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C’era una volta Spyro the Dragon

In attesa di rivederlo all'opera nella remaster Spyro Reignited Trilogy, ripercorriamo insieme la storia del simpatico draghetto viola

SPECIALE di Massimo Reina   —   18/04/2018

Come abbiamo scritto in precedenti occasioni, la prima PlayStation è stata certamente una delle console più importanti della storia dei videogiochi, non solo perché grazie a essa i giochi elettronici non vennero più visti come un prodotto per bambini e divennero un fenomeno di massa, ma anche perché ospitò la nascita o l'evoluzione di titoli, serie e personaggi di un certo spessore, capaci di lasciare un segno tangibile del loro passaggio nel cuore di milioni di appassionati. E' il caso per esempio di Spyro, il simpatico draghetto inventato da Insomniac Games ai tempi della prima PlayStation, diventato una vera e propria icona dei videogiochi degli anni '90.

C’era una volta Spyro the Dragon

Un’icona della prima PlayStation

A circa la metà degli anni '90, negli studi di Insomniac Games, Ted Price stava da qualche tempo discutendo con i suoi collaboratori a proposito di un nuovo progetto per la prima PlayStation. L'idea era quella di sviluppare un platform 3D sulla falsariga di Crash Bandicoot: il titolo di Naughty Dog, infatti, era uscito appena un anno prima e il genere sembrava terreno fertile sulla piattaforma di Sony. Secondo Price e molti altri membri del suo team, un gioco di quel tipo sarebbe stato perfetto per cercare di rilanciare economicamente la compagnia dopo il fallimento commerciale di Distruptor, un suo precedente progetto che aveva ricevuto consensi quasi esclusivamente dalla critica.

C’era una volta Spyro the Dragon

Prima però di programmare qualsiasi tipo di lavoro era indispensabile ideare un personaggio che potesse rivaleggiare coi mostri sacri del periodo, risultando subito simpatico al pubblico. Il compito di dare forma al protagonista del nuovo progetto vene affidato al disegnatore Craig Stitt, che dopo varie bozze ebbe l'idea di creare un draghetto verde. In tal senso le versioni che circolano nell'ambiente non sono coerenti, visto che alcuni attribuiscono i meriti al direttore artistico del progetto, Charles Zembillas, che aveva lavorato anche con Naughty Dog. Ad ogni modo, il personaggio piacque subito al resto del team di sviluppo, che tuttavia decise di far modificare il colore dal verde al viola per evitare che il modello poligonale di quello che venne poi ribattezzato Spyro, si confondesse in game con l'erba che ricopriva il terreno dei vari livelli.

C’era una volta Spyro the Dragon

Un’altra icona per la prima PlayStation

Rifinito meglio l'aspetto del personaggio, e definitone i tratti caratteriali per renderlo "carino e pigro, ma allo stesso tempo testardo, imprevedibile e sorprendente", la palla passò ai tecnici come Alex Hasting, che realizzò una nuova tecnologia per il rendering dei livelli che consentì al suo gruppo di ridurre il problema del "fogging" che limitava la visione dell'orizzonte nei giochi 3D dell'epoca e migliorare i dettagli visivi. Il risultato di questo lavoro fu evidente quando Spyro the Dragon raggiunse gli scaffali nel 1998: il titolo proponeva infatti un comparto tecnico di primo livello, capace di rivaleggiare senza problemi con i principali esponenti del genere platform tridimensionali.

C’era una volta Spyro the Dragon

I livelli erano grandi e con un ampio campo visivo, pieni di segreti da scoprire e vari potenziamenti che rendevano la progressione meno lineare rispetto a quello di altri giochi analoghi. Dulcis in fundo la giocabilità era ottima e Spyro risultò subito davvero carismatico, a suo modo, agli occhi degli appassionati. Non a caso fu un vero trionfo di critica e di pubblico, con 5 milioni di copie vendute in tutto il mondo. Il piccolo draghetto viola aveva conquistato tutti, ragazzini e adulti: si, perché a dispetto delle apparenze, Spyro non era un gioco indirizzato soltanto ai più piccoli e per questo fu un enorme successo, e il protagonista divenne per molti giocatori una specie di mascotte della console Sony, meritevole di affiancarsi in questo ruolo a personaggi del calibro di Crash Bandicoot, Lara Croft e Sir Daniel Fortesque.

C’era una volta Spyro the Dragon

La leggenda continua

Il successo del primo capitolo spinse il franchise che si sviluppò a gran velocità al punto che Insomniac Games realizzò due sequel a distanza di un anno l'uno dall'altro: nel 1999 ecco arrivare sugli scaffali Spyro 2: Ripto's Revenge, mentre nel 2000 fu la volta di Spyro 3: Year of the Dragon. Entrambi le produzioni vennero accolte bene da critica e pubblico, ma mentre il secondo episodio in linea di massima manteneva un forte legame col predecessore, il terzo Spyro seppe andare oltre, con una trama ancora più curata e una serie di personaggi secondari giocabili. Spyro 3: Year of the Dragon segnò anche l'addio degli Insomniac Games. Ted Price e soci pare volessero tentare nuove strade e non rimanere fossilizzati sugli stessi personaggi e su un solo franchise, per cui decisero di cedere la licenza al publisher, Universal Interactive Studios.

C’era una volta Spyro the Dragon

Da allora la serie divenne multipiattaforma, passando tra diversi sviluppatori che tra alti e bassi, spin-off e comparsate, hanno riproposto il simpaticissimo Spyro in tutte le salse. Su console casalinghe, il primo titolo della saga regolare della nuova gestione fu Spyro: Enter the Dragonfly per PlayStation 2 e Nintendo GameCube. Il titolo però fu un mezzo fiasco, al punto che il publisher decise di annullare le versioni Xbox e PC precedentemente annunciate. Tra le cause del mancato successo del gioco, sviluppato da Equinox Digital Entertainenment e Check Six Studios, svariati problemi di gameplay e una trama definita da molti scadente. Non andò molto meglio nemmeno nel 2004 con Spyro: A Hero's Tail per PlayStation 2, Nintendo GameCube e Xbox, che viene considerato l'ultimo capitolo della serie originale di Spyro per console, prima della serie reboot. Il titolo non riuscì a ottenere il successo sperato a causa di una certa ripetitività di fondo e del fatto che non proponesse nulla di realmente innovativo, venendo così bocciato da parte della critica e soprattutto dai fan.

C’era una volta Spyro the Dragon

A quel punto, decisi a rilanciare il personaggio e la serie, il publisher pensò di far ripartire tutto da zero con un vero e proprio reboot. Nacque così la trilogia di The Legend of Spyro, caratterizzata da un'atmosfera un po' più seriosa rispetto all'originale, da un nuovo design per alcuni personaggi e da una giocabilità maggiormente focalizzata sull'azione e i combattimenti. Questi elementi però non bastarono a rendere questo nuovo Spyro come l'amatissimo draghetto di un tempo. In generale, i tre giochi furono apprezzati per i controlli e la storia, molto meno per la giocabilità, ritenuta ancora una volta troppo ripetitiva e senza spunti davvero vincenti o innovativi. Così, a parte qualche apparizione in altri giochi come Skylander o su console portatili, Spyro sembrò idealmente rintanarsi in qualche grotta sperduta nel Regno dei Draghi, per poi sparire nel nulla. Un nulla dal quale, per fortuna, riemergerà quest'anno grazie alla raccolta contenente l'edizione rimasterizzata dei tre titoli originali di Spyro per PlayStation, intitolata Spyro: Reignited Trilogy, sulla falsariga di quella realizzata per Crash Bandicoot, dunque con migliorie varie alla grafica, un nuovo sistema di controllo e altre novità tecniche. La raccolta uscirà il 21 settmembre di quest'anno su PlayStation 4 e Xbox One.