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La formula di un successo

Resident Evil 7 biohazard ci ha convinti pienamente: analizziamo le scelte vincenti di Capcom

SPECIALE di Rosario Salatiello   —   25/01/2017

Questo articolo contiene riferimenti a parti della trama e delle ambientazioni di Resident Evil 7 biohazard, compreso il finale. Per questo motivo, qualora non abbiate ancora portato a termine il gioco vi consigliamo di tornare a leggere quando lo avrete fatto.

Sono ormai passate più di ventiquattro ore dall'arrivo di Resident Evil 7 biohazard, durante le quali abbiamo avuto modo di sviscerare (mai termine è stato più appropriato) con le nostre recensioni il nuovo capitolo della serie survival horror in ogni sua versione. Il verdetto all'interno della nostra redazione è stato concordante, uniformandosi anche con quello della critica nazionale e internazionale: Resident Evil 7 biohazard è riuscito nel suo obiettivo di far riconquistare il palcoscenico dell'horror a un franchise che era entrato in una crisi d'identità. L'avventura di Ethan Winters, tuttavia, non si limita ad accontentarsi di svolgere il compitino ma regala ai giocatori un'esperienza tutta da vivere, a luci spente e col cuore a mille nel bel mezzo della notte. Come capitolo finale della nostra copertura dedicata a Resident Evil 7 biohazard, abbiamo dunque deciso di tornare a parlare della famiglia Baker a mente un po' più fredda, analizzando le principali ragioni per le quali crediamo che Capcom abbia fatto centro pieno con questo titolo.

Il successo di Resident Evil 7 biohazard parte da lontano: ecco le scelte indovinate da Capcom

Il piacere della scoperta

Come avete appena letto nel paragrafetto dedicato a Twitter, il successo di Resident Evil 7 biohazard parte a nostro avviso da lontano, per l'esattezza da quando il titolo fu presentato in occasione dell'E3 2016.

La formula di un successo
La formula di un successo

Dal materiale visto a Los Angeles sono state tante le domande che hanno circondato questo nuovo capitolo, trasformate in alcuni casi addirittura in polemiche con l'arrivo della demo Beginning Hour. A lungo si è creduto che Resident Evil 7 biohazard fosse un horror "passivo", simile per intenderci ad Outlast, dove scappare dai nemici piuttosto che affrontarli con un'arma in mano. Si è temuto quindi che la nuova direzione intrapresa da Capcom andasse completamente controcorrente rispetto alle radici della serie, ma poco alla volta gli sviluppatori hanno svelato la vera natura del gioco. Mentre i fan venivano rassicurati su alcuni aspetti cardine, l'abilità di Capcom è stata quella di lasciare aperti tutti gli interrogativi sulla famiglia Baker, in particolare sul legame di quest'ultima con la serie Resident Evil. Il modo lento e centellinato in cui nel corso dei mesi si è scoperta l'identità di Resident Evil 7 biohazard è stato portato da Capcom all'interno del gioco stesso, che rientra nell'universo della serie ma lo nasconde per diverse ore, lasciando che il giocatore si chieda per lunghi tratti cosa diamine stia succedendo sullo schermo e perché. Arrivare a casa Baker e trovare subito Mia può essere una cosa inaspettata, ma vederla andare avanti e indietro tra uno stato normale e uno in cui è una specie di zombie dotato di forza straordinaria è quello che in inglese definiremmo mindfuck. Il biohazard presente nel nome del gioco suggerisce dove si possa andare a parare, ma a quel punto Resident Evil 7 spiazza nuovamente il giocatore, attingendo a piene mani dalla cinematografia horror classica. Nella famosa scena della cena ci viene presentata una "semplice" famiglia di psicopatici, il cui vizietto del cannibalismo fa suonare qualche campanello ma che fino a un certo punto ci appare come tante altre. La verità si scopre a poco a poco, iniziando a capirci davvero qualcosa solo ben oltre la metà del gioco, quando nei panni di Mia si percorre la nave alla ricerca di Ethan. A quel punto entrano in mezzo organizzazioni segrete, armi biologiche fabbricate in laboratorio e tutto quello che ha contribuito a rendere Resident Evil tale nei suoi venti anni di storia. Anche alla luce di questi elementi Resident Evil 7 biohazard sembra tuttavia restare ai margini del filone narrativo della serie, in attesa di saperne probabilmente qualcosa in più dai DLC che arriveranno nei prossimi mesi. I due volumi intitolati Banned Footage, in arrivo già dalla prossima settimana, potrebbero aggiungere qualcosa a quello che sappiamo, ma forse quello che risulterà più interessante dal punto di vista narrativo sarà "Not a Hero". Arriverà gratis, durante la primavera: non sappiamo voi, ma noi non vediamo l'ora di avere tutto tra le mani.

Ritorno alle origini, con qualche novità

Come abbiamo ripetuto più volte, Resident Evil 7 biohazard riprende le redini del survival horror, proponendo una serie di elementi vicini a quelli che hanno reso famosa la serie. Il ritorno all'ambientazione in una casa è già di per sé un punto di rottura nei confronti degli episodi più recenti, ma andando avanti nel gioco è possibile cogliere diversi punti di contatto col passato: dalle piantine agli enigmi, passando per la tipologia di armi e la disponibilità di munizioni.

La formula di un successo

Per non parlare dell'atmosfera di vero e proprio raccapriccio, che tiene il giocatore in tensione a ogni angolo: Resident Evil 7 biohazard si dimostra più Resident Evil di quanto si sia potuto pensare prima del 24 gennaio, e per questo sorprende chi lo gioca. Insieme al vecchio troviamo però anche il nuovo, perché fare finta che non siano passati venti anni dal primo Resident Evil sarebbe stato un suicidio, ed è qui che probabilmente si colloca la scelta di non far tornare gli zombie tra i nemici. Con decine di videogiochi a tema zombie usciti nel frattempo e nell'era in cui abbiamo macinato The Walking Dead in tutte le salse, i morti viventi ci sono entrati quasi in simpatia e possiamo dire che non ci fanno quasi più paura. Molto meglio ricorrere a quella melma oscura e comunque affamata di carne umana, che risponde al nome di Micomorfo. Voler stare al passo coi tempi si è tradotto anche nell'uso della prima persona invece della terza, o della più vecchia telecamera fissa. Quello che a conti fatti è l'unico vero aspetto in comune con Outlast e altri horror usciti in tempi recenti concorre perfettamente a definire l'ambientazione di cui sopra, e chi in queste ore ha bollato Resident Evil 7 biohazard come uno shooter in prima persona ha una visione piuttosto superficiale sul titolo. Grazie al dettaglio grafico di cui possiamo godere nel 2017, l'uso della visuale in soggettiva permette al giocatore di godere maggiormente di tutti i dettagli che il gioco mette a disposizione, senza contare il livello di coinvolgimento che deriva da essa. Chi ha il controller in mano non può osservare le proprie spalle, ritrovandosi quindi impegnato a muoversi in ambienti stretti che accentuano il senso di pericolo. Non dimentichiamo che la prima persona è stato poi anche un passo obbligato, vista la decisione di portare Resident Evil 7 biohazard anche nel mondo della realtà virtuale. Una scelta che come abbiamo visto ha ripagato ampiamente il coraggio di Capcom, primo team di sviluppo a mettere in scena un titolo AAA su PlayStation VR. Ne è uscita fuori un'esperienza fuori di testa, ai limiti della tollerabilità per adrenalina e tensione, che per molti ha permesso di trovare la prima vera killer application del visore Sony e della realtà virtuale in generale. Scusate se è poco.

Il mistero rimane

L'epilogo di Resident Evil 7 biohazard sa essere appagante nel suo concludere la nottata da incubo di Ethan, ma è chiaro che salvare Mia e scappare dalla casa dei Baker è solo il principio di quanto vedremo prossimamente.

La formula di un successo

Se nel corso del gioco i riferimenti ai vecchi capitoli sono velati o indiretti, nelle fasi finali si assiste a una doppietta non di poco conto, con uno dei nomi più celebri della serie che torna a comparire sullo schermo insieme a quello dell'Umbrella Corporation, sotto forma di apparente salvatrice. Se quell'uomo sia davvero chi dice di essere e cosa ci faccia in realtà Umbrella da quelle parti non ci è dato saperlo, ma appare chiaro che, dopo aver risposto agli interrogativi su Mia e sui Baker, Capcom voglia proiettarci all'interno dell'universo di Resident Evil, lasciando che nelle settimane a venire i fan passino il tempo elaborando teorie su quanto visto durante gli ultimi attimi del gioco. Le domande che restano senza risposta sono diverse, così come gli elementi su cui costruire possibili teorie. La stessa comparsa dell'arma Albert-01R è un chiaro riferimento alla figura di Albert Wesker: puro fanservice o anticipazione su quanto vedremo in futuro? Mentre il brano ''Go Tell Aunt Rhody'' continua a uscire dalle casse del nostro PC, ritrovarsi a pensare a Resident Evil 7 biohazard anche dopo averlo completato rappresenta di sicuro l'indice più importante del successo di Capcom. A questo punto, non ci resta che aspettare altro.

Tutto Resident Evil 7 biohazard

Di seguito potete trovare tutti i gli articoli che abbiamo dedicato a Resident Evil 7 biohazard in occasione della sua uscita: