Di First Playable Fund abbiamo parlato già in alcune occasioni: quando è stato annunciato, in prima battuta, e con la sottosegretaria al MISE Mirella Liuzzi, durante una puntata del Corto Circuito. Nei giorni scorsi abbiamo però appreso come un emendamento potrebbe mettere a rischio questo importante strumento utile all'industria dei videogiochi in Italia. Una brutta notizia che ha portato come reazione, tra le altre cose, all'apertura di una raccolta firme dedicata. Per fare il punto della situazione e per capire quello che sta accadendo ne abbiamo parlato con Mauro Fanelli, rappresentante dei soci Developer di IIDEA, e con Adriano Bizzoco, Public Affairs Manager di IIDEA.
Prima di entrare nella discussione di quello che sta succedendo, potete ricordarci cos'è il First Playable Fund e perché è importante?
Il First Playable Fund è il primo atto concreto di sostegno al settore dello sviluppo video giochi da parte dello Stato. Sì tratta di un fondo con una dotazione iniziale di 4 milioni di Euro istituito presso il MISE, il Ministero dello Sviluppo Economico, mirato a co-finanziare al 50% la produzione di prototipi con stanziamenti che vanno dai 10.000€ ai 200.000€.
La misura è particolarmente importante per il settore perché sostiene gli sviluppatori in una fase critica, quella della pre-produzione e sviluppo dei prototipi, dando la possibilità da un lato di contenere i rischi, e dall'altro di poter produrre prototipi di più alta qualità da proporre a publisher e partner per ricevere ulteriori finanziamenti.
Il settore in Italia è composto principalmente da micro imprese che normalmente auto-finanziano le proprie produzioni, quindi poter ottenere un co-finanziamento nelle fasi iniziali di concezione di un nuovo video gioco è fondamentale.
Il fondo è ispirato ad altri fondi analoghi esistenti per esempio in Francia e nel Regno Unito, due paesi dove questa misura è stata particolarmente efficace.
Per chi non è addentro alla politica, com'è possibile che una cosa venga prima annunciata e poi rimessa in discussione?
In realtà quanto sta avvenendo è piuttosto comune all'interno delle dinamiche parlamentari e riguarda in generale il sistema con cui i decreti legge vengono prima emanati dal Governo e poi convertiti in legge dal Parlamento. Nel caso specifico, dopo l'approvazione in Consiglio dei Ministri del DL Rilancio e l'istituzione del First Playable Fund presso il MISE, come previsto dall'art. 38, commi 12-18, il testo del decreto ha intrapreso il suo iter parlamentare di conversione in legge, raccogliendo attorno a sé migliaia e migliaia di emendamenti destinati a essere esaminati, discussi e votati (o ritirati) in Commissione Bilancio della Camera. È bene sottolineare come, nel corso dell'iter di conversione in legge, i singoli parlamentari hanno sempre la facoltà di proporre emendamenti che vanno a modificare il testo base di un decreto, e questo è precisamente ciò che è accaduto con l'emendamento 38.32, a prima firma Madia (PD), che propone l'abrogazione del nostro fondo.
Di fatto quello che è accaduto è che una parlamentare ha proposto una modifica del testo del decreto, evidentemente contro il parere del MISE che lo ha proposto in prima battuta, e quanto stabilito dal Governo che, in sede di Consiglio dei Ministri, ha convenuto sull'opportunità di introdurre la misura nel testo del decreto-legge.
Per quello che potete aver capito, quali sono le ragioni dietro all'emendamento che mette a repentaglio il First Playable Fund?
Ad oggi abbiamo avuto diverse interlocuzioni con parlamentari ed esponenti politici coinvolti nel processo, tra cui la stessa firmataria, on. Marianna Madia. Sappiamo che di base c'è un generale consenso sui contenuti della misura e sul riconoscimento del valore strategico del nostro settore. Quello che sembra essersi innescato, piuttosto, sembra un conflitto politico tra i partiti di maggioranza, che investe diversi punti del DL Rilancio, tra cui il nostro, e su cui è in corso un confronto molto serrato.
Ciò non toglie che, dal nostro punto di vista, il Governo e il Parlamento devono trovare una sintesi tra le varie posizioni in campo che tuteli le imprese che rappresentiamo e salvaguardi il First Playable Fund, perché giunti a questo punto, un passo indietro costituirebbe un danno incalcolabile per tutti: per le imprese che hanno bisogno di supporto per operare al meglio sul nostro territorio e per gli stessi esponenti politici protagonisti di questo processo.
Cosa chiedete che venga fatto?
Chiediamo che il Governo formalizzi un parere contrario sull'emendamento e che lo stesso venga ritirato o respinto dal voto della commissione.
Qualora l'emendamento dovesse passare, quindi qualora non ci dovesse essere il First Playable Fund, cosa avete intenzione di fare?
Metteremmo in campo nuove azioni per far ripartire al più presto il processo di implementazione di una misura di sostegno paragonabile al First Playable Fund. D'altronde la costruzione di una coalizione di policy makers in grado di riconoscere il valore strategico dell'industria dei videogiochi è una delle nostre attività principali, portata avanti giorno per giorno, e sappiamo di poter contare già su un sostegno trasversale nei partiti di maggioranza e opposizione attraverso il quale portare avanti le nostre proposte. Il punto è che per il momento siamo focalizzati sull'ottenimento di un outcome diverso da quello ipotizzato nella domanda e fino all'ultimo istante utile, continueremo a concentrarci su un solo risultato: il mantenimento del First Playable Fund.
Viceversa, qualora dovesse essere ritirato ci potrebbero essere altri ostacoli sulla sua strada? Quando e come verranno distribuiti i primi fondi?
Non vediamo altri ostacoli, tutt'altro. Abbiamo già intrapreso un lavoro di confronto sui contenuti del decreto attuativo con gli uffici del MISE - proprio mentre "esplodeva" il caso dell'emendamento Madia - e sappiamo che c'è una volontà comune molto netta di procedere con l'implementazione del First Playable Fund prima della fine dell'anno. Siamo molto preoccupati per la vicenda dell'emendamento, ma anche molto fiduciosi che il Governo possa tenere il punto, esprimendo una volontà politica chiara e solida.