36

Buon compleanno Dead or Alive!

E' incredibile ma sono passati già 25 anni da quando, per la prima volta, apprezzammo l'effetto del "mune yare" di Dead or Alive. Riscopriamo come è nata la serie!

SPECIALE di Claudio Camboni   —   26/11/2021

Era il 26 novembre del 1996 quando fece capolino nelle sale giochi giapponesi il primo capitolo di Dead or Alive. La casa produttrice Tecmo aveva affidato alla videogame-star Tomonobu Itagaki un progetto molto ambizioso che avrebbe dovuto riportare al successo la compagnia, dopo anni crisi e oblio. Erano lontani i tempi di Rygar, Shadow Warriors e Ninja Gaiden. Tecmo voleva assolutamente creare una nuova proprietà intellettuale che riuscisse ad avere un successo planetario e duraturo, magari un nuovo picchiaduro, che all'epoca rappresentava ancora un genere popolarissimo.

In molti sono convinti che il nome scelto, Dead or Alive, derivi proprio dalla situazione critica in cui versava l'azienda: vivi o morti. Un grande gioco che riportasse i conti in ordine, o un fallimento che avrebbe affossato definitivamente Tecmo, non c'erano vie di mezzo.

Fortunatamente la storia ci ha reso uno dei migliori picchiaduro di sempre, e così la salvezza dei suoi produttori. Per festeggiare i 25 anni di Dead or Alive ripercorriamo le origini di questa controversa serie.

Dall'idea iniziale prende forma il primo capitolo

La storica copertina del primo capitolo su console, la versione preferita di Itagaki su Sega Seturn
La storica copertina del primo capitolo su console, la versione preferita di Itagaki su Sega Seturn

Inizialmente pensato per la sala giochi, Dead or Alive arrivò successivamente sulle console casalinghe dell'epoca: Sega Saturn a ottobre 1997 e PlayStation nel marzo dell'anno successivo, in ritardo, ma con una versione riveduta, corretta e migliorata. Il Team Ninja fu appositamente creato da Itagaki per sviluppare il brand di Dead or Alive, mantenendo le sue radici culturali e videoludiche ben salde. Innanzitutto il livello di tecnicismo richiesto ai giocatori, mediamente più alto del normale. Poi, l'obbligo di sfruttare al massimo l'hardware sul quale sviluppavano.

Itagaki in una vecchia intervista dichiarò di ricordarsi il numero esatto dei poligoni di ogni personaggio di Dead or Alive: Kasumi era composta precisamente da 550 poligoni. Segno che, evidentemente, all'epoca in cui fu originariamente sviluppato il gioco i limiti tecnici erano imprescindibili dalla realizzazione delle loro idee. Eppure il loro gioco spingeva sotto il profilo grafico come pochi altri. Team Ninja era addirittura riuscito a far funzionare il famigerato effetto del "seno ballonzolante", animazione che suscitò molta curiosità da parte del grande pubblico maschile. Potrebbe sembrare una sciocchezza, ma fu una conquista tecnica notevole.

Perfezione tecnica

Il primo piano di uno dei personaggi più amati di Dead or Alive, ovvero Kasumi
Il primo piano di uno dei personaggi più amati di Dead or Alive, ovvero Kasumi

Itagaki e il suo staff hanno sempre avuto fama di saper sfruttare al massimo gli hardware sui quali stavano lavorando. Fu così per il primo Dead or Alive, sviluppato sulla versatile e potente scheda coin-op SEGA Model 2 (la stessa di Virtua Fighter 2, Virtua Cop 2, Virtua Striker e tanti altri), ma anche le conversioni domestiche per Saturn e PlayStation avevano mostrato una qualità d'immagine, animazioni e complessità poligonale impressionante. Curiosità: per SEGA quella fu la prima volta che una propria scheda hardware fu concessa in licenza verso altri sviluppatori.

Anche Dead or Alive 3, uscito in esclusiva assoluta sulla prima incarnazione di Xbox, rappresentava la massima qualità grafica raggiungibile per l'epoca.

Dal punto di vista del gameplay, Itagaki ebbe il giusto estro di saper sfruttare alcune delle migliori caratteristiche dei picchiaduro di maggior successo dell'epoca, ma innestando in Dead or Alive una propria anima ben definita e forte.

La critica inizialmente pose l'accento sulle tante somiglianze con il ben più famoso Virtua Fighter, classificandolo come ennesimo clone ed esperimento. La realtà invece mostrò presto un gioco profondamente diverso, solo apparentemente accostabile al capolavoro SEGA. Dead or Alive poneva l'accento sulla velocità e la reazione del giocatore agli attacchi avversari tramite contromosse, diventate nel tempo il suo marchio di fabbrica distintivo. Un vero e proprio gioco basato su azione e reazione, all'interno di un sistema triangolare che ricordava molto una sorta di morra cinese in versione picchiaduro. Nella caratteristica giocabilità della serie erano stati quindi inseriti i classici colpi come calci e pugni, bloccabili con le relative contromosse, le prese, contrastate dai colpi e le proiezioni che venivano annullate proprio dalle prese. Una grande enfasi era stata data alla possibilità di effettuare combo in sequenza, regalando a Dead or Alive il suo tipico ritmo velocissimo e frenetico.

Cosa introduceva Dead or Alive nel suo genere

Una scena del gameplay del primo DOA
Una scena del gameplay del primo DOA

Se il sistema "triangolare" di Dead or Alive rappresentava una piacevole variante, è altrettanto vero che nella serie erano state introdotte vere e proprie novità assolute per il mondo dei picchiaduro. Una di questa era la famosa "danger zone". Si trattava di una parte del ring esterna ricca di trappole ed esplosivi che aveva la funzione di far saltare in aria l'avversario o stordirlo. Questa caratteristica è stata poi nel tempo ripresa, modificata e ampliata introducendo livelli dinamici, zone mobili o pendenti e punti dove potersi aggrappare.

Inutile dire che uno degli aspetti più apprezzati del gioco erano i personaggi, soprattutto quelli femminili. Itagaki aveva voluto una forte componente sexy in tutto il roster dei combattenti, compresi i personaggi maschili come Zack, Jann Lee e Bayman. Tralasciando il buon Gen Fu un po' avanti con l'età, possiamo affermare che praticamente tutti i protagonisti di Dead or Alive eccedevano nella sovraesposizione di muscoli e curve. Il fan service è sempre stato molto apprezzato dal pubblico nipponico e probabilmente non è un caso che la serie abbia raggiunto il suo massimo successo proprio entro le mura domestiche del Sol Levante.

Nel tempo DOA si è comunque saputo conquistare la sua fetta di pubblico inossidabile, in tutto il mondo. Per capire il suo successo basti pensare che i capitoli principali sono 6, ma esistono ben 29 titoli tra spin-off, versioni migliorate, edizioni aggiornate e altro. La serie Dead or Alive ha prodotto innumerevoli prodotti di merchandise, colonne sonore, gadget e persino un discutibilissimo film hollywoodiano con Devon Aoki e la cantante Holly Valance nei panni di Christie (apparsa dal terzo capitolo).

La formazione di Itagaki e il Team Ninja

Un primo piano del creatore della serie, Tomonobu Itagaki
Un primo piano del creatore della serie, Tomonobu Itagaki

La storia di Dead or Alive viaggia parallela a quella del suo creatore Tomonobu Itagaki. Ingaggiato da Tecmo in piena epoca Super Famicom/Megadrive, Itagaki si mette a lavorare sul gioco Tecmo Bowl insieme al "guru" Akiko Shimoji, creatore della serie, e Yoshiaki Inose, già autore dei Ninja Gaiden per NES. E con tutta probabilità, proprio da quest'ultimo egli iniziò a imparare e affinare le sue abilità da game designer e sviluppò quel modo di concepire i videogiochi come pura forma d'intrattenimento. Itagaki prese le distanze dai primi tentativi dell'epoca di creare esperienze ludiche non necessariamente unite a una profonda e raffinata interazione con il joypad, ma piuttosto a una narrazione più profonda, rimanendo legato fortemente a un concetto di giocabilità più ludico e immediato.

Dallo sviluppo di Tecmo Bowl si "portò via" tanti giovani talentuosi, spesso al primo lavoro, come Takeshi Kawaguchi, uno dei pochi programmatori che seguirà Dead or Alive in tutti i capitoli successivi. Anche l'amico programmatore Hiroaki Ozawa, conosciuto in quel momento storico, andrà a formare il famoso Team Ninja chiamato a risollevare le sorti della moribonda azienda giapponese. Ozawa divenne poi capo programmatore nel secondo DOA, il capitolo della consacrazione, e direttore di Devil's Third (ultimo gioco di Itagaki).

Dead or Alive secondo l'Itagaki pensiero

una carrellata di alcune protagoniste femminili di Dead or Alive
una carrellata di alcune protagoniste femminili di Dead or Alive

Tomonobu Itagaki si è sempre dimostrato uno degli sviluppatori più aperti al mercato occidentale, in tutte le sue forme. Ne è testimonianza anche la stretta collaborazione con Microsoft per l'esclusiva assoluta del terzo capitolo di Dead or Alive arrivato sulla prima Xbox, un fatto piuttosto inusuale per uno sviluppatore giapponese, se pensiamo anche all'epoca storica e alla diffidenza generale verso l'ingresso a gamba tesa degli americani nel mercato console. Il pensiero di Itagaki sui videogiochi dell'epoca descrive bene la sua filosofia. Arrivò a criticare apertamente e pubblicamente titoli come Metal Gear Solid 2 e Final Fantasy X, capisaldi dell'industria nipponica e grandi successi dell'epoca, solo per un preciso motivo.

Secondo Itagaki, infatti, questi giochi non erano sufficientemente interattivi. Ecco, proprio l'interazione tra utente e joypad, se vogliamo la pura giocabilità, è sempre stato il suo pallino fisso fin dai primi passi nello sviluppo di Dead or Alive. Non parliamo della raffinatezza o della pulizia di game designer, il marchio di fabbrica di Miyamoto di Nintendo (che per altro aveva espresso concetti simili), ma piuttosto di una versione dark e rock dello stesso, intrisa di contenuti più adulti e maturi, una spinta sessualizzazione dei proprio personaggi e la concezione della violenza come mezzo (e non fine) per rendere la sua arte visiva spettacolare e divertente.

Quale futuro per la serie?

Un combattimento di Dead or Alive 6
Un combattimento di Dead or Alive 6

Nonostante la dipartita di Itagaki da Tecmo, Dead or Alive ha continuato a vivere grazie a game director come Yohei Shimbori, che recentemente ha annunciato anch'egli l'addio dalla compagnia. Dopo Dead or Alive 4, infatti, la serie ha assistito a un forte declino di pubblico e considerazione da parte della critica. Complice un sistema di microtransazioni spinto alla follia, la definitiva presa di posizione contro i contenuti sessualmente espliciti e una direzione non propriamente eccelsa, il supporto del team al sesto capitolo è cessato nel 2020.

Il settimo capitolo, annunciato proprio all'E3 2021, è previsto sulle console di nuova generazione e (forse non è un caso) sarà un reboot della serie che prenderà in considerazione i primi tre videogiochi. Incrociamo le dita, e per adesso tanti auguri a Dead or Alive!