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Indiepocalypse, la fine del mercato indipendente?

Negli ultimi anni si è fatto un gran parlare di alcuni clamorosi fallimenti, ma potrebbe non essere colpa dei titoli indie ma potrebbero essere semplicemente cambiati i gusti dei videogiocatori.

SPECIALE di Umberto Moioli   —   19/03/2019

Dopo la crescita esponenziale del panorama indie nel decennio precedente, da un paio d'anni a questa parte si è fatto largo il termine Indiepocalypse, l'apocalisse e la fine di quello stesso mercato che nel tempo ha permesso a team (o singoli) completamente sconosciuti di conquistare il palcoscenico internazionale, vendere milioni di copie e, da non sottovalutare, diventare ricchi. Nel tempo questa corsa all'indie sembra però aver rallentato fino al punto che alcuni team diventati famosi si sono ritrovati a lanciare giochi di innegabile qualità, costretti però per diverse ragioni a dimostrarsi grossi insuccessi commerciali. Basti pensare al delta di vendite tra Resogun e Nex Machina di Housemarque, o quello tra Gone Home e Tacoma di Fullbright, oppure ancora tra Scanner Sombra e Prison Architect di Introversion Software. A provare a fare ordine nel corso di un incontro che si è tenuto alla GDC 2019 ci ha pensato Jason Rohrer, autore di numerosi videogame che forse non hanno colto nel segno nel grandissimo pubblico ma che gli hanno permesso di capire come funziona il mercato dei giochi indipendenti e, infine, accumulare quasi 700.000 dollari in vendite con il suo ultimo lavoro, One Hour One Life.

Raggiungere i giocatori

Il primo giorno di vendite di One Hour One Life è stato drammatico per Jason: solo 5.000 dollari contro gli oltre 30.000 del suo precedente lavoro, The Castle Doctrine. Considerando l'impegno profuso full time sul progetto per i quattro anni precedenti, le prime 24 ore sembravano la fine della sua carriera di sviluppatore. La sorpresa è arrivata nella settimana successiva quando la curva degli introiti si è impennata; e poi nei mesi seguenti quando quello stesso grafico si è mantenuto su livelli ben più alti rispetto al passato al punto che, ancora oggi, One Hour One Life gli permette di incassare circa 3.000 dollari al giorno e di media conta circa 110 utenti connessi contemporaneamente. Cosa è cambiato? Innanzitutto Jason per il suo precedente gioco era riuscito a ottenere una buona copertura sulla stampa specializzata e oltre 12 recensioni, ragione per la quale probabilmente ha raccolto buoni riscontri nelle primissime ore dalla pubblicazione. Con il suo ultimo progetto le review sono state unicamente due mentre la copertura su YouTube è stata infinitamente maggiore (non è chiaro se in maniera più o meno cercata) al punto da accumulare milioni di visualizzazioni e, su un singolo video di poco meno di mezz'ora, oltre 2.000.000 di click.

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Per Jason Rohrer, insomma, la stampa specializzata che parla di giochi indipendenti e spinge sulla copertura classica non ha quasi più valore come dimostrano alcuni giochi citati in apertura, capaci di raccogliere decine e decine di articoli a loro favore per poi fallire in termini di vendite. Un esempio estremo, al contrario, è Feed and Grow: Fish, titolo quasi completamente sconosciuto alla stampa (ha zero recensioni a livello mondiale) che a un bel po' di distanza dal suo rilascio ancora conta oltre 200 utenti contemporanei intenti a giocarlo. L'idea però è che non sia solo la scelta di puntare sulla stampa di settore piuttosto che su YouTube o Twitch a influenzare le vendite, ma anche un cambio radicale nel tipo di gioco di cui gli utenti vogliono leggere, guadare i video e in ultima analisi giocare. Se si osservano le più grandi hit degli ultimi cinque anni, del periodo della così detta Indiepocalypse, i vari Subnautica, Factorio e simili hanno un tipo di gameplay che permette di creare contenuti sempre diversi tra loro, nessuno ha la stessa esperienza e così è più semplice attirare l'attenzione degli interessati a scoprire qualcosa di più sul gioco senza però correre il rischio di spoiler. L'estrema complessità del mercato indie, in particolare su Steam, ha inoltre reso sempre più difficile mettere in mostra il proprio prodotto e ha fatto diventare fondamentale il passaparola: ovviamente giochi che invogliano a tornarci più e più volte sopra grazie a meccaniche procedurali e imprevedibili rendono più probabile che a mesi di distanza ci sia qualcuno interessato a parlarne con gli amici o a mostrarlo. In definitiva il messaggio è che mentre qualche anno fa i giochi indipendenti venivano visti come uno strumento per veicolare messaggi solitamente esclusi dalle grandi produzioni e visioni artistiche, oggi funzionano quando premiano l'aspetto ludico, il videogioco come hobby e la condivisione della propria esperienza, sia con gli amici davanti a una birra sia online attraverso i video pubblicati su YouTube, Twitch e simili.

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Una dimensione mainstream del gioco indipendente che in fondo ha senso: il mercato è diventato più competitivo e per emergere i prodotti si sono dovuti adattare a quello che la gente vuole per davvero, muovendosi in un ambiente molto meno curato che in passato. Paradossalmente si rischia che domani i giochi più particolari saranno quelli scelti e supportati dai grandi publisher, come Microsoft, Nintendo e Sony, che potranno permettersi di accendere un faro sopra determinate produzioni uniche e visionarie. Per tutti gli altri conviene farsi furbi e cercare di andare nella direzione cercata dal pubblico. Se a questo punto siete curiosi di vedere com'è One Hour One Life potete dargli un'occhio sulla pagina Steam dedicata.