Nei cinema di tutto il mondo in questi giorni si sta celebrando la Super Mario Bros. mania: il lungometraggio dedicato alla celeberrima saga si è rivelato il film animato col miglior debutto di sempre, ma Nintendo non è nuova a questo genere di contaminazioni con l'industria dell'audiovisivo. Sicuramente vi tornerà in mente lo sfortunato predecessore live-action di Super Mario Bros. - il film che, a differenza della sua controparte odierna, non è riuscito a parlare al grande pubblico ed è finito nel dimenticatoio.
Ciononostante, nel corso degli anni la Grande N ha investito costantemente in questo settore, sfornando grandi successi (sì, Pokémon, stiamo parlando di te!) e piccole chicche mai arrivate in Occidente e poco conosciute. Ora mettetevi comodi, preparate i popcorn e viaggiate nel tempo con noi in questa retrospettiva dedicata alle prime produzioni animate targate Nintendo fino agli anni '90!
Una Principessa da salvare
Siamo nel 1986, Super Mario Bros. è uscito su Famicom da poco più di un anno, ma è già un successo. Con l'intenzione di spingere ancora le vendite, Nintendo unisce le forze con Grouper Production, casa di produzione nota principalmente per gli anime di Hello Kitty, per realizzare il primo lungometraggio animato dedicato alla serie intitolato Super Mario Bros.: The Great Mission to Rescue Princess Peach!.
Nel film Mario, proprietario di un supermercato (e non un idraulico!) insieme a suo fratello Luigi, fa una partitina notturna sul suo Famicom, quando la Principessa Peach esce dal televisore per chiedergli aiuto: il famelico Bowser vuole rapirla e ci riesce senza troppi problemi. Ancora incredulo per l'accaduto, Mario nota che tutto ciò che resta dell'apparizione di Peach nel salotto della propria casa è il suo ciondolo, che finirà per essere ciò che lo catapulta nel Regno dei Funghi. Infatti, un eremita ha inviato il cane Kibidango alla ricerca dei due fratelli, chiedendo loro di salvare la Principessa Peach dalle grinfie di Bowser che vuole sposarla senza il suo consenso.
Così Mario, Luigi e Kibidango si destreggiano tra un "livello" e l'altro combattendo contro i nemici che affollano il Regno dei Funghi arrivando fino a sconfiggere Bowser e salvare Peach. Fin qui tutto regolare: ci aspetteremmo un lieto fine per il nostro Mario, eroe di mille avventure inguaribilmente innamorato della principessa. E invece no: a sorpresa, il cane Kibidango si trasforma nel Principe Haru, vittima di una maledizione di Bowser nonché - udite, udite - il promesso sposo della Principessa Peach. E Mario, col cuore in frantumi, torna a casa accettando l'amara verità: la sua principessa è in un altro castello.
Nonostante non sia mai stato rilasciato ufficialmente al di fuori del Giappone, questo film è un primo esperimento che introduce alcune convenzioni che diventeranno ricorrenti nella serie e al contempo punti di rottura con la storia a cui siamo abituati. In una sola ora di durata, Super Mario Bros.: The Great Mission to Rescue Princess Peach! ha portato sul grande schermo delle caratterizzazioni dei personaggi in linea con quanto sviluppato nei videogiochi ma anche linee narrative non canoniche come quella di Haru. Nel complesso il risultato non è dei migliori: siamo davanti a un film frammentario, pieno di momenti musicali non contestualizzati e ricco di effetti sonori riciclati in una resa piuttosto kitsch. Inoltre, i personaggi della serie dovevano ancora uscire davvero dal loro guscio: ad esempio, la rappresentazione di Peach è quanto di più distante possa esserci da quella odierna, forzando la Principessa unicamente al ruolo di damigella in pericolo e di fidanzata.
Negli anni successivi l'idraulico italo-americano riceve un nuovo adattamento seriale che segue la popolarità dei giochi fuori dai confini giapponesi arrivando fino in Italia, ovvero il Super Mario Bros. Super Show, una serie prodotta dall'americana DiC Entertainment nel 1989 che alterna in ogni sua puntata momenti dal vivo a episodi animati dai toni scanzonati. Tra un rapimento della Principessa Peach e un piano malefico di Bowser da sventare, riassunto esaustivo della maggioranza delle puntate, ciò che merita una menzione d'onore è la sit-com in cui Mario e Luigi sono interpretati rispettivamente dal wrestler della WWF Lou "Captain" Albano e Danny Wells. I due sono protagonisti di scene di vita quotidiana, alle prese con la loro ditta di idraulica e col cibo tipicamente italiano, il tutto condito da un fintissimo accento nostrano (e un ancor più finto "Hey, paisanos!" in apertura a ogni puntata) e una comicità slapstick molto marcata.
E a proposito di Italia, la localizzazione arrivata da noi ce la mette tutta per non passare inosservata. Se l'adattamento dei nomi di Mario e Luigi è filato liscio come l'olio, non possiamo dire lo stesso per gli altri personaggi principali: Peach diventa Principessa Amarena, Toad muta in Ughetto e Bowser si trasforma in un improbabile Re Attila. Dietro queste traduzioni si cela Enrico Carabelli, direttore del doppiaggio che ha curato l'edizione italiana dei Cavalieri dello Zodiaco spesso criticato per le sue scelte ricercate. "Se i bimbi non capiscono chiedano ai genitori, e se i genitori non sanno, si mettano a studiare!" così lo ricorda Ivo De Palma, doppiatore di Pegasus, in un'intervista che ci lascia intuire la filosofia dietro le localizzazioni di Carabelli.
Seguito da altre due stagioni animate (Le avventure di Super Mario e Super Mario World) prive della sit-com e allietate da una sigla di Cristina D'Avena, il Super Mario Bros. Super Show è una serie cult che ancora oggi vive nel cuore degli appassionati al punto tale da essere omaggiata da Illumination nella campagna di comunicazione di Super Mario Bros. - Il film. La casa di produzione statunitense ha riprodotto il Super Mario Rap che precedeva le puntate mantenendone le atmosfere retrò e invitando gli spettatori a chiamare il numero (davvero attivo!) in sovraimpressione, in una trovata di marketing che ha ben fatto leva sul fattore nostalgia.
Un mondo fantasy
Contemporaneamente alla messa in onda statunitense del Super Mario Bros. Super Show, vede la luce Un regno incantato per Zelda, adattamento animato di The Legend of Zelda anch'esso prodotto da DiC Entertainment. Rispetto agli anime dedicati a Super Mario, questa serie si sviluppa velocemente contando soli 13 episodi da 15 minuti l'uno. Questo è stato dovuto a limiti di produzione: "Zelda era quasi invisibile ai tempi" spiega Rob Forward, uno degli sceneggiatori della serie "Andava in onda solo di venerdì, gli altri quattro giorni erano dedicati al Super Mario Bros. Super Show che aveva tutta l'attenzione dello studio."
Con poco budget e ancora più scarse indicazioni da parte della produzione, l'anime è entrato in fase di scrittura: "La Bibbia di serie includeva giusto un paio di frasi per ogni personaggio e aveva poche linee guida" ricorda Eve Forward, sceneggiatrice della serie e sorella di Rob, "Evitare i combattimenti fisici, includere quella stupida battuta "Excuse me, Princess!" almeno una volta per episodio perché uno dei produttori la riteneva divertente".
Ecco svelato l'arcano dietro il meme che ha riportato in auge l'anime: si tratta di una specifica richiesta dei produttori con l'intento di scimmiottare una battuta di Steve Martin allora in voga. Nella serie, in cui ogni episodio è autoconclusivo e incentrato su una battaglia contro Ganon, è un atipico Link a pronunciare questo tormentone rivolgendosi piccato a Zelda dopo i suoi rimproveri. Link appare diversissimo dai giochi: più che un coraggioso eroe abbiamo davanti un adolescente capriccioso che vuole insistentemente baciare Zelda, che lo rifiuta. "Mi imbarazza vedere quanto è sessista in retrospettiva" continua Eve Forward, "Ma erano gli anni '80 e tutto era ancora parecchio sessista. La produzione pensava addirittura di essere di larghe vedute perché Zelda non indossava un abito frivolo.".
Meme a parte, la serie non è esattamente conosciuta per il suo pregio artistico ricevendo recensioni estremamente negative dalla critica dei tempi e una tiepida accoglienza tra gli appassionati della saga. Nella sua edizione italiana, l'iconica sigla cantata da Cristina D'Avena crea ancora più confusione, trasformando la principessa Zelda nella protagonista di un anime shoujo: "Il tuo fidanzato è cotto di te, vive per te, proprio per te, ma poi tu neanche un bacio gli vuoi dare ahimè. Civettuola più che mai, sei ogni tanto e tu lo sai, sì lo sai, ma ci piaci lo stesso.".
Qualche anno più tardi, il periodo fantasy delle serie animate Nintendo continua con la serie ispirata a Fire Emblem: Mystery of the Emblem, il terzo gioco che include il primo titolo della saga portandone avanti gli eventi. Prodotto da Studio KSS e Studio Fantasia nel 1996, l'anime esce unicamente in videocassetta, operazione decisamente meno rischiosa e onerosa di una messa in onda sui canali in chiaro.
La storia dell'anime di Fire Emblem ricalca fedelmente le avventure del principe Marth nei primissimi livelli di Shadow Dragon, interrompendosi bruscamente dopo soli due episodi. Nonostante le cause della cancellazione della serie non siano mai state ufficializzate, si ipotizza che sia stata la mancanza di interesse a determinarne l'interruzione. Ironicamente, si tratta della prima esportazione occidentale di un contenuto della saga di Fire Emblem, vantando persino una localizzazione italiana a cura della ex Dynamic Italia (ora Dynit) con la partecipazione di una giovanissima Emanuela Pacotto nel ruolo di Lena. Gli anni '90 volgono ormai al termine e non fatichiamo a credere come un anime vecchio stampo come Fire Emblem: Mystery of the Emblem, che attinge a piene mani dalla tradizione del decennio precedente, sia arrivato nel momento sbagliato.
L'arrivo della serie animata di Pokémon nel 1997 segna proprio uno stacco netto con i precedenti adattamenti targati Nintendo. Lo stile di animazione dello studio giapponese Oriental Light and Magic, i colori sgargianti dei mostriciattoli tascabili e la spensieratezza della narrazione hanno distanziato l'anime di Pokémon dai suoi predecessori tanto nella resa che nella ricezione, riuscendo finalmente a intercettare con efficacia il pubblico di riferimento.
Il coraggio di distaccarsi dalla riproduzione pedissequa del gioco a cui l'anime è ispirato e l'interesse commerciale a produrre una serie che potesse rilanciare un titolo già campione di incassi ha creato un modello che ha funzionato negli anni successivi. Già nel 2001 con l'anime di Kirby e continuando con gli adattamenti di giochi come Animal Crossing ed F-Zero, Nintendo ha continuato a manifestare interesse nel mondo dell'audiovisivo. E dopo il successo planetario di Super Mario Bros. - Il film abbiamo il presentimento che continuerà a farlo.