Quando si parla del successo di una console Nintendo o Microsoft, si citano sempre i dati vendita, i migliori videogiochi o i personaggi indimenticabili. Eppure c'è una console di grande successo che, quando viene nominata, fa venire pensieri oscuri: Sony PlayStation. Sicuramente ben pochi tra quelli che hanno posseduto una PlayStation tra il 1995 e il 2001 possono dire di non aver mai posseduto, o almeno visto in vendita, i famigerati giochi "masterizzati". Quanto hanno contribuito i piratati al successo della prima console di Sony?
Naturalmente, trattandosi di attività squisitamente criminali, non esistono dei dati alla luce del sole che possano raccontarci, perlomeno in maniera completa ed esaustiva, i danni economici arrecati a Sony o, ancora peggio, agli sviluppatori. Ancora meno esistono dati che spieghino quanto il successo della console possa esser dipeso dalla diffusione dei giochi piratati. Possiamo, però, raccontare la realtà e quanto successo, tracciando alcune interessanti ipotesi. Per iniziare, facciamo un passo indietro e vediamo com'era la situazione del gioco pirata prima dell'arrivo di PlayStation.
La pirateria ai tempi della "legalità"
Chi ha qualche anno in più ricorderà, con più o meno nostalgia, il periodo in cui in Italia la pirateria del software era "legale", specialmente negli anni Ottanta. In realtà, più che legale, ci si muoveva in una sorta di zona grigia, dato che la legge sul diritto d'autore - rimasta intoccata da diversi decenni - non elencava i videogiochi tra i prodotti degni di protezione.
Questo vuoto legislativo ha portato alla nascita di aziende, registrate e legali, dedite allo smercio di videogiochi "pirata", venduti spesso nelle comuni edicole. Ciò non toglie che diversi giudici, in presenza di questo vuoto normativo, in diversi casi hanno ritenuto di estendere la tutela anche ai giochi, specialmente nei tardi anni '80 e all'inizio dei '90. Insomma, sentenze di condanna, almeno civili, nei confronti dei "pirati" ci sono state anche in quell' "anarchico periodo".
Tutto cambia, però, tra il 1992 e il '93 quando l'Italia finalmente recepisce la direttiva 250/91 della CEE, che elenca tra i prodotti degni di tutela anche i "programmi per elaboratore". Ma non solo, la prima importante operazione anti-pirateria colpisce il territorio nazionale, andando a punire i cosiddetti "cantinari", coloro che realizzavano copie 1:1 delle schede dei giochi arcade. Il clone italiano di Mortal Kombat, infatti, aveva attirato perfino l'attenzione dell'FBI e, quindi, la polizia nostrana non poteva rimanere inerte. Da qui in poi, il cerchio intorno alla pirateria sembra stringersi. Tanto che Repubblica, in un articolo di aprile 1994, celebra il risultato sottolineando come "l'Italia [...] è il paese che ha raggiunto i risultati più rilevanti nella lotta alla pirateria, riducendo la percentuale di software illegale dall'86% del 1992 (otto programmi su dieci erano copiati) al 50% del 1993." In questo momento storico arriva PlayStation.
I piratati PS1 in mano alla mafia
Ci vorrà un po' prima che si scopra la (relativa) facilità con cui PlayStation possa essere modificata, o "chippata", per leggere anche i famosi CD "masterizzati". Già un anno dopo l'uscita in Europa, nel 1996, il mercato dei pirati è in piena attività, con una successiva esplosione nei due anni successivi. Non mancano infatti decine di trafiletti di cronaca che riportano sequestri di CD e giochi PS1 masterizzati.
C'è però una netta differenza rispetto a quello che era il mercato pirata del decennio precedente. Innanzitutto, quello ruotava in gran parte intorno a home computer come Commodore 64 e Amiga. A fare la parte del leone erano i vari negozi che vendevano i software copiati nel retrobottega, nonché le sopraccitate aziende legittime che smerciavano giochi pirata in edicola, venduti spesso con titoli italianizzati.
I giochi piratati PlayStation presentano un mercato molto diverso, sia dal lato della domanda che da quello dell'offerta. La domanda è non solo più ampia rispetto a prima, almeno in termini di numeri, ma è anche squisitamente concentrata sui giochi di successo, venduti, in gran parte, non alterati e con copertina fotocopiata. In passato, l'offerta di titoli piratati per home computer passava spesso per compilation ove a regnare era la quantità, più che la qualità, spesso passate attraverso il giogo di fantasiose traduzioni casalinghe e deliranti modifiche di marchi e personaggi famosi (Pac-Man diventava "Pallino", Back to the Future "Capitan Futuro" e così via).
L'offerta però segna la differenza maggiore rispetto a prima, visto che lo smercio dei giochi masterizzati PlayStation passa definitivamente in mano alla criminalità organizzata. Dal Sud al Nord, la pirateria PS1 è in mano alla mafia e alla camorra, che non a caso sguinzagliano sul territorio persone indifese a vendere prodotti, anche in località balneari, verso cui le forze dell'ordine possono poco. Insomma, se vi siete mai chiesti come mai la bancarella al mercato avesse sempre l'ultimo titolo PS1 disponibile pronto per la vendita, la risposta non era certo delle più semplici.
Il McDonald del piratato PS1
Naturalmente, sarebbe incompleto limitare il discorso ai solo casi del controllo mafioso dei giochi PS1. Diversi erano i negozi che non si facevano grandi problemi a vendere CD, anche se rischiavano certo molto di più degli anni Commodore 64. La sensazione d'impunità era tale che molti proponevano cataloghi completi da cui scegliere, con un masterizzato pronto in pochi minuti per l'utente, quasi come ordinare da un fast food del piratato. Ma non solo, col crollo dei prezzi di masterizzatori per PC e dei supporti CDr stessi, anche un vostro compagno di classe poteva cimentarcisi.
Il sottoscritto, all'epoca della terza media, ricorda un compagno con un'organizzazione semi-professionale con tanto di listino prezzi, titoli e date di arrivo, nonché anche i famigerati sconti per acquisti multipli. Con un esborso di 15mila lire a CD, ci si portava a casa qualsiasi gioco, anche il più recente, che il venditore noleggiava per masterizzare da vari negozi romani. La sensazione che permeava era sicuramente di quasi totale impunità e menefreghismo da parte delle forze dell'ordine.
Nonostante l'assenza di dati precisi, è chiaro come il periodo tra 1996 e 2001 sia stato fin troppo favorevole per l'Italia della pirateria. Le sensazioni vengono confermate da un rapporto della International Intellectual Property Alliance del 2001, dove il nostro paese viene inserito nella cosiddetta "watch list", indicato tra quelli a rischio insieme a Egitto, Costa Rica, Pakistan e Vietnam. In particolare, per la pirateria software, il livello medio per 1995 e 2000 si mantiene sempre intorno a una percentuale maggiore del 55%, il che vuol dire che un software o un gioco su due erano effettivamente illegali.
Oltre ai famigerati titoli trovabili agevolmente per strada e su bancarelle, non mancano poi vari prodotti piratati provenienti da Russia, Moldavia e paesi limitrofi. In quei casi si tratta spesso anche di compilation che includono diversi giochi su un singolo supporto, specialmente quando si trattava di titoli usciti nei primi anni della console. Per esempio, mettendo insieme i primi tre Crash Bandicoot in una ben poco ufficiale trilogia, anni prima di quella vera.
L'associazione, come soluzione al problema, propone in primis di snellire il carico giudiziale sui magistrati, spesso causa di lungaggini eccessive, ma soprattutto l'applicazione diretta delle pene previste dall'allora nuova legge anti-pirateria (legge n.248/00). Ironicamente, la soluzione finale prevista dalla IIPA è l'eliminazione del bollino SIAE, a cui si arriverà... praticamente 24 anni dopo. Nonostante lo sguardo dell'associazione, è chiaro che il problema dei giochi piratati PS1 non era certo solo italiano, ma era presente in tante altre nazioni europee, perfino quelle più "insospettabili" come il Regno Unito.
La base utenti PlayStation era solo di pirati?
Arriviamo dunque all'annosa questione: quanto ha giovato alla console Sony la facilità di trovare giochi piratati? Vien fin troppo automatico ipotizzare come questa facilità di modding abbia creato una forte base di utenti che non avrebbe visto l'ora, nel 2000, di continuare a vivere il sogno comprandosi una PlayStation 2.
Risulta difficile, invece, affermare che Sony abbia "facilitato" la pirateria della sua console. D'altronde, la protezione sulla prima PlayStation era ben presente, ma fin troppo facilmente aggirabile. Al di là dell'ovvio danno economico, da PS2 in poi, il modding delle console Sony è comunque diventato ben più complesso, con un conseguente mercato delle modifiche certamente meno diffuso.
Di certo, oggi, a distanza di 25 anni, possiamo dire con certezza che non vedremo mai più un mercato di giochi piratati distribuito così capillarmente e organizzato "professionalmente" come nel periodo PSX. Se ai tempi del Commodore 64, approfittandosene di un buco legale, si era creato un pubblico "menefreghista" che nemmeno si rendeva conto dello status illegale dei titoli che giocava, quella sensazione d'impunità è sicuramente venuta meno negli anni PlayStation. E no, non solo perché i masterizzati non avevano quel tipico colore bluastro...
Nessuno, in buona fede, pensava di star acquistando giochi legali da una bancarella per strada, ergo i due momenti storici della pirateria italiana restano comunque separati. I giochi masterizzati PS1, insomma, sarebbero arrivati comunque sul mercato italiano, anche in presenza di leggi più severe.
Il piratato e la criminalità organizzata, pur con tutti i danni economici innegabili, hanno sicuramente contribuito a creare un certo attaccamento del pubblico verso il brand e la console. Per quanto non si possa certo dire che "senza i piratati la console non avrebbe avuto successo", come ogni tanto si legge, sarebbe anche ingenuo pensare all'assenza di qualsiasi contributo alla popolarità della console. Immaginate oggi poter facilmente usufruire di giochi a portata di mano, con regolari sconti e prezzi... che dite? PlayStation Store funziona agevolmente in questi casi? Certo, ma poi la copertina fotocopiata chi ve la dà?