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I giochi ambientati nel Giappone feudale

Giappone feudale e videogiochi: abbiamo scelto i più famosi titoli ambientati nel passato del Paese del Sol Levante

SPECIALE di Massimo Reina   —   10/07/2020

Il medioevo ha da sempre ispirato decine di opere di intrattenimento, compresi i videogame. Fedeli alla storia o conditi da elementi fantastici, di giochi ambientati in questa epoca in occidente e oriente, ne abbiamo visti tanti nel corso degli anni. Noi, in omaggio al prossimo Ghost of Tsushima, ne abbiamo selezionati una manciata collocati storicamente nel Giappone medievale e/o feudale, stilando una lista di quelli che riteniamo i più interessanti anche in funzione del tipo di gameplay.
Il tutto, come sempre, senza la pretesa di avere dalla nostra la ragione assoluta, ma solo per proporre alcune idee e stimolare il dibattito tra voi lettori. Ma bando alle ciance e cominciamo.

Kiki KaiKai (1987)

Il primo gioco della nostra lista è un titolo a cui chi scrive è particolarmente legato, ovverosia Kiki KaiKai. Questo videogioco arcade, sviluppato e pubblicato da Taito Corporation nel 1986, è stato infatti uno di quei cabinati "divora monetine", nonostante dalle nostre parti non riscosse inizialmente troppo successo. Ambientato in un Giappone feudale di tipo fantasy, il giocatore doveva controllare "Sayo-chan", una giovane miko (donne che nella tradizione lavorano presso i templi shintoisti) impegnata a lottare contro orde di spiriti e mostri della mitologia giapponese. Obiettivo finale, liberare le Sette Divinità della Fortuna e porre fine all'invasione. Divertente, con una grafica colorata e personaggi del folclore locale ben disegnati, con un azzeccato stile deformed, Kiki KaiKai poteva definirsi uno sparatutto, col personaggio inquadrato dall'alto che poteva lanciare incantesimi e oggetti in otto direzioni differenti. In Giappone fu il secondo cabinato di maggior successo del 1986.

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Samurai Shodown (1993)

Samurai Shodown è una delle serie più longeve e famose della storia dei videogiochi. Con i suoi sprite enormi e coloratissimi, ha saputo ritagliarsi uno spazio importante nell'universo dei picchiaduro 1Vs1 bidimensionali fin dal capostipite, tra i primi a modificare la struttura di gioco del Re del genere, ovverosia Street Fighter II, scegliendo un approccio differente al combattimento grazie all'uso delle armi, e introducendo nuovi effetti grafici e lo zoom durante le battaglie. I suoi personaggi, ispirati a figure giapponesi del 18° secolo, ma reinterpretati in chiave "anime" e bizzarra dai grafici di SNK, divennero protagonisti di una serie di titoli che di capitolo in capitolo rifinivano o aggiungevano meccaniche altamente tecniche, come quella che consentiva di disarmare l'avversario, le "fatality" in stile Mortal Kombat o il suicidio, che in Samurai Shodown 5 Special concludeva subito il round ma caricava al massimo la barra del Rage del giocatore che si era arreso, offrendogli un vantaggio in quello successivo. Queste meccaniche, insieme all'ambientazione storica e alle musiche relativamente autentiche del periodo, rendevano il picchiaduro SNK veramente unico.

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Bushido Blade (1997)

Rimanendo in tema di picchiaduro a incontri, stavolta però di stampo prettamente più simulativo, Bushido Blade è un gioco di combattimento senza fronzoli, dove non esistono limiti di tempo, superpoteri e combo ultra spettacolari. Si tratta "semplicemente" di un'opera dove due lottatori misuravano le proprie abilità in scontri tattici dove veniva richiesta una certa abilità nella tempistica di esecuzione, per attaccare o parare, e soprattutto nel padroneggiare adeguatamente l'arma in dotazione. Quest'ultima veniva selezionata da un corposo elenco che prevedeva, tra le altre, katane, nodachi, naginate (le famose lame inastate) e perfino enormi martelloni, tutte caratterizzate da una serie di parametri legati a lunghezza e peso, che influenzavano direttamente il gameplay. Ogni fendente poteva risultare letale, e se non uccideva l'avversario sul colpo, poteva comunque menomarlo, impedendogli di compiere certe azioni, come impugnare l'arma con due mani, e così via. Dulcis in fundo, la storia, i dialoghi e il finale, che cambiavano a seconda del personaggio scelto.

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Tenchu: Stealth Assassins (1998)

Tra le produzioni più famose sulla prima PlayStation, c'era Tenchu: Stealth Assassins. Il gioco, sviluppato dal piccolo team giapponese Acquire Corp, era una particolare avventura con visuale in terza persona rilasciata nel 1998 sotto etichetta Activision. Combinando elementi tipici della cultura feudale giapponese con elementi fantasy, Tenchu incentrava il suo gameplay sull'infiltrazione e l'azione silenziosa. Uno stile perfetto per un titolo dove bisognava interpretare un ninja a scelta tra l'esperto Rikimaru e la giovane e intraprendente Ayame, entrambi del clan Azuma, ottimi conoscenti dell'arte del ninjutsu, ma ciascuno poi dotato di proprie abilità. Nel gioco, infatti, venivano premiati la strategia e la tattica tipicamente da guerriglia e spionaggio praticata dagli shinobi, piuttosto che l'azione nuda e cruda, in una serie di missioni dove di volta in volta doveva ingegnarsi per raggiungere il suo obiettivo, che poteva essere l'uccisione di un particolare nemico o il recupero di un documento prezioso, cercando di evitare lo scontro faccia a faccia.

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Onimusha: Warlords (2001)

Ancora ninja e samurai in un medioevo nipponico fantasy. Onimusha conduceva infatti per mano il giocatore in un Giappone del XVI secolo dove personaggi reali, in buona parte presi dalla tradizione popolare del Paese del Sol Levante, si muovevano fianco a fianco con creature di fantasia sullo sfondo di avvenimenti storici dell'epoca Sengoku. Il gioco raccontava di Nobunaga Oda, un daimyō esistito davvero, che ritornava in vita grazie al potere dei Genma e del loro sovrano, Fortinbras. L'obiettivo era quello di fargli continuare l'opera di unificazione del Giappone sotto l'egida dei demoni. A cercare di fermare le ambizioni di questi orrendi mostri interveniva quindi il samurai Samanosuke Akechi, che partiva in missione per liberare la figlia del suo capo clan, la principessa Yuki, rapita dallo stesso Nobunaga, ma finiva poi per essere coinvolto in una guerra ancora più grande con le orde maledette per riportare la pace su quelle terre martoriate. Top-selling game su PlayStation 2 in Giappone, Onimusha: Warlord darà vita a un franchise di successo che purtroppo si è poi interrotta parecchio tempo fa.

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Total War: Shogun 2 (2011)

Con Total War: Shogun 2 entriamo nel campo della strategia e di quelle produzioni estremamente realistiche dal punto di vista storico e culturale. Sviluppato da Creative Assembly per PC, si tratta infatti di un titolo all'epoca in grado di cambiare completamente le carte in tavola della sua saga. Se da un lato infatti ne riproponeva i cliché, dall'altro li ampliava e ridefiniva in maniera tale da renderli più profondi e interessanti, soprattutto a livello di contenuti, mappa strategica e tattiche sul campo. La campagna in singolo era ambientata nel Giappone della metà del XVI secolo, strutturata in circa cinquant'anni per un totale di oltre 200 turni di gioco, ognuno rappresentante una stagione. Una volta selezionato il clan di cui far parte, ognuno contraddistinto da una particolarità bellica o commerciale, bisognava fare di tutto per aumentarne il potere sconfiggendo le famiglie avversarie, e alla fine rivendicare il potere a Kyoto. Anche se il vero fiore all'occhiello di Shogun II era rappresentato a nostro parere dall'amministrazione dei personaggi, sia generali o agenti: ispirandosi alla spiccata cultura dell'onore che caratterizza il Giappone, infatti, gli sviluppatori avevano reso i rapporti tra di loro più complessi e ben studiati che mai.

I giochi ambientati nel Giappone feudale

Nioh (2017)

Di natura diametralmente opposta a quella del precedente titolo è invece Nioh. Inizialmente conosciuto con il titolo di Oni, si tratta di un action RPG con elementi fantastici, caratterizzato da un livello di difficoltà settato verso l'alto. Il gioco, sviluppato da Team Ninja, è infatti ambientato in un Giappone devastato da una terribile guerra civile e dagli Oni, durante gli ultimi anni dell'epoca Sengoku. Forte del carisma del suo ottimo protagonista, l'ex pirata e samurai irlandese William, e di un'esperienza caratterizzata da un'identità ben precisa e da una forte personalità, Nioh si pone indubbiamente come un grande successo, "una prova coraggiosa e convincente, che intrappola i giocatori in una ragnatela di emozioni e li porta esattamente dove vuole, giustificando le imperfezioni tecniche, l'inevitabile backtracking e la sistematica ripetitività di alcune situazioni grazie alla solidità di un sistema di combattimento profondo e sfaccettato, a un design spietato ma coerente e a boss davvero impegnativi e spettacolari", come scrivemmo nella sua recensione. Da marzo 2020 c'è anche il seguito, che in realtà fa da prequel, intitolato Nioh 2.

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Sekiro: Shadows Die Twice (2019)

Un altro titolo dai toni fantastici e dalle meccaniche tipicamente da souls-like è Sekiro: Shadows Die Twice. Ambientato in un Giappone feudale a forti tinte dark fantasy, racconta la storia di un maestro shinobi caduto in disgrazia, il "Lupo senza un braccio", il cui destino è legato a un ragazzo di nobili origini, Kuro, rapito sotto ai suoi occhi dopo uno scontro in cui ha perso un braccio. Per riscattare il suo onore e liberare il giovane signore, il Lupo è pronto a tutto, anche ad affrontare nemici che vanno al di là della semplice natura umana. Sekiro punta su un'atmosfera magica e su una giocabilità dove viene esaltata la durezza degli scontri, la difficoltà intrinseca nel superare gli ostacoli, anche quelli all'apparenza più semplici, e un certo tatticismo. Il gioco spinge l'utente a ragionare, a migliorarsi e a progredire nell'avventura anche attraverso i propri errori, imparando bene e con pazienza le meccaniche senza farsi abbattere dalle prime difficoltà e da una curva di apprendimento più ripida di quella dei Dark Souls.

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