La scorsa settimana la rubrica Monografie vi ha raccontato la storia di Parasite Eve, franchise inaugurato da Square nell'ormai lontano 1998 e che a marzo, appunto, ha compiuto vent'anni. Oggi vogliamo provare a immaginare la forma che Parasite Eve potrebbe assumere se tornasse sulle nostre console oppure, perché no, sui nostri PC nel 2018. Potrebbe sembrare un esercizio inutile - in fondo, le probabilità che uno sviluppatore giapponese importante legga questo articolo sono prossime allo zero - ma attraverso esso vogliamo dimostrare anche una teoria che va in controtendenza col pensiero comune, e cioè che a volte i remake, opere spesso criticate e accusate di mancare di originalità, servono davvero. Il primo Parasite Eve, infatti, è praticamente un paradosso: all'epoca era stato così all'avanguardia che oggi, vent'anni dopo, sarebbe quasi innovativo.
Un nuovo Parasite Eve? No!
Il finale di The 3rd Birthday, il terzo capitolo nella saga di Aya Brea, suggeriva la possibilità di un sequel: Parasite Eve potrebbe dunque tornare sotto forma di quarto episodio, ma noi, dopo aver riflettuto attentamente, abbiamo concluso che vorremmo giocare un remake del primo, proprio come accennato qualche riga più sopra. Le ragioni sono molteplici e non tutte hanno a che fare col gameplay, come vedremo tra un po'. Sono passati vent'anni e Square Enix dovrebbe presentare Aya Brea a una nuova generazione che magari non l'ha mai conosciuta. Il terzo capitolo della saga, onestamente, preferiremmo non considerarlo neppure, perché sul fronte narrativo si è trattato di un gigantesco pasticcio fantascientifico fatto di viaggi nel tempo, poteri paranormali e colpi di scena forzati. Parasite Eve nasce come una specie di poliziesco a tinte horror, costruendo la storia di Aya sugli antefatti raccontati nel romanzo di Hideaki Sena. Il modo migliore per riportare Parasite Eve in auge, insomma, sarebbe ricominciando da capo e quindi riproponendo quel primo capitolo con un comparto tecnico al passo coi tempi.
Un remake o un reboot?
Nel primo Parasite Eve ci sono delle scene culto, come la strage nel teatro, che sarebbe veramente un delitto non poter rivivere nel dettaglio consentito dalla tecnologia odierna. Riproporre il primissimo Parasite Eve consentirebbe a Square Enix di agire in due modi sul franchise: prima di tutto, a livello narrativo, si potrebbe aggiustare quello che funzionava meno, magari intervenendo sulla sceneggiatura nei momenti in cui mostrava il fianco alle inadeguatezze del '98. Sarebbe bello consentire l'esplorazione libera di New York a mo' di open world, ma secondo noi finirebbe con lo sviare la storyline principale che dovrebbe invece mantenere un ritmo serrato dall'inizio alla fine. Inoltre, si potrebbe ricontestualizzare la storia nel periodo odierno, così da rendere più credibili alcuni passaggi ora che computer e telefoni cellulari hanno fatto passi da gigante rispetto a vent'anni fa. Così facendo, gli sceneggiatori potrebbero cominciare a gettare i semi per un'eventuale proseguimento del brand in un remake del secondo episodio o in una storia completamente nuova. Vi ricordiamo, infatti, che il secondo Parasite Eve sarebbe dovuto essere uno spin-off con un protagonista maschile completamente diverso: riavviando il franchise, si potrebbe effettivamente concretizzare l'idea originale della serie antologica.
Lo stesso gioco di una volta
Siamo andati un po' oltre e abbiamo pensato in grande: invece di accontentarci di un remake del primo episodio, eravamo già lì a pensare come Parasite Eve potrebbe proseguire. Una cosa però è sicura: se dovessimo scegliere in che modo giocarlo, preferiremmo di gran lunga il gameplay originale del primo Parasite Eve. The 3rd Birthday offriva meccaniche molto originali e avvincenti, ma si prestavano bene alla struttura divisa in missioni che lo sviluppatore aveva concepito per l'esperienza mobile. Parasite Eve 2, dal canto suo, risultava fin troppo simile ai survival horror in stile Resident Evil che cominciavano a diffondersi in quel periodo: il gioco funzionava, ma era poco originale allora e oggi sarebbe semplicemente trito e ritrito. Le meccaniche "cinematic RPG" del primo Parasite Eve, invece, sono quelle che nell'introduzione abbiamo definito quasi paradossali: possono sembrare vetuste, eppure sul mercato oggigiorno non c'è nulla di simile. Square Enix aveva pensato il gioco come una sorta di film interattivo in cui ogni tanto bisognava esplorare un'ambientazione o combattere i nemici, ma era nel momento in cui iniziava lo scontro che Parasite Eve faceva sfoggio di personalità.
Oggi gli sviluppatori tendono a prediligere le svolte action nelle avventure in terza persona. I giapponesi, poi, hanno un modo tutto loro di immaginare quello che piace agli occidentali. Prendete Ni no Kuni II, ad esempio: Level-5 ha preferito un'impostazione action oriented per il sequel perché, secondo loro, a noi occidentali non piacciono i videogiochi a turni. Gli scontri in Parasite Eve erano ibridi. Il giocatore poteva controllare Aya e spostarla sul campo di battaglia, magari per evitare gli attacchi dei nemici, ma poteva agire soltanto quando si riempiva un indicatore che ricordava molto l'ATB dei primi Final Fantasy. A quel punto Aya poteva attaccare o usare i suoi poteri paranormali come in un gioco di ruolo giapponese tradizionale. Questa dinamica secondo noi si presterebbe perfettamente anche al remake perché è una caratteristica unica di Parasite Eve e, come dicevamo, gli dà una personalità propria.
Questo non significa che un eventuale remake debba riproporsi in una forma identica all'originale, semplicemente rifatta nell'aspetto... e nel sonoro: ovviamente il nuovo Parasite Eve dovrebbe essere completamente doppiato! Ci sono tantissimi modi in cui si potrebbe migliorare e stratificare il sistema di combattimento, mantenendo l'impostazione strategica originale, con tanto di reticolo di mira, ma aggiungendo per esempio elementi interattivi come i ripari già introdotti in The 3rd Birthday. Aya potrebbe mirare agli estintori appesi alle pareti per riempire le stanze di nebbia, diminuendo le possibilità di essere colpita, oppure potrebbe versare acqua sul pavimento e quindi elettrificarlo sparando a un apparecchio, così da infliggere danni aggiuntivi ai suoi nemici. Immaginate una forma di interattività ambientale/elementale come quella proposta da Larian Studios in Divinity: Original Sin II. Secondo noi funzionerebbe benissimo e svecchierebbe il sistema di combattimento peculiare, rendendolo molto più coinvolgente nonostante l'impostazioni a turni. Che poi, chi dice che a noi occidentali i combattimenti a turni non piacciono?