggio. Purtroppo dai tempi di Birdo abbiamo fatto non così tanti passai avanti, così come pochi ne ha fatti l'educazione delle persone. I costi sempre più alti dei videogiochi e un generale bisogno di piacere a tutti tendono a rendere le grandi software house più caute su certe tematiche, che rimangono comunque un ottimo campo di sperimentazione per i titoli indie, il cui mondo meriterebbe pagine pagine a parte. Resta comunque fondamentale l'importanza di raccontare tutti i punti di vista nel mondo dei videogiochi. Se anche solo una persona vede in un personaggio fittizio qualcuno in cui identificarsi, se grazie alle sue azioni si sente meno sola nel gestire una situazione complessa come l'omosessualità, la razza, il bullismo, la depressione, il dolore o la malattia allora ne sarà valsa la pena. Ricordatevi che giocare a un titolo con personaggi gay non vi renderà tali, così come Lara Croft non vi ha reso donne.