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Dungeons, Draghi e Pixel: come D&D e videogiochi GDR si sono evoluti e contaminati insieme

Dalla carta allo schermo e ritorno: l'influenza reciproca tra il gioco di ruolo più famoso di sempre e il mondo dei videogiochi GDR.

SPECIALE di Simone Lelli   —   04/01/2025
Non può mancare un drago in una poderosa illustrazione di Dungeons & Dragons

Il mondo dei media e dell'intrattenimento è, come ormai sappiamo, un insieme di continue contaminazioni: con tutta probabilità ad oggi non avremmo molti dei videogiochi, dei film e delle serie che amiamo se un media non avesse contaminato l'altro, in modo diretto o indiretto, volontariamente o in modo involontario. Oggi parliamo di una delle contaminazioni originarie, una di quelle che ha davvero cambiato il videogioco, rendendolo ciò che conosciamo, soprattutto se parliamo del genere GDR. Se infatti abbiamo modo di giocare a titoli come The Witcher 3: Wild Hunt, Baldur's Gate 3 o addirittura Elden Ring, è proprio grazie anche a Dungeons & Dragons, uno dei primi giochi di ruolo che negli ultimi anni è tornato in auge.

È facile dire che D&D ha dato la possibilità ai videogiochi GDR di nascere, ma se guardiamo bene, il filo che collega queste due realtà non è mai stato a senso unico, bensì più volte i due si sono scambiati consigli, suggerimenti e idee indirettamente, portandoci ad avere oggi un'iterazione di Dungeons & Dragons molto ben fatta e una serie di videogiochi GDR meravigliosi.

La Nascita di D&D e l’influenza sui videogiochi GDR

Tutto è iniziato nel 1974, quando Gary Gygax e Dave Arneson hanno pubblicato Dungeons & Dragons, un gioco che usciva fuori dai canoni del gioco da tavolo in virtù del fatto che si trattava di un'esperienza collaborativa, dove i giocatori assumevano il ruolo di personaggi immaginari e affrontavano avventure guidati da un Dungeon Master. Dove la sfida di un gioco da tavolo spesso vedeva un contrasto tra i giocatori e un obiettivo che coincideva con la vittoria, stavolta invece la collaborazione era necessaria per creare delle storie avvincenti, con un sistema fatto di dadi che rendeva tutto più aleatorio, e di conseguenza dava la possibilità di giocare con un'improvvisazione ante litteram.

Un guerriero combatte contro un Drago Rosso.
Un guerriero combatte contro un Drago Rosso.

Mentre D&D prendeva piede, l'industria del videogioco cercava di conseguenza di replicare tale esperienza unica: nascono così Dungeon nel 1975 e Colossal Cave Adventure nel 1976, giochi testuali che davano ai giocatori l'opportunità di esplorare intricati labirinti, affrontare temibili mostri e risolvere ingegnosi enigmi. Successivamente arrivarono poi Rogue nel 1980 e Ultima nel 1981, due giochi che inserivano rispettivamente il dungeon crawling e trame più complesse, due dinamiche che in D&D riuscivano a dare il meglio e che ora si trovavano anche in dei videogiochi.

Proprio il dungeon crawling prese subito piede nei videogiochi: il fatto di poter dare al giocatore nemici da affrontare, trappole da risolvere e premi da trovare si sposava molto bene con un lavoro fatto su statistiche e dati del personaggio che potevano far variare gli esiti degli incontri. Nasce quindi Wizardry nel 1981, che inseriva in modo intelligente la gestione di un gruppo di avventurieri, cosa che in D&D era coordinata in modo naturale mentre nei videogiochi necessitava di qualche rifinitura. In questo periodo si inizia ad inserire all'interno dei videogiochi un'altra dinamica interessante, la parte legata alle abilità: il videogioco ovviamente faceva tutto in automatico, ma a priori il poter avere un personaggio capace di progredire come su D&D rendeva l'esperienza del gioco di ruolo qualcosa di eccezionale.

Uno screenshot di Wizardry.
Uno screenshot di Wizardry.

Nonostante le molte caratteristiche importate, il videogioco mancava ancora sia della collaborazione tra giocatori, sia della narrazione aperta, una cosa che dentro ad un computer non poteva di certo essere svolta al meglio (o affatto). Eppure, come avviene sempre, questi limiti naturali portarono ad un'evoluzione che, negli anni successivi, avrebbe di sicuro cambiato D&D com'era all'epoca.

L’influenza dei videogiochi sui giochi di ruolo cartacei

Saltando intorno agli anni '90 e ai primi anni 2000, i videogiochi GDR avevano raggiunto un livello di complessità narrativa mai visto in precedenza. Titoli come Final Fantasy, The Elder Scrolls e Baldur's Gate (titolo preso dall'omonima città delle Forgotten Realms, ambientazione di D&D), proprio grazie al limite dato dal fatto che la narrazione era più veicolata ma la libertà di rendere il personaggio rimaneva, portarono su schermo storie coinvolgenti e scenari epici che arrivavano a superare l'esperienza del classico D&D. Questo fenomeno da un lato accresceva le aspettative verso la qualità narrativa dei videogiochi, dall'altro stimolava i GDR cartacei a competere per eguagliarne o persino superarne il livello. Diventavano più importanti i colpi di scena, la narrativa dietro ai vari momenti si arricchiva di dettagli e le relazioni tra i personaggi non erano più monodimensionali.

Baldur's Gate Enhanced Edition.
Baldur's Gate Enhanced Edition.

Dungeons & Dragons fino ad allora aveva quindi proseguito sulla sua strada, con una versione Advanced ancora più ricca e una terza edizione, poi diventata 3.5, che aveva davvero messo d'accordo tutti i giocatori dell'epoca. Tutti i giocatori di GDR cartacei, non tutti i videogiocatori. Per questo nel 2008 nacque la Quarta Edizione, un tentativo di integrare elementi tipici dei videogiochi nella struttura tradizionale del gioco cartaceo. Le classi erano più bilanciate, i personaggi potevano essere personalizzati seguendo delle regole e il combattimento si basava più abilità che sul giocare di ruolo. Di base, era come avere un GDR cartaceo ispirato ad un MMORPG, dando più spazio alla suddivisione di ruoli tra tank, DPS e healer - riprendendo questo da World of Warcraft.

Nonostante il tentativo, la reazione dei fan fu contrastante: da un lato molti apprezzavano la precisione e la facilità del combattimento, ma dall'altro si vedeva una perdita del lato narrativo, punto di forza di D&D che il videogioco non riusciva a raggiungere. Dove il videogioco aveva sopperito a delle mancanze reinventandosi dove poteva eccellere, il gioco di ruolo era caduto nella trappola del voler sfidare l'altro medium giocando fuori casa. Per questo motivo, mentre la quarta edizione provava a trovare un suo linguaggio, nacquero giochi come Pathfinder nel 2009 da Paizo Publishing, che prendeva l'edizione 3.5 di D&D e la aggiornava, di fatto migliorandone alcuni tratti e proponendo quella che tra i fan era conosciuta come 3.75.

Un artwork di Pathfinder.
Un artwork di Pathfinder.

Nonostante questo, la 4e di D&D ha avuto il pregio di portare molti giocatori che all'epoca amavano alla follia i videogiochi GDR magari non sapendo nemmeno da dove provenisse quella ricercatezza di fondo nella narrativa e nella crescita del proprio personaggio. Inoltre, la 4e dimostrò quanto profondamente i videogiochi avessero influenzato il panorama dei giochi di ruolo cartacei, evidenziando come i limiti di uno o dell'altro dovessero rimanere tali, in quanto differenze capaci di renderli unici.

Dalla Quinta Edizione al digitale moderno

La Quinta Edizione è stata una rinascita di D&D, uno dei motivi per cui il gioco è esploso ed è diventato così riconosciuto come lo è oggi. Dopo le critiche alla 4e, i designer ripresero le radici del gioco, semplificarono un po' le regole per mantenere alta l'accessibilità e rimisero al centro di tutto l'immaginazione e l'interazione tra i giocatori. Tutto questo venne fatto senza cancellare ciò che di buono c'era stato nella 4e, ma di tutto ciò che rese questa nuova edizione qualcosa di eccezionale fu la sua apertura a un pubblico più generalista. Ecco allora che le schede diventarono più facili da compilare, gli strumenti in rete dei validi alleati per creare i propri personaggi e ad aiutare persino i Dungeon Master, delle avventure modulari in grado di adattarsi a semplici sessioni di una volta sola, o ad avventure più longeve.

Tasha l'arcimaga.
Tasha l'arcimaga.

Nel frattempo il videogioco non era rimasto con le mani in mano: il concetto di progressione del personaggio, introdotto per la prima volta con i livelli e i punti esperienza di D&D, venne così adottato in giochi d'azione, sparatutto e persino platform. Titoli come Dark Souls prendevano ispirazione dalle meccaniche di D&D per creare mondi pieni di lore e personaggi enigmatici, giochi come Dragon Age e Mass Effect ponevano nelle scelte una dinamica fondamentale per far avanzare la trama, giochi come Borderlands utilizzavano loot system e alberi delle abilità per richiamare le dinamiche del gioco di ruolo tradizionale. Anche in generi apparentemente distanti come i MOBA, classi e archetipi di D&D andavano a plasmare la costruzione di personaggi.

È però con titoli come The Witcher 3: Wild Hunt ed Elden Ring che l'esperienza del videogioco diventavapiù aperta, con mondi da poter esplorare e vivere come nelle avventure di D&D. Se poi a tutto questo aggiungiamo esperienze come Divinity: Original Sin 2 e Baldur's Gate 3, titoli che davvero affondano le loro radici in Dungeons & Dragons, allora è chiaro come il videogioco sia riuscito, senza preoccuparsi dei propri limiti, a prendere il meglio di D&D e a trasporlo dentro a delle perle videoludiche che tutt'oggi fanno parlare di sé.

La cover art di Baldur's Gate 3.
La cover art di Baldur's Gate 3.

Un altro elemento che va preso in considerazione è senza dubbio la digitalizzazione arrivata con la 5e: gli strumenti digitali che da tempo esistevano, ora trovavano molto spazio dentro alle sessioni di D&D. Piattaforme di Virtual TableTop (VTT) come Roll20, Foundry e D&D Beyond semplificavano le partite dando più fluidità all'esperienza, lo stesso meccanismo che aveva fatto brillare GDR come Final Fantasy e Baldur's Gate all'epoca. Ad accelerare poi il tutto, la pandemia di COVID-19, che bloccando le persone a casa rese necessario l'utilizzo di sistemi virtuali per poter giocare le proprie sessioni.

Il plauso che va dato alla 5e è quello di esser riuscito a prendere entrambi i target visti prima: i fan che odiavano la 4e ritrovarono nella 5e uno spazio più ampio dove giocare, mentre i nuovi appassionati avvicinati dalla 4e non ci misero tanto ad adattarsi a queste nuove vecchie regole, più semplici di prima ma egualmente divertenti da provare sul tavolo da gioco.

Un ciclo di influenza reciproca

L'interazione tra Dungeons & Dragons e i videogiochi di ruolo rappresenta una delle collaborazioni più affascinanti nella storia dell'intrattenimento. In un mondo dove la contaminazione tra media ha portato a delle cose eccezionali, a partire da serie animate a videogiochi mastodontici come il già citato più volte Baldur's Gate 3, quella tra D&D e i videogiochi prosegue, fortunatamente. Da un lato successi come Critical Role hanno dimostrato che una piattaforma come Twitch, nata per i videogiochi, può essere usata per portare delle Actual Play: sessioni di gioco in live che non catturano gli spettatori perché sono uno show, ma proprio perché rendono partecipe della giocata al tavolo anche chi si trova a casa. Dall'altro, i videogiochi hanno dimostrato come l'esperienza ludica può diventare collaborativa, lo storytelling può diventare personalizzato in base alle scelte e un gioco può diventare un'esperienza unica capace di smuovere dei sentimenti nel cuore di chi tiene il pad in mano.

The Legend of Vox Machina, serie animata su Prime Video che racconta le vicende giocate da Critical Role.
The Legend of Vox Machina, serie animata su Prime Video che racconta le vicende giocate da Critical Role.

Guardando al futuro, il rapporto tra D&D e i videogiochi di ruolo promette di evolversi ancora, senza dubbio. Tecnologie come l'intelligenza artificiale e la realtà virtuale si stanno inserendo dentro alle sessioni di gioco, non come mezzi fatti per defraudare qualcuno della propria arte, ma come strumenti da poter usare per facilitare il lavoro del Dungeon Master, dandogli più spazio di manovra. Questo legame indissolubile continuerà a plasmare entrambi i mondi, invitando i giocatori a esplorare nuove frontiere, che si trovino intorno a un tavolo fisico o davanti a uno schermo. In fin dei conti, il gioco di ruolo non è altro che questo: un'opportunità per vivere storie indimenticabili.