Non è un mistero che Assassin's Creed sia andata incontro a una serie di critiche dopo la sua evoluzione pochi anni fa: la struttura che dal 2007 ha caratterizzato la serie fino al 2015 aveva bisogno di rinnovarsi, dopo aver tradito una sempre più marcata ripetitività e una struttura che cominciava a sentire il peso degli anni nonostante i tentativi di aggiungere sempre qualcosa di nuovo. La cadenza di pubblicazione annuale si è presa dunque una pausa e la saga è ritornata a fine 2017 con Assassin's Creed: Origins lasciando il pubblico a bocca aperta - nel bene o nel male; la sua natura di avventura dinamica con un tocco di stealth era stata scardinata per lasciare posto a un action GdR, un cambio di direzione netto che nessuno pensava si sarebbe potuto applicare al concept del gioco incentrato - più spesso in via teorica che pratica - sul suddetto stealth. Il capitolo ha stupito e nel complesso è piaciuto, portando nonostante tutto una ventata di aria fresca senza perciò perdere del tutto lo spirito che l'ha sempre contraddistinto.
Con Assassin's Creed: Odyssey, invece, le cose hanno preso una piega meno favorevole e il gioco è stato criticato per aver del tutto ucciso quanto si era salvato dall'operazione di rinascita della serie: vuoi per la presenza di due personaggi giocabili, la cui unica differenza stava nel sesso poiché la storia seguiva il medesimo identico percorso, oppure per una maggior pressione sull'aspetto ruolistico, o per l'assenza della lama celata come l'abbiamo sempre conosciuta in favore di una lancia dai poteri mistici (aspetto che a sua volta ha fatto storcere più di un naso), l'ultimo capitolo pubblicato sembrava aver decretato la morte della saga in termini proprio concettuali. Assassin's Creed: Valhalla pare invece tornato sui giusti binari, mettendo insieme i due titoli precedenti per offrire un ibrido che sembra finalmente muoversi nella giusta direzione - come potete leggere nel nostro provato.
A dispetto della buona fede di Ubisoft con questo nuovo episodio, i giocatori si sono sentiti traditi dalla svolta presa dalla serie (in particolare a causa di Odyssey, ricordiamolo) e non è raro leggere in giro che "Assassin's Creed non è più Assassin's Creed". Sarà davvero così, poi? Proviamo a fare il punto della situazione riguardo a quali siano sempre stati i punti chiave della saga, se siano stati veramente calpestati oppure si tende a dare maggiore importanza ad aspetti che in realtà non sono mai stati il nucleo di una serie che, come spesso capita, è partita senza la consapevolezza di diventare quanto possiamo vedere oggi. Un prodotto che ha travalicato i confini del videogioco per farsi transmediale, inglobando diverse forme espressive ciascuna con la sua voce in capitolo nel prosieguo della trama.
Assassin's Creed è storia
Sarà una considerazione banale o scontata, eppure è un dettaglio che con il tempo è stato messo sempre più in secondo piano: l'elemento chiave di Assassin's Creed, il suo nucleo, è la ricostruzione storica, l'incredibile fedeltà e cura nei dettagli che Ubisoft ha sempre dimostrato a prescindere dal periodo trattato. Non è un caso che con gli ultimi due titoli sia stato sdoganato il Discovery Tour, perché alla fine la saga è sempre stata questo; un viaggio nel tempo per "toccare con mano" epoche che abbiamo studiato sui libri, o visto nei documentari, ma nelle quali non ci siamo mai immersi davvero. In questo senso bisogna riconoscere alla serie un merito non indifferente, accostare videogioco e insegnamento, ma si tratta di un argomento che merita un trattamento a sé e non si può esaurire in un semplice paragrafo. Tornando in topic, il fascino di Assassin's Creed dipende soprattutto dalla sua natura storica, alla quale poi si accoda la dualità di Ordine e Caos: un altro modo per definire l'eterna lotta tra bene e male, mettendo in scena due "fazioni" che ancora una volta affondano le loro radici nella realtà storica per raccontare un conflitto noto dall'alba dei tempi, introducendo anche personaggi realmente esistiti e che vengono contestualizzati all'interno della narrazione a seconda del bisogno.
A dispetto della premessa, non bisogna però cadere nell'errore che la narrazione sia uno degli elementi chiave di Assassin's Creed, la ragione insomma per cui sia un affezionato sia un giocatore nuovo possano propendere all'acquisto: questo anzitutto perché, come anticipato, la saga ha sconfinato oltre il videogioco e ha esteso la sua trama a fumetti, social (ricordate Assassin's Creed: Project Legacy?), cortometraggi e via discorrendo. In secondo luogo, la trama al presente che viene spesso utilizzata come scudo da chi si sente tradito per la deriva presa dalla serie non è altro che un espediente per raccontare il passato, vero punto focale di Assassin's Creed. Per quanto le vicende di Desmond siano state a loro modo interessanti, hanno costituito un piccolo ciclo all'interno di una lotta che, come peraltro la saga stessa ci insegna, si porta avanti da secoli attraverso un continuo passaggio di testimone. Si tende a guardare alla narrazione di Assassin's Creed come qualcosa che possa davvero aver fine e magari in termini ludici sarà così, il brand prima o poi potrebbe arrivare alla sua naturale morte, ma concettualmente no. Il conflitto tra Assassini e Templari altro non è che una delle tante espressioni della lotta per il potere in virtù di un supposto bene superiore, la cui definizione però cambia a seconda del punto di vista - in questo senso, Assassin's Creed: Rogue è un ottimo esempio. La storia è vitale in Assassin's Creed se la intendiamo come ricerca, conoscenza e, da ultimo, ricostruzione; la storia come intreccio narrativo invece, soprattutto al presente, serve solo a motivare questi continui salti nel passato. A parer nostro, la saga potrebbe anche lasciar andare la narrazione al presente e concentrarsi solo sul passato.
Dove sono Assassini e Templari?
Un'osservazione pertinente che non è mancata in merito agli sviluppi della saga, in particolare con Assassin's Creed: Odyssey, è che il titolare Credo degli Assassini e di conseguenza i loro eterni nemici Templari sono finiti nel dimenticatoio per portare la serie verso un'impronta più da GdR fantasy. Se da un lato è vero che il capitolo con Kassandra e Alexios ha commesso non pochi inciampi in questo senso, ovvero premendo l'acceleratore sulla struttura ruolistica con la convinzione che fosse l'elemento di svolta per la saga (un po' come ha fatto Capcom post Resident Evil 4), dall'altro ci si è concentrati fin troppo sulla struttura di gioco per non accorgersi di un dettaglio che magari non riabilita in toto il capitolo ma concorre certo a dargli più contesto. Assassin's Creed: Origins, come da titolo, pur avendo dato lo slancio verso il GdR, è stato ben accolto perché comunque manteneva intatta la questione del Credo e anzi gli dava una connotazione precisa - un'origine, appunto. Odyssey fa esattamente lo stesso, solo dal punto di vista dei Templari. Seguendo l'odissea di Kassandra e Alexios abbiamo assistito, sebbene in maniera fumosa e qui volendo si può imputare un po' di colpa, alla nascita di quello che in futuro sarebbe stato l'Ordine dei Templari: così come gli Occulti sono i precursori degli Assassini, la Setta di Cosmos lo è per i Templari, che sono passati anche attraverso l'Ordine degli Antichi prima di diventare ciò che conosciamo.
Il problema di Assassin's Creed è che è nato come potenziale saga con un primo capitolo ambientato durante le Crociate e in un periodo storico in cui, di fatto, Assassini e Templari erano degli ordini realmente esistenti. Questo ha un po' marchiato la serie rendendo difficile fare dei passi indietro per trattare periodi storici antecedenti cercando al contempo di mantenere coerenza con il suo concept di base. Non si può però dire che non ci sia stato almeno un suggerimento a riguardo, poiché in Assassin's Creed: Syndicate è Rebecca Crane a sollevare per prima la questione su come si chiamassero i rispettivi Ordini prima del XI secolo in cui furono scelti i nomi definitivi per entrambe. Che Ubisoft avrebbe presto o tardi affrontato la questione, dunque, era nell'aria: si potrebbe dibattere che soprattutto Odyssey non sia stato chiarissimo in merito, non quanto Origins almeno, ma le intenzioni erano state dichiarate. Assassini e Templari non hanno smesso di esistere, con gli ultimi due capitoli, avevano solo un altro nome.
Da avventura "stealth" a GdR
La questione gameplay che spesso si utilizza come metro di misura per definire cosa sia o meno un vero Assassin's Creed è in realtà la più sbrigativa di tutte: per quanto la saga sia considerata un'avventura dinamica stealth, di quest'ultimo ha ben poco - o almeno non come lo intenderemmo abituati a esperienze come Thief o Metal Gear Solid. Il gameplay, in Assassin's Creed, è funzionale alla narrazione ma non è il suo punto focale - ovvero è passabile di cambiamenti se la necessità lo chiede. Cambiare approccio era diventato un obbligo per la serie, che ristagnava in una struttura ormai impossibile da rinfrescare e aveva bisogno di una secca inversione di rotta: si è passati così al GdR, che tuttavia almeno in Origins ha mantenuto il concetto di uccisione istantanea (o stordimento, finché non siete in possesso della lama celata). Il vero scivolone c'è stato in Odyssey, che ha premuto troppo sull'aspetto ruolistico snaturando la storica meccanica per renderla fattibile solo grazie a una precisa distribuzione delle statistiche. Va però anche detto che qui la concezione di Assassino era al di là da venire e in vece della consueta lama avevamo la Lancia di Leonida. Il concetto di uccisione o aggressione silenziosa permaneva ma senza la stessa concezione che gli era stata data fino allora. Diciamo che è stato un inciampo contestualizzato, non esistendo alcun Credo all'epoca.
Il punto è che il passaggio a GdR non ha in alcun modo decretato la morte della serie, Origins è lì a dimostrarlo, è stato piuttosto l'errore di spingere su questo aspetto rendendo Odyssey una sorta di Diablo-like a far perdere momentaneamente la bussola alla serie - che tuttavia tiene ancora fede alla sua nomea con la questione della Setta di Cosmos. Forse sarebbe stato meglio scegliere Dario e la Persia come contesto antecedente, anziché relegarlo a un DLC, oppure uno degli altri Assassini presenti nel Santuario di Monteriggioni, così da dare nei fatti un precedente migliore anche senza un vero Credo, ma coi se non si fa la storia - neppure quella di Assassin's Creed.
Assassin's Creed merita ancora il suo nome?
In definitiva, la risposta a questa domanda è sì. Assassin's Creed si è evoluto, nel bene e nel male, ha mosso i suoi passi all'interno di un genere fino ad allora sconosciuto per la serie, cercando di capire quale fosse la direzione migliore da prendere, sperimentando a volte con successo e altre no, fino ad arrivare a quella che sembra essere la formula perfetta per conciliare vecchio e nuovo grazie a Valhalla. Si può affrontare la questione di come sia gestito l'aspetto GdR e open world ma si tratta di un argomento che affligge tutti i videogiochi del genere, tranne The Witcher 3, e non ha nulla a che vedere con Assassin's Creed in sé: la saga non ha tradito se stessa perché i punti chiave, ricostruzione storica e dualità ordine/caos, sono rispettati. Il primo soprattutto perché Assassin's Creed, lo ripetiamo, è anzitutto storia; senza questo, semplicemente, non sarebbe se stesso. Non serve cercare qualcosa che in prima battuta non ha mai voluto offrire.