GoldenEye 007 rappresenta un punto di svolta per il genere degli FPS su console, uno di quegli snodi che i futuri viaggiatori del tempo studieranno attentamente, consci e consapevoli che basterebbe un minuscolo intervento per cambiare per sempre il corso della storia e con essa l'evoluzione degli sparatutto in prima persona pubblicati non solo sulle piattaforme da casa, ma, chissà, forse anche di quelli per PC.
La portata storica, ma anche culturale, della produzione Rare è fuori da qualsiasi discussione e per carpirla appieno bastava farsi un giro su qualsiasi social network già prima che il gioco ritornasse sulla bocca di tutti, in quella che possiamo definire a tutti gli effetti una seconda giovinezza, grazie ai recentissimi porting su Nintendo Switch e Xbox. C'era sempre un amico che citava il gioco con un pizzico di nostalgia, né è mai mancato il trend su Instagram o TikTok che lo tirasse in ballo, come quello, bellissimo, in cui si ricrea, con ironia beninteso, la genesi (qui vi forniamo un esempio tra i molti) dell'indimenticabile accompagnamento musicale durante il menù di pausa.
GoldenEye 007, per dirla in altri termini, non se n'è mai andato veramente e rigiocarlo al giorno d'oggi, più di vent'anni dopo la sua originaria release, ha reso ancor più palese tutta la sua infinita classe che a ragione vedura possiamo definire senza tempo.
Ma quali sono queste caratteristiche che hanno concesso l'eternità a GoldenEye 007, rendendolo un FPS divertentissimo ancora oggi?
La rivoluzione di Rare
Alla base di tutto c'è il sistema di controllo, la caratteristica che probabilmente ha creato una linea temporale alternativa alla nostra, quella in cui gli stick analogici (ma probabilmente anche mouse e tastiera) vengono utilizzati in maniera completamente differente da come siamo abituati normalmente.
Dopo l'immancabile intro con Bond che si volta verso la camera e apre il fuoco, superate le scarne e, diciamocelo, orribili schermate di selezione del livello, su Nintendo Switch, dove si è deciso di impostare di default lo stesso sistema di controllo utilizzato ai tempi del 64-bit della Grande N, la prima reazione è di totale sbigottimento, uno smarrimento annichilente quasi, che ha più di un'analogia con la motion sickness esperita la prima volta che si indossa un visore per la realtà virtuale e si muove qualche passo all'interno di un mondo digitale esplorabile in lungo e in largo.
Laddove in un qualsiasi Call of Duty con uno stick si controlla la visuale e con l'altro il corpo dell'avatar, Rare, nel 1997, decise di rendere il tutto un po' più complesso, facendo sì che un analogico controllasse l'avanzata, l'indietreggiamento e la rotazione orizzontale della visuale, mentre all'altro venne affidato lo spostamento laterale, nonché il movimento verticale del punto di vista. Difficile da capire appieno leggendo, ancor più difficile da padroneggiare dopo anni di abitudine con un sistema di controllo unilateralmente accettato ed utilizzato da qualsiasi FPS venga pubblicato oggigiorno.
Sulle prime, insomma, ci si danna e non poco nel tentativo di domare quello che più che un agente segreto, sicuro di sé e con la mano ferma, sembra in tutto e per tutto un cavallo imbizzarrito con un problema di labirintite. Tanto più che, udite, udite, se vi ricordate bene anche mirare e aprire il fuoco erano azioni a cui era stata applicata un'idea di design unica nel suo genere e, in questo caso fortunatamente, mai più rispolverata altrove (ad esclusione di Perfect Dark, ovviamente). Se con l'indimenticato tasto Z si sparava (su Nintendo Switch si utilizza il trigger sinistro), attivare la mira significava richiamare sullo schermo un minuscolo reticolo che aveva la tendenza a tornare automaticamente nella zona neutra posta al centro dello schermo. Sì, avete capito bene: per i colpi di precisione era necessario combattere costantemente con il mirino che come un elastico teso cercava costantemente di riappropriarsi della sua forma originale, costringendo l'utente a dosare con una precisione inaudita l'inclinazione dello stick analogico.
Il risultato di una simile scelta di design? In perfetta armonia con lo stile di gioco promosso dallo stesso level design di GoldenEye 007, che si fa bellamente beffe dei precetti moderni legati al genere degli FPS, dove fin troppo spesso ci si riduce ad una logorante guerra di trincea, muovendosi lentamente copertura dopo copertura.
Figlio dei primi DOOM e Quake, la produzione Rare regala anche ai videogiocatori contemporanei un FPS dai ritmi indiavolati, dove la prima forma di difesa e l'attacco, sfrontato e a testa bassa, un atteggiamento effettivamente in linea con lo stesso protagonista, quel James Bond che non si è mai fatto problemi a far esplodere ogni cosa e ad eliminare fisicamente qualsiasi minaccia, forte della sua inscalfibile licenza d'uccidere.
Presa dimestichezza con il bizzarro sistema di movimento, si sposa volentieri il level design vecchio stile, in cui valgono i riflessi, il conoscere a memoria la posizione di ogni nemico, il volume di fuoco indiscriminato, più di qualsiasi altra raffinata skill. Poco male che fosse così difficile mirare: armati di una coppia di pistole automatiche, all'epoca il non plus ultra del godimento per adolescenti ormanti lontani dal circuito PC, non si andava certo per il sottile, lasciando che fosse la quantità di piombo lanciata verso gli avversari a garantire la vittoria.
Oggi come ieri, soprattutto in livelli come Silo e Archives, pieni zeppi di nemici, ci si sorprende nel constatare la quantità di modelli poligonali che si rispedivano al creatore, mentre tra una ricarica e l'altra non c'era nemmeno il tempo, l'idea, l'intenzione di prendere copertura, concentrati come si era a vomitare altri proiettili in direzione di qualsiasi cosa si muovesse.
Anche selezionando il livello di difficoltà maggiore, dove ogni colpo subito è in grado di diminuire sensibilmente le chance di completare la missione, ci si accorge di come giochi di questo tipo non se ne facciano più. Persino con un atteggiamento meno sfrontato e più stealth, sempre in pieno stile agente segreto ovviamente, diventa tanto più fondamentale conoscere l'esatto posizionamento dei nemici, proprio per essere i primi e i più decisi ad aprire il fuoco.
Le coperture sono per ragazzini, svuotare il caricatore è da vere donne e uomini, per citare un adagio moderno un po' forte, ma sicuramente adatto anche al mood della pellicola da cui il gioco è tratto, ovvero il bellissimo film con protagonista Pierce Brosnan, l'ultimo Bond vecchio stile prima della tenue rivoluzione compiuta con quello interpretato da Daniel Craig.
Criptico, ben prima di Dark Souls
C'è altro però a rendere tanto affascinante ancora oggi GoldenEye 007.
L'assenza di un radar, unitamente ad obiettivi chiari sulla carta, ma molto meno all'atto pratico, donano un carattere vagamente enigmatico ad ogni livello, spingendo l'utente ad ingegnarsi per capire cosa fare e soprattutto quando, visto che spesso e volentieri si può giungere al termine del livello, per accorgersi solo in un secondo momento di aver lasciato tralasciato una fetta di missione imprescindibile per sbloccare il livello successivo.
Capita soprattutto quando si deve fotografare qualche target sensibile o distruggere una struttura utilizzando il C4 o un altro tipo di ordigno. Solo richiamando il menù, difatti, si possono equipaggiare gli immancabili gadget dell'agente segreto più famoso del mondo, utili per soddisfare qualche richiesta particolare contenuta nei dossier da consultare attentamente prima di buttarsi a capofitto nell'azione vera e propria. C'è un video introduttivo che lascia intendere le varie tappe da seguire per avere successo, certo, ma soprattutto a livello di difficoltà doppio zero a volte si fatica a capire dove andare e come completare gli obiettivi.
Non basta raggiungere un punto ben definito della mappa, né ci sono icone su schermo che guidano il videogiocatore passo dopo passo. Un po' come nei Dark Souls, è l'esperienza ad insegnare. L'esperienza o il diretto confronto con chi ha già completato l'avventura in singolo, ovviamente.
Naturalmente, tra le tante qualità che rendono immortale GoldenEye 007 non si può certo non annoverare il multiplayer, che su Nintendo Switch, pur con un procedimento un po' astruso e solo coinvolgendo altri utenti di cui si possiede il Codice Amico, si espande anche online.
C'è solo il deathmatch e la complessità delle mappe disponibili non reggono certo il confronto con quelle dei congeneri contemporanei, eppure anche in questo caso c'è qualcosa che tocca le giuste corde e non solo dei nostalgici che ricorderanno con un pizzico di tenero rammarico gli innumerevoli pomeriggi passati in casa con amici, a sfidarsi di continuo. Anche in questo caso è l'azione senza sosta, unita ad un time to kill generosissimo, di cui non pochi rimpiangono la triste scomparsa, a regalare un sapore unico all'esperienza.
Riempirsi di piombo, spesso senza una reale strategia in mente, un po' come due pugili che hanno abbandonato qualsiasi intenzione di difendersi dai colpi avversari, pur di tentare un roboante e spettacolare KO, tocca delle corde emotive tanto primordiali, quanto efficaci sul piano del divertimento più immediato e genuino, dello stesso tipo che in questi giorni ci sta regalando Hi-Fi Rush per citare un esempio più recente.
Che GoldenEye 007 avesse ancora qualcosa da dire era quasi scontato. Ciò a cui non eravamo assolutamente preparati era di trovarci di fronte ad un FPS invecchiato così bene. Perché la grafica è certamente quella che è, il sistema di controllo sembra piombato da un universo alternativo e persino il level design propone precetti e soluzioni ormai estinte da tempo.
Eppure, quasi inspiegabilmente, diverte ancora alla grande, regalando persino agli utenti più giovani un prodotto sì bizzarro, ma anche per questo affascinante, diverso, esotico. Per molti versi non il papà dei moderni FPS, ma di sicuro un gioco a cui tanti sviluppatori e videogiocatori di tutto il mondo fanno ancora riferimento quando c'è da tracciare un termine di paragone. O quando si deve trovare spunto per un nuovo video da pubblicare su Instagram o TikTok. Il che, non a caso, traccia anche il successo e l'impatto a livello culturale del capolavoro senza tempo di Rare.