Nel mezzo videoludico, la comunicazione è stata spesso tradizionalmente legata alla narrativa cinematografica. D'altronde, nel momento in cui il videogioco si è trovato a dover condividere lo stesso schermo televisivo, è venuta naturale l'aspirazione d'imitare il cinema o, perlomeno, di utilizzare quel linguaggio già codificato. Già nel 1982, Coleco spese un milione di dollari (equivalenti ad attuali tre milioni di euro) per realizzare un gioco - poi uscito anche per Atari - tratto dal film WarGames, ancora prima che questo uscisse nelle sale. Quarant'anni dopo, su YouTube si trovano video che ripercorrono un videogioco per intero, eliminando le sequenze interattive, trasformandolo in un vero e proprio film. Per titoli come Life is Strange e The Last of Us, video del genere arrivano anche a milioni di visualizzazioni.
La comunicazione influenzata dal cinema, però, non si esaurisce solo nel gioco, ma in passato influenzava anche gli spot televisivi. Aziende come Atari prima e Nintendo e Sega poi, hanno investito generosamente nella produzione di pubblicità di alto rilievo, pur con risultati che - per la gran parte - stentiamo a definire di livello cinematografico. In Italia, per un mercato sicuramente più piccolo come il nostro, investimenti del genere si son visti raramente. Vuoi per le citate problematiche relative alla commistione tra giocattoli e videogiochi, vuoi perché proprio sulle pubblicità di giocattoli non si sono mai riscontrati grandi investimenti. Pubblicitari dell'epoca, come Giuliano Doccioli (ex Diaframma e Leader), ricordano il settore degli spot per bambini quasi come inferiore. "Tutti i miei colleghi volevano lavorare sugli spot per adulti, visto che questi andavano in prima serata, quelli per ragazzi rimanevano ancorati alla TV dedicata a questi ultimi e, quindi, al pomeriggio", ricorda Doccioli.
Super Nintendo: una super promozione con un super spot
GiG, con Nintendo, fu il primo distributore di giocattoli a cambiare passo nel marketing del videogioco, promuovendolo non più come semplice prodotto destinato ai bambini. Prima di distribuire i prodotti dell'azienda giapponese, GiG era solita utilizzare uno studio pubblicitario fiorentino, chiaramente con budget e pretese minori. Il Super Nintendo, infatti, fu la prima console a cui furono dedicate intere pagine pubblicitarie sui quotidiani. Invece, per far ripartire il mercato della console portatile Game Boy - a cui Mattel in precedenza non sembrava aver dedicato molta attenzione - si decise di non badare a spese. L'agenzia creativa incaricata fu l'Armando Testa, lo studio di produzione quello di Bruno Bozzetto, dietro la macchina da presa? Un nome piuttosto conosciuto in ambito cinematografico: Maurizio Nichetti.
Il regista e attore milanese non era nuovo all'ambiente pubblicitario, lui stesso ricorda come lavorasse nel settore già da venti anni, "dal 1971, prima come sceneggiatore poi come regista, dal 1987 al 2002 ho girato qualcosa come 150 spot diversi". Nichetti rammenta come GiG avesse intenzioni piuttosto serie: sarebbe stato il primo spot per bambini a richiedere un importante investimento economico.
Il regista continua, ricordando che lo studio Bruno Bozzetto lo propose alla regia poiché si trattava di un progetto che appariva complesso già sulla carta. "Era una mia specialità affrontare film con "effetti speciali", che oggi possono far sorridere, ma che nel 1993 nessuno sapeva affrontare. In Bozzetto, venendo tutti dal cartone animato, avevamo una particolare facilità con quello che oggi si chiama compositing delle scene e che all'epoca, per noi dell'animazione, significava semplicemente lavorare su strati differenziati d'immagine", spiega il regista.
Cosa c'era di complesso nella visione dell'azienda di giocattoli fiorentina? Il regista spiega la sceneggiatura: "un gruppo di adolescenti entravano in un ascensore esterno trasparente e salivano, piano dopo piano, sino al tetto di un grattacielo. A ogni piano attraversavano un videogioco: Super Mario, fondi marini, astronavi. In trenta secondi, lo storyboard era composto di 43 inquadrature e in ognuna dovevamo "comporre" l'immagine dei ragazzi in ascensore ripresi dal vero, con le parti del grattacielo che scorrevano, mentre venivano "attraversati" i vari mondi gioco, che in un secondo dovevano essere riconosciuti e apprezzati dai ragazzini. Confesso, ero preoccupato!" Insomma, GiG aveva un'idea avveniristica che lo studio Bozzetto accettò, ma la produzione ebbe costi sicuramente elevati.
Lo Spot Game Boy che divide
Nonostante i talenti coinvolti, il risultato finale finisce col non accontentare il cliente. L'ex direttore marketing di Nintendo a GiG la ricorda, infatti, come un'esperienza poco soddisfacente per l'azienda. Gli fanno eco alcuni ex dipendenti Armando Testa, che confermano molte discussioni e poca soddisfazione sullo spot Game Boy, nonostante l'investimento generoso e le aspettative. Cosa è successo? Nichetti prova a dare una spiegazione "in effetti, dopo il montaggio, anch'io ero perplesso. Mi sembrava tutto troppo veloce e dinamico, poco chiaro. Ho chiamato la montatrice dei miei lungometraggi per un parere e, alla fine, ha dovuto vederlo quattro volte per capirlo, col regista vicino che le suggeriva alcuni passaggi." Insomma, il prodotto finale sembrava un po' confusionario.
L'obiettivo, però, sembrava raggiunto conferma Nichetti, che condivide un aneddoto: un esperimento con i suoi due figli, all'epoca 8 e 4 anni. Una sera, dopo il passaggio dello spot in tv, Nichetti incalzò i figli - che erano di spalle al televisore - per saperne di più sulla trama e su quanto successo in quei trenta secondi. I figli dimostrarono di aver compreso bene il punto dello spot e l'attraversamento dei videogiochi con l'ascensore/Game Boy. "Inutile dire, alla fine ho dovuto comprargli la console! Questo per dire che due bambini avevano una velocità di decodificazione dell'immagine più sensibile di un regista, una montatrice e un direttore marketing! È la generazione che poi preferirà la partecipazione attiva richiesta da un videogioco, piuttosto che restare passivamente davanti a un film" commenta il regista.
Insomma, nonostante la poca soddisfazione di GiG, che non ripeterà investimenti del genere, Maurizio ricorda lo spot con piacere. "Per me è stata un'esperienza entusiasmante che ho sempre citato come l'inizio di un mutamento del gusto del pubblico, sfociato, dieci anni dopo, nella frenesia di certi cartoni animati o di certe realtà virtuali, destinati a un pubblico di un nuovo millennio." Nichetti conferma anche come tuttora gli capiti d'incontrare persone che ricordano lo spot, "stava accadendo qualcosa di strano, i bambini, assuefatti ai primi videogiochi, avevano una percezione dell'immagine molto più reattiva di un adulto, anche di noi che lavoravamo nella pubblicità, abituati alla sintesi estrema."
Nichetti e Olivetti: un match perfetto
Eppure non fu l'unico flirt tra il regista e il mondo del multimediale, visto che tra il 1994 e il 1995 Nichetti fu testimonial di una linea di personal computer Olivetti. Maurizio ricorda come fu l'azienda d'Ivrea a richiederlo appositamente, "ero reduce da film tecnologicamente originali, innovativi per l'epoca, rappresentavo un anello di congiunzione tra i "giovani" e il mondo ufficiale del cinema." Nichetti menziona l'aver accettato per curiosità verso questo nuovo mondo digitale e interattivo di cui voleva capire di più. "Sono sempre stato curioso, mai troppo tecnologico, mi sono sempre sentito più artigiano in quello che ho fatto che coordinatore di tecnologie virtuali che mi avrebbero reso dipendente da professionalità altrui."
Successivamente, Nichetti fu anche coinvolto in un'esperienza multimediale per trasformare il suo film Stefano Quante Storie in una sorta di storia a bivi, uscita su CD-Rom. "Il film, con le sei vite intrecciate del protagonista, si prestava perfettamente all'esperimento. Era già tutto girato e scritto, il CD permetteva di seguire un percorso personalizzato, scegliendo a ogni bivio una strada diversa: si sposa o meno, insegna o entra nei carabinieri". In qualche modo l'esperienza anticipava quelle che, anni dopo, avremmo trovato sui DVD. L'anticipo sui tempi non giovò, commercialmente, Nichetti ricorda: "era veramente avanti, troppo per l'epoca. Il CD interattivo non era un prodotto di massa e di lì a due anni [nel 2000 ndr] sarebbe stato sostituito e spazzato via dal DVD. Infatti nel 2005 ho realizzato il DVD interattivo di Stefano Quantestorie, dopo essere stato testimonial per Blockbuster per il rilancio del cinema italiano su DVD. Ormai, anche questo supporto è invecchiato, la catena di negozi Blockbuster ha chiuso in tutto il mondo e Netflix ha presentato l'anno scorso un paio di proposte di prodotti "interattivi" come grande novità."
Ci resta però un'ultima curiosità prima di salutare Maurizio Nichetti... ma lui è un videogiocatore appassionato? "A dir la verità non molto, ma negli anni novanta ero appassionato di Myst, era il mio preferito! Lo trovavo persino rilassante, lontano dall'adrenalina ansiogena di combattimenti e mostri che non mi piacevano. Ma ci perdevo troppo tempo e non volevo dare il cattivo esempio in casa.."