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Gli IEM 2018 e gli eSports in Italia

L'evento di Katowice è lo spunto per parlare di uno dei temi caldi del momento

SPECIALE di Marco Perri   —   26/03/2018

A tre settimane dagli Intel Extreme Masters 2018 il pensiero va ancora a quell'abisso che separa dal resto d'Europa la tipica visione italiana degli eSports. Ci siamo presi un po' di tempo per buttare giù questo piccolo diario di bordo perché aveva senso far maturare le sensazioni dell'esperienza e applicare un filtro di oggettività a un piccolo confronto - impari - con l'Italia. Il nostro è un Paese che ci prova, si impegna, tenta di uscire da quella morsa dialettica - il più delle volte pratica - del sembrare sempre un passo videoludico indietro agli altri, ma stavolta la differenza è talmente palese che ci un po' sembrato come andare al primo giorno di scuola elementare e sbagliare istituto, ritrovandosi in mezzo alle corse dei liceali per il banco. Ci siamo sentiti timidi, piccoli, di fronte a grandi che sfrecciano veloci in un mondo quasi sconosciuto. Gli IEM rappresentano la quintessenza di quel trittico di elementi che nel Bel Paese hanno sempre faticato a risplendere in maniera organica di luce propria e che invece, nell'evento di Katowice, ne hanno rappresentato il substrato tecnologico e culturale. Perché se è vero che da noi tirano console, mare e cosplay, la Polonia regala a Intel una partecipazione massiccia di appassionati del mondo PC, realtà virtuale ed eSports, con un doppio spazio dedicato all'interno della splendida Spodek Arena. Come qualsiasi palazzetto moderno che si rispetti, nella Spodek ci organizzano quasi tutto, dalle manifestazioni indoor a quelle invernali, nonché spettacoli. Gli IEM fanno parte di quest'ultima categoria.

Qui comanda il PC

Chi scrive non era mai stato agli IEM e francamente non si è nemmeno così spesso trovato a confrontarsi con un vento a -13° in faccia. Non è complesso disegnarvi la conformazione filosofica e geografica di un fine settimana per la quasi totalità incentrato sul mondo PC, bensì è il convincervi che esista un evento orientato interamente al mondo PC, dagli enthusiast al consumer meno spavaldo, che un po' ci spaventa. Per una quantità pressoché infinita di fattori, noi facciamo parte di un mercato troppo diverso e ormai inserito in binari culturali precisi: un'attività dedicata del genere non è ipotizzabile nel breve-medio periodo in Italia. È con questa tesi che abbiamo dato le prime spalle all'arena, gremita quasi fino all'ultimo anello da una parte e palco, maxischermi e giocatori all'opposto, uno spesso filo di passione a legarli e farli esaltare. Sia chiaro, applaudiamo e incoraggiamo gli sforzi - spesso titanici - che le aziende interessate stanno compiendo sul nostro territorio, ma siamo all'interno di un ecosistema che ha visto evolvere le proprie generazioni di appassionati videoludici su tutti altri canoni, modalità, consumo. Speriamo di sbagliarci alla grande. Tornando agli IEM 2018, l'evento si è sviluppato tra arena e padiglione collegato, con attività e competizioni suddivise per portata mediatica e potenziale di spettacolarizzazione: l'arena è stata preda dei titoli sicuramente più forti, StarCraft II e Counter Strike. I poli del padiglione hanno invece ospitato Heroes of the Storm e CrossFire, con uno spazio nel mezzo dedicato alla VR Challenger League con The Unspoken ed Echo Arena.

Industries a confronto

Proveremo tra breve a farvi respirare l'aria di serrate competizioni eSports, nel mentre ha senso condividere quali produttori hanno investito negli IEM. Questo è un elemento importante e degno di analisi, poiché costituisce uno spaccato reale di come funzionano le cose nel regno hardware d'oltralpe. All'appello di Intel hanno risposto tutti i maggiori produttori, con novità e merce in bella mostra nonché lanci di gadget, hostess, streaming su schermo e test di prodotto. Tutti aspetti trasparenti come l'acqua per chi mastica pane e fiere, ma la visione di giovani di entrambi i sessi in coda allo stand Razer per provare le linee Blade e Blade Pro, o Gigabyte, o Alienware, addirittura riempiendo lo spazio retrogame/arcade di Kinguin, è qualcosa che appartiene a una filosofia ludica sicuramente lontana dal sud Europa. Ci siamo fatti un giro rilassato, nella mente i ricordi della Milan Games Week 2017 a calcolare un costante confronto di investimento di metratura e allestimento con la kermesse milanese dei produttori presenti in entrambe le occasioni. Novità e progetti ammiccanti alla VR agli stand MSI, Lenovo, HP, soluzioni di visibilità ibride tra LG e Thrustmaster, nonché la stessa Intel con il proprio booth co-brandizzato Asus. Avevano uno stand anche creatori di RAM come Ballistix o HyperX, mentre AOC e il suo fiammante Agon da 34'' dividevano lo spazio con Trust. Dicevamo, le fiere nostrane: chi scrive se le è fatte un po' tutte, più volte, vedendo crescere come un pargolo i maggiori prodotti fieristici italiani, Lucca Comics e Games Week. Stiamo parlando, nell'ordine, del secondo evento di intrattenimento al mondo - più di mezzo milione di persone coinvolte - e della fiera milanese del gaming per eccellenza, che nel 2017 ha contato quasi 150.000 presenze. Le fiere, in Italia, funzionano bene, da qualsiasi categoria merceologica si guardi: il nostro è un pubblico che il giro tra gli stand non se lo fa mancare quasi mai, pertanto la domanda che sorge spontanea è perché, con tutto questo ben di dio, solo uno sparuto gruppo di investitori nel mondo dell'hardware scelga di acquistare spazio in Italia, talvolta (spesso) sposando il business di partner retail oppure unendo le proprie forze per fare cassa. Possibile che l'Italia rappresenti le briciole del consumo PC hardware nord-est europeo? Purtroppo si. Eppure, guardando i numeri, l'equazione sembrerebbe quanto mai fuorviante: l'Italia produce un mercato totale da circa 1,8 miliardi di dollari, mentre la Polonia si ferma a poco più di 500 milioni. Siamo quasi a ¼, ma la forbice PC è chiaramente ai suoi estremi. Lo sapevamo, ma gli IEM ce ne hanno dato ulteriore conferma. È con questo dato che torniamo alla tesi di poco sopra: mercati differenti nel DNA, specchio e appannaggio dei dispositivi di gaming più diffusi nella cultura dei videogiochi nostrani. Gli eSports, all'estero, sembrano far coppia con PC Gaming, mentre a noi, beh, a noi piacciono le console.

Amici rivali

Curiosamente, abbiamo soggiornato nello stesso albergo di Rogue e Classic, nonché pasteggiato allo stesso buffet mattutino. Un piccolo quanto curioso aneddoto di gossip riguarda proprio questa coppia: nonostante i ragazzi se la siano date il giorno precedente per le finali di Starcraft II giocandosi premi che farebbero gola a chiunque, la mattina successiva hanno fatto colazione insieme, dialogando e scherzando come due amici di vecchia data. Un bell'esempio di ciò che va oltre la competizione e diventa stima.

Emozioni nell'arena

Complice la sempre minor richiesta di risorse hardware dei titoli più giocati, magari un giorno lontano le porte si apriranno anche qui. Il sogno di vedere palazzetti di Roma o Milano pieni a una tappa di un qualsiasi gioco che non sia League of Legends rimane, intanto possiamo confermarvi come il prendere parte alle finali di Starcraft II sia un'attività che regala emozioni forti, una storia da vivere assolutamente almeno una volta nella vita. La Spodek Arena è un teatro eccezionale per eventi eSports e il picco emotivo si è raggiunto in occasione delle finali mondiali di Starcraft II. A parte la cornice, le luci, l'euforia generale che permeava la sala è stato lo scontro tra i due campioni Rogue e Classic ad alzare l'asticella dello show. Non è semplice raccontare cosa vuol dire venire circondati da un pubblico completamente recettivo a ogni grammo di gameplay confezionato dalla coppia di fenomeni sud koreani. Un discorso analogo vale spenderlo per Counter Strike: ogni kill produceva acclamazione di pubblico, ogni vittoria un boato sincero. Gli eSports, agli IEM, creano questo tipo di finestre sul mondo competitivo serio, dove serio vuol dire anche prezioso, visti i premi in palio per centinaia di migliaia di dollari: basta girare lo sguardo per contare la platea, catalogarla per anagrafica e sesso, scoprendo così che l'aggettivo più giusto sia "trasversale". Ci siamo poi fatti un paio di tavole rotonde, un'intervista e un po' di giocato sul NUC Skull Canyon in arrivo, due chiacchiere con i community manager europei di un po' di produttori, dialogato con qualche dirigente Intel. Gli IEM sono un evento vivo, ricco di contenuti ma indirizzato a palati in grado di assaporarne l'offerta. La multinazionale americana, attualmente, è una delle più grandi promotrici degli eSports e - testuali parole - questo è un percorso che Intel percorrerà fino in fondo. Se vi state già allenando, fatecelo sapere nei commenti.