Tornare alla Seconda Guerra Mondiale si è rivelata la mossa vincente per rilanciare Call of Duty e noi crediamo che in futuro la serie possa continuare a battere ancora questa strada. In fondo di storie da raccontare, dal fronte occidentale, da quello africano o da quello del Pacifico ce ne sono tantissime e si possono sfruttare diverse ambientazioni, così come diversi punti di vista di uno stesso evento bellico o di una singola battaglia. In tal senso, con uno sforzo che comprendiamo in fondo essere difficile da fare, per tutta una serie di implicazioni "morali" e ideologiche, si potrebbe pensare anche a qualcosa di realmente differente dal solito. Fino a oggi, giustamente, i Call of Duty ambientati durante la Seconda Guerra Mondiale ci hanno proposto le storie di coloro che hanno lottato per difendersi o per liberare il mondo dalla minaccia nazista. Ma volendo proporre qualcosa di più originale, a prescindere dai risvolti politici attuali e dalle polemiche che certamente un gioco del genere susciterebbe, si potrebbe pensare anche a un titolo che mostrasse la guerra dal punto di vista dei soldati dell'Asse.
Un punto di vista diverso
Ovviamente non da quello dei fanatici nazisti, delle SS o dei più intransigenti fascisti, ma da quello dei semplici soldati che loro malgrado si ritrovarono a combattere per un ideale non razziale, nel quale credevano, o solo perché costretti dagli eventi. La Seconda Guerra Mondiale è fatta di decine e decine di battaglie combattute per aria, mare e terra da centinaia di migliaia di soldati, costretti a sopportare ogni condizione climatica immaginabile, spesso senza avere nessuna idea di quali sorti stesse prendendo il conflitto. Tante le possibilità quindi offerte agli sceneggiatori, che potrebbero rispolverare degli scenari già visti in passato in Call of Duty, ma riproposti stavolta come scritto prima "dal fronte opposto", ad altri completamente differenti. Per esempio, ipotizzando una struttura narrativa simile a quella dell'ultimo Call of Duty: WWII, si potrebbe pensare al racconto di un gruppo di giovani tedeschi, italiani e giapponesi, ciascuno impegnato in una parte del mondo in una serie di operazioni militari dell'Asse, dai successi iniziali fino alla lenta ma inesorabile disfatta.
Prendete lo scenario di Stalingrado: non è nuovo nell'universo di Call of Duty, dato che l'abbiamo già visto nei primi due titoli della serie. Ma sul fronte orientale nessuno ha mai raccontato le vicende attraverso gli occhi degli invasori, tra le cui fila c'erano anche tanti uomini a cui interessava soltanto portare a casa la pelle, costretti a sopravvivere al gelo terribile della steppa russa, tra mille stenti e sofferenze, fino alla capitolazione finale. Il 23 novembre 1942, dopo aver fallito l'offensiva finale sferrata per conquistare le ultime roccaforti sovietiche, la 6ª Armata della Wehrmacht venne infatti sorpresa e accerchiata dall'Armata Rossa. Dopo aver resistito al freddo senza cibo ed equipaggiamento per quasi due mesi, i soldati tedeschi e i loro alleati vennero annientati. In uno scenario del genere le possibilità sono infinite e vanno dalle battaglie di grande respiro fino all'azione frenetica degli scontri porta a porta, tra macerie e improvvisate trincee, nel tentativo di trovare una via di fuga dalla città, che potrebbe prendere ispirazione, a livello di meccaniche, da quanto di buono fatto con lo spettacolare secondo capitolo della saga.
Da El Halamain allo sbarco in Sicilia
Appena qualche settimana prima, l'Asse aveva subito una dura sconfitta anche in Africa, nell'ultima delle tre battaglie di El Halamain. Lo scontro avvenne tra il 23 ottobre e il 3 novembre del 1942 durante la campagna del Nordafrica, e vide fronteggiarsi le forze dell'Armata corazzata italo-tedesca comandate dal feldmaresciallo Erwin Rommel e l'Ottava armata britannica del generale Bernard Law Montgomery, due dei personaggi più famosi e importanti del conflitto. In questo scenario fatto di mille scontri, si potrebbe raccontare in particolare la storia di un gruppo di soldati italiani impegnati a resistere, come poi è avvenuto nella realtà, all'offensiva britannica chiamata Operazione Lightfoot. Tanti giovani del Bel Paese, partiti con tanto entusiasmo ma poi disillusi dalla realtà del fronte, furono costretti a combattere tra mille stenti e difficoltà per via del caldo insopportabile, ma soprattutto per la mancanza di viveri, medicinali e di un armamentario adeguato. Di fatto praticamente tutti i soldati soffrirono di dissenteria, costretti a razionare il già scarso cibo e l'acqua per giunta inquinata. Eppure tutto ciò non impedì loro di offrire una strenua resistenza al nemico, al punto da guadagnarsi la loro stima e ammirazione.
Per dare un'idea del valore mostrato dai soldati italiani, e in particolare dai nostri paracadutisti, basta riportare le parole che Winston Churchill pronunciò alla Camera dei Comuni di Londra pochi giorni dopo: "Dobbiamo davvero inchinarci davanti ai resti di quelli che furono i leoni della Folgore...". La vittoria britannica in questa battaglia segnò il punto di svolta nella campagna del Nordafrica, che si concluderà nel maggio 1943 con la resa definitiva delle forze dell'Asse in Tunisia. Un paio di mesi dopo ci fu un altro episodio chiave del conflitto che potrebbe essere utilizzato in un ipotetico nuovo Call of Duty a tema Seconda Guerra Mondiale, lo sbarco in Sicilia (nome in codice Operazione Husky). Grazie a esso gli Alleati sbarcarono sulle coste siciliane il 10 luglio del 1943, con l'obiettivo di aprire un fronte nell'Europa continentale, invadere e sconfiggere l'Italia e concentrare in un secondo momento i propri sforzi contro la Germania nazista. La 7ª Armata statunitense del generale Patton e l'8ª Armata britannica del generale Montgomery, sbarcarono nella zona sud-orientale della Sicilia incontrando sulla loro strada la resistenza della 6ª Armata italiana e dei loro alleati tedeschi.
L'offensiva delle Ardenne
Nel Pacifico si combattè una Guerra altrettanto cruenta e dolorosa per chi vi partecipò. L'isola di Iwo Jima è la più famosa forse delle zone dell'area, dove si svolse una delle più sanguinose battaglie del periodo (su 22.000 militari nipponici, solo 1.083 sopravvissero): fu lì che venne spostata la linea del fronte dopo la perdita dei domini giapponesi nel sud del Pacifico. Del contingente a presidio dell'isola facevano parte molti giovani soldati, la maggior parte dei quali erano stati arruolati con la forza e senza praticamente nessuna esperienza di combattimento. Pure qui gli sceneggiatori potrebbero sbizzarrirsi nel raccontare il dramma di decine di individui lontani dalle proprie famiglie, costretti a patire la fame, la sete e a morire in attacchi spesso suicida per rallentare l'avanzata americana verso il Giappone. Allo stesso modo gli sviluppatori potrebbero sfruttare i cunicoli sotterranei scavate dai soldati nipponici e le trappole da essi create per costruire uno scenario di gioco alquanto variegato, fatto di attacchi improvvisi, imboscate, e sparatorie fulminee, intervallate da assalti all'arma bianca in campo aperto.
Un altro scenario molto famoso e spesso utilizzato nei giochi di guerra è quello relativo all'offensiva delle Ardenne, l'ultimo attacco di grande portata strategica tedesca sul fronte occidentale durante la Seconda Guerra Mondiale. Un'operazione molto ambiziosa, che per Adolf Hitler doveva servire a infliggere una clamorosa sconfitta agli Alleati e a bloccarne l'avanzata, nonostante le sue forze militari fossero inferiori in numero e mezzi rispetto a quelle degli avversari. E in effetti all'inizio la situazione sembrò favorire i tedeschi, capaci di sorprendere le truppe nemiche sul campo il 16 dicembre del 1944 e sfondare in profondità dietro le loro linee. Successivamente le cose però cambiarono, la reazione degli Alleati fu pressante e dopo un mese di duri scontri la battaglia terminò con la loro vittoria finale e il fallimento dell'offensiva della Wehrmacht. Il successo contro le Potenze dell'Asse costò comunque caro alla coalizione, visto che le pesanti perdite subite nelle Ardenne, soprattutto dall'esercito statunitense, costrinsero ad una revisione degli schieramenti e dei piani, rallentando l'attacco al cuore della Germania e una crisi nel comando supremo tra il maresciallo Montgomery e i generali statunitensi. Per i tedeschi, invece, la sconfitta significò la perdita di un alto numero di soldati e mezzi corazzati, quindi un indebolimento ulteriore che contribuì a facilitare la riuscita dell'offensiva in massa dell'Armata Rossa sul fronte orientale, che dal 12 gennaio del 1945 spazzò via quel che rimaneva delle 164 divisioni della Wehrmacht. E voi? A prescindere dall'implicazione morale e dalle polemiche che ne scaturirebbero, sareste d'accordo a una serie di scenari simili con questi protagonisti?