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Empatia e videogiochi, come migliorare i rapporti umani attraverso l'arte digitale

Affermare che i videogiochi siano un linguaggio in grado di rendere violente le persone è, semplicemente, una menzogna. Anzi: i videogiochi hanno tutto il potenziale per contribuire a potenziare l'empatia dei giocatori.

SPECIALE di Luca Mazzocco   —   10/01/2025
Due giocatori in Journey

Che cos'è l'empatia? Secondo l'università di Berkeley "Greater Good Science Center" la definizione di empatia può essere divisa in due parti. Da un lato abbiamo la capacità di percepire e comprendere le emozioni di un altro individuo. Dall'altro quello di immedesimarsi nelle altre persone per riuscire a percepire il loro stato d'animo. La fusione di questi due aspetti dovrebbe (il condizionale è d'obbligo) dare vita a una sana gestione dei rapporti interpersonali. Una gestione che va coltivata sin dalla tenera età e che male si sposa con quell'egocentrismo tipico della società moderna, potenziato dai social che ci illudono di essere al centro dell'universo.

Con un pizzico di empatia in più, infatti, il mondo attuale sarebbe sicuramente un posto migliore.

Secondo gli studi degli psicologi americani Nancy Eisenberg e Daniel Batson, infatti, le persone più empatiche sono maggiormente propense ad aiutare gli altri e a essere più tolleranti. Questo non solo ha impedito la nascita di bullismo nei gruppi di ragazzini presi in esame, ma ha dimostrato anche un netto calo di atteggiamenti razzisti o aggressivi. Ma cosa ha a che fare questo discorso con i videogiochi? Semplice: negli ultimi anni sono state fatte delle ricerche che hanno dimostrato come il lessico videoludico riesca a veicolare l'empatia e a instillarla in un pubblico trasversale. Non importa che si tratti di bambini, adolescenti o adulti. I videogiochi hanno il potenziale per renderci persone migliori mettendoci al centro dell'esperienza, ma in relazione con il mondo che ci circonda.

Cosa sono i neuroni specchio?

Nonostante nel mondo della psicologia si senta spesso parlare di "neuroni specchio" non è assolutamente scontato che la maggior parte delle persone ne conosca l'effettiva definizione. I neuroni specchio sono una tipologia di motoneuroni (neuroni che mettono in contatto il sistema nervoso centrale con i muscoli) che si attiva involontariamente quando l'individuo osserva le azioni compiute da un altro soggetto. Si tratta di neuroni osservati sia nei primati che negli esseri umani e che, secondo i più grandi studiosi, sono alla base dell'evoluzione del linguaggio.

Come dimostrato dal ricercatore Marco Iacoboni, questi neuroni specchio si attivano anche quando interagiamo con altre persone. Questo ci permette di imitare (inconsciamente o meno) atteggiamenti altrui, immedesimandoci nelle altre persone. Questa comprensione e immedesimazione non è altro che l'empatia. I neuroni specchio ci permettono inoltre di capire l'intenzionalità delle situazioni. Vedere il modo nel quale un ragazzo porge una tazza di tè alla propria fidanzata ci permette di intuire il rapporto tra i due. Un semplice gesto, ma che nasconde qualcosa di molto più complesso e che ci permette di allenare la nostra "intelligenza emotiva", ovvero la capacità di riconoscere e comprendere le emozioni.

Comprendere le emozioni tramite i videogiochi

Esistono decine di videogiochi in grado di stimolare l'empatia delle persone. Alcuni di essi lo fanno tramite una narrativa emozionante che ruota attorno a personaggi complessi e sfaccettati. Altri, invece, tramite la diretta interazione tra i giocatori, "costretti" a collaborare o a confrontarsi per raggiungere specifici obiettivi. In ogni caso, ci troviamo di fronte a opere in grado di allenare l'emotività delle persone.

Basti pensare a Crystals of Kaydor, titolo sviluppato all'interno dell'Università del Wisconcin-Madison con lo scopo di addestrare quella che viene definita "intelligenza emotiva". La trama ci mette nei panni di un giovane robot appena approdato in un pianeta sconosciuto, popolato da alieni incapaci di parlare la nostra lingua. Le loro espressioni facciali, però, riescono a rappresentare alla perfezione le varie emozioni, costringendo così il giocatore a comprendere le intenzioni delle varie "creature". Solo così, infatti, potrà ottenere la fiducia degli abitanti del posto e riuscire a mandare un messaggio alla Terra per tornare a casa. Dopo vari test fatti dall'università, è emerso che le connessioni tra i neuroni specchio e le aree del cervello legate alle emozioni dei soggetti coinvolti nell'esperimento si siano rafforzate. Un risultato estremamente interessante, che rende tangibile il potenziale dei videogiochi.

Se Crystals of Kaydor nasce a scopo "didattico", non pensate che non esistano titoli più "commerciali" in grado di ottenere i medesimi risultati. Basta pensare a capolavori come Journey, titolo sviluppato nel 2012 da Thatgamecompany e dal forte valore emozionale. Nel gioco creato da Jenova Chen ci troviamo nei panni di un misterioso viaggiatore con lo scopo di raggiungere un'alta montagna dall'altra parte del deserto. Per compiere la nostra impresa dovremo però risolvere l'enigma del nostro passato e, soprattutto, relazionarci con i pochi nostri simili sulla mappa. La comunicazione, in questo caso, non avviene tra scambi di battute, bensì tramite il canto. Un po' sulla scia della "via dei canti" australiana, dovremo quindi sfruttare l'empatia per capire quale direzione intraprendere lungo il nostro cammino.

It Takes Two è un titolo che punta fortemente sull'empatia e, nello specifico, sul rapporto di coppia
It Takes Two è un titolo che punta fortemente sull'empatia e, nello specifico, sul rapporto di coppia

Per non parlare poi di Papers, Please, opera del 2013 ideata da Lucas Pope con lo scopo di mettere il giocatore in seria difficoltà. Ci troveremo a interpretare un ispettore di frontiera addetto al controllo immigrazione dello Stato di Arstotzka, caratterizzato da un rigido regime comunista. Controllando i documenti di coloro che vogliono entrare nel Paese ci troveremo di fronte a scelte dai risvolti drammatici. Scelte che possono portare beneficio al nostro alter-ego digitale a discapito della felicità altrui, o che ci permettono di aiutare gli altri esponendo la nostra stessa famiglia al pericolo di ripercussioni. Anche in questo caso il giocatore è costantemente costretto a giocare con l'empatia, prendendo decisioni nei confronti di personaggi virtuali, ma che inevitabilmente finiscono per intaccare il proprio spirito. Perché è questo che fanno i videogiochi: permettono al pubblico di riflettere su sé stesso attraverso mondi fittizi, costringendolo a provare emozioni reali con possibili conseguenze nel quotidiano.

A scuola di empatia

Secondo uno studio pubblicato dall'American Journal of Clinica Hypnosis, i Giochi di Ruolo come The Elder Scrolls V: Skyrim, Divinity: Original Sin 2 o Baldur's Gate 3 sono un'ottima base di partenza per comprendere le emozioni altrui. Dopotutto i giocatori di questa specifica tipologia di titoli hanno costantemente a che fare con Personaggi Non Giocanti bisognosi di aiuto o con situazioni che prevedono l'abilità di leggere l'ambiente circostante per evitare di prendere decisioni dalle pesanti ripercussioni. Che si decida di scegliere la strada del bene o del male non ha alcuna importanza, dato che il gioco in questione ci permette di testare in un ambiente sicuro determinate reazioni. Reazioni che saranno sì fittizie, ma specchio di una ipotetica società costruita sui vari personaggi.

La rappresentazione cromatica delle emozioni di Life is Strange: True Colors è molto interessante, ma ci aspettavamo di più dal titolo sviluppato da Deck Nine
La rappresentazione cromatica delle emozioni di Life is Strange: True Colors è molto interessante, ma ci aspettavamo di più dal titolo sviluppato da Deck Nine

Discorso molto simile anche per i giochi che vantano una narrazione interattiva e una natura più guidata. Titoli come Heavy Rain, Detroit: Become Human e il The Walking Dead di Telltale Games, nei quali il giocatore contribuisce in modo attivo allo sviluppo della storia, prendendo così delle decisioni che portano a inevitabili conseguenze. Impossibile dimenticare, a questo proposito, il terzo capitolo di Life is Strange. Un capitolo che ruota interamente attorno all'empatia e ai dialoghi tra Max e Chloe, mettendo così il giocatore in una situazione davvero pesante e nella quale applicare al meglio quella "intelligenza emotiva" citata già più volte all'interno dell'articolo.

L'esperimento di GTA 5

Quante volte avete sentito i media generalisti dire che i videogiochi rendono violente le persone? Quante volte Grand Theft Auto è stato utilizzato come capro espiatorio per situazioni drammatiche che con il mondo videoludico hanno ben poco a che fare? Ebbene, grazie a uno studio di inizio 2024 pubblicato su eLife è emerso che giocare ai videogiochi violenti non riduce minimamente l'empatia nei videogiocatori.

Lukas Lengersdorff, dottorando presso l'Unità di Neuroscienze Sociali, Cognitive e Affettive dell'Università di Vienna e autore dello studio, ha messo in piedi un esperimento. 89 giocatori con poca (o nessuna) conoscenza riguardo i videogiochi sono stati divisi in due gruppi ed è stato chiesto loro di giocare a due differenti versioni di Grand Theft Auto V. La prima con l'obiettivo di uccidere il maggior numero di PNG possibile. La seconda con lo scopo di svolgere attività non violente come fotografare i personaggi ed esplorare la mappa di gioco. Tenuti costantemente monitorati nelle due settimane di test attraverso sessioni di risonanza magnetica funzionale, i ricercatori hanno così potuto misurare le risposte empatiche alle azioni dei giocatori. Il risultato? Nessuna differenza tra il prima e il dopo l'esperimento. Il team capeggiato da Lengersdorff non ha riscontrato alcuna diminuzione delle risposte empatiche al dolore dei PNG o una riduzione delle reazioni emotive alle uccisioni violente.

Magari non una prova schiacciante, ma l'ennesima conferma che allontana la correlazione tra violenza e videogiochi.

Come imparare l'empatia dai videogiochi

Ci sono però altri modi di imparare l'empatia dai videogiochi. Alcuni di essi sono simili a quelli presenti anche in altri media, come il cinema. Vivere trame drammatiche o dalla narrativa particolarmente curata può infatti attivare i neuroni specchio, contribuendo così a rafforzare il proprio spirito. È il caso di opere come Death Stranding e la sua riflessione sulla morte, oppure di Metal Gear Solid e il rapporto tra l'uomo e la guerra. Persino horror come Silent Hill 2 o Layers of Fear permettono al giocatore di vivere "sulla propria pelle" personaggi complessi e storie memorabili. Per non parlare delle reazioni realistiche dei vari personaggi di The Last of Us Parte II, che sfiorano in più di un'occasione il realismo. In tutti questi casi stiamo parlando di esperienze coinvolgenti, che lasciano uno strascico (più o meno grande) nella psiche di chiunque decida di viverle pad alla mano.

Bioshock ci ha insegnato a provare empatia anche nei confronti delle piccole bambine sparse per tutta Rapture
Bioshock ci ha insegnato a provare empatia anche nei confronti delle piccole bambine sparse per tutta Rapture

Abbiamo infine i titoli multigiocatore, all'interno dei quali gli utenti si trovano "obbligati" a interagire con i propri compagni. I ricercatori dell'Università di Innsbruck hanno dimostrato che giocare insieme ad altre persone aumenta l'empatia verso chi ne ha bisogno. Che si tratti di guarire un compagno ferito o di farsi avanti per evitare che subisca dei danni poco cambia: questo atto contribuisce a evitare che accada qualcosa di male ai propri alleati, permettendo allo stesso tempo alla squadra di non subire perdite e avvicinarsi così alla vittoria. La conseguenza è logica: fai del bene ai tuoi alleati e il mondo nel quale vivi sarà un posto migliore. Questo è possibile solamente se il giocatore si trova coinvolto dal titolo in questione. Solo in quel caso, infatti, avrà la percezione che le proprie azioni possano cambiare le sorti della partita. Un'affermazione che può sembrare banale, ma che in realtà è alla base del termine "empatia", che deriva dalla parola greca "empátheia". Parola composta da "en", "dentro", e "pathos", "sentimento" e che veniva utilizzata a teatro per indicare proprio quella partecipazione che legava l'autore in scena al suo pubblico.

Essere persone migliori - Obiettivo sbloccato

Come abbiamo già avuto modo di affermare: l'empatia è alla base dei rapporti umani e i videogiochi sono uno dei linguaggi con il potenziale maggiore per stimolare la mente e l'anima di coloro che decidono di affidarsi a essi. La strada per diventare "esseri perfetti" è ovviamente ancora molto lontana, ma per il momento dovremmo tutti accontentarci di diventare "persone migliori". Persone in grado di comprendere noi stessi e chi ci circonda, cercando di immedesimarci nel prossimo e di non trarre godimento dalle sofferenze altrui.

Un'affermazione vera anche quando si parla di videogiochi, un linguaggio che dovrebbe unire e non dividere. Che si tratti di utenti dai gusti differenti, di sviluppatori incapaci di soddisfare le nostre (sempre più grandi) aspettative o aziende dalle scelte commerciali poco sensate poco importa. Dovremmo tutti prendere lezioni di empatia e rafforzare la nostra intelligenza emotiva, evitando così la diffusione di odio, rabbia e dolore. Un risultato raggiungibile un giorno alla volta,, ma che porterà inevitabilmente a un futuro migliore.