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Mitologia greca, da God of War a Percy Jackson: stesso pantheon, regole opposte

Con l'arrivo della seconda stagione di Percy Jackson e gli Dei dell'Olimpo osserviamo come l'Olimpo è stato dipinto nei videogiochi in tre titoli iconici.

SPECIALE di Giordana Moroni   —   17/12/2025
Ripercorriamo le migliori interpretazioni dell'Olimpo videoludico

Permalosi, irascibili e rancorosi. No, non stiamo parlando dei parenti sotto le feste natalizie (o meglio, lo speriamo per voi!), ma delle divinità Olimpiche, anche se il tema della famiglia accomuna entrambi gli scenari. I miti greci hanno attraversato millenni di storia, influenzando popoli e culture in ogni dove e ancora oggi hanno un posto privilegiato nelle nostre vite. A cavallo tra l'ambito storiografico e la cultura pop, l'Olimpo ci piace, e sono numerose le menti che ne hanno fornito una propria interpretazione.

Tra queste c'è quella di Rick Riordan, creatore della serie letteraria Percy Jackson e gli Dei dell'Olimpo, che ha ricevuto un adattamento televisivo a opera di Disney. Sulla piattaforma streaming Disney+, a partire dal 10 dicembre, è possibile recuperare la seconda stagione intitolata Il Mare dei Mostri. Su queste pagine però parliamo di videogiochi e, sfruttando l'uscita della nuova avventura di Percy, ci è venuta voglia di ripescare tre videogiochi molto amati dedicati alle divinità greche, analizzando il ruolo che gli dèi hanno in queste storie e trovando qualche punto d'incontro proprio con la serie televisiva perché si sa: tutte le storie ancestrali dell'uomo prima o poi ritornano.

God of War: la vendetta ci rende umani

Sono diversi i giocatori che conoscono Kratos solo nei panni di sterminatore di divinità norrene, ignorando completamente il suo passato greco. Per chi invece nel 2005 videogiocava già, è impossibile scordare l'uscita del primo capitolo di God of War, l'unione perfetta tra azione e una trama ricalcata sui topoi narrativi dei miti greci. Ai tempi un punto di forte discussione fu l'onnipresente violenza, elemento che sosteneva sia il gameplay che la narrazione. I miti greci, va detto, non sono proprio fiabe della buonanotte, ma contengono un'abbondante dose di crudeltà, perfettamente trasposta dalle scelte visive di Santa Monica Studios.

La vendetta ci accomuna tutti perché è umana
La vendetta ci accomuna tutti perché è umana

La violenza nella narrativa del gioco è davvero presente, soprattutto nel rapporto tra il protagonista e gli dèi, nel modo in cui le divinità si rivolgono a lui, di come gli mentono, lo manipolano, lo insultano e di come, per questo, tutto l'Olimpo soccombe per mano di Kratos. L'idea di poter affrontare un Dio e ucciderlo, di smembrarlo, restituendogli la sofferenza causata, crea un senso di onnipotenza nel giocatore che pochi altri titoli hanno saputo trasmettere con così tanta brutalità. L'intuizione, tanto giusta quanto semplice, è che la vendetta è un sentimento terribilmente negativo, ma istintivamente comprensibile. Non c'è bisogno di essere buonisti: dopo una vita di intrighi, bugie e sfruttamento che portano Kratos a uccidere persino la sua famiglia, vedere il Fantasma di Sparta decimare l'Olimpo crea un brividino di godimento. Sbagliato, ma che comunque serpeggia nel giocatore.

La violenza di God of War è funzionale alla narrazione
La violenza di God of War è funzionale alla narrazione

E anche se Percy Jackson è un prodotto indirizzato ad adolescenti e famiglie, questo concetto ritorna anche nella serie TV: vedere dei giovani ragazzi mancare di rispetto alle divinità e sfidarle ha un che di appagante. Nella seconda stagione, più l'odio verso l'Olimpo monta, più violente si fanno le rimostranze dei protagonisti. Quello che i miti greci e le storie a questi legati ci ricordano è che l'arroganza, la sofferenza e la vendetta sono purtroppo parte della natura umana, e che anche i migliori eroi ne sono affetti.

Ovviamente, la troppa hýbris è sempre motivo di punizione nelle storie antiche, e God of War funziona proprio per il capovolgimento di questo schema: più crescono la rabbia e i castighi dell'Olimpo, tanto più il protagonista rilancia. A tutto però corrisponde una giusta punizione. Quella di Kratos? Ritrovarsi quel chiacchierone di Atreus come figlio. Che terribile supplizio, povero Fantasma di Sparta.

Hades: la lotta di un figlio incompreso

Scoprire che i tuoi genitori non sono proprio chi hai sempre pensato, che per anni ti hanno mentito e nascosto verità essenziali sulla tua famiglia, sulla tua casa e sulla tua stessa nascita è un bel fardello da portare. Se il protagonista di Hades, Zagreus, e Percy Jackson si incontrassero per parlare delle loro famiglie, sicuramente prima di salutarsi uno dei due esclamerebbe: "Me lo dice sempre anche il mio analista!".

Tutti abbiamo problemi con mamma e papà
Tutti abbiamo problemi con mamma e papà

Per la loro penultima fatica, Supergiant Games si è presa qualche libertà narrativa, sposando i miti che vogliono Zagreo figlio di Ade e Persefone. Nella versione più accreditata e sostenuta dai racconti legati all'Orfismo, Zagreo rappresenta il mito della "resurrezione del Dio ucciso", cosa che spiega alla perfezione la natura ciclica delle sue fughe dall'Ade. Queste fughe sono architettate appunto per uscire dal mondo dei morti, raggiungere la superficie e scoprire ciò che il Padre Ade ha tenuto nascosto a Zag.

Hades mette in scena un dramma familiare che stringe i riflettori sul rapporto tra genitori e figli, dove il pantheon greco diventa un perfetto espediente per costruire il motore roguelite del gioco. Qui le divinità si affezionano alla ribellione di Zag, aiutandolo con doni e favori; talvolta perché davvero coinvolte dalla causa del parente, altre volte solo per infastidire Ade.

Gli dèi sono capricciosi, ma alcune volte sono d'aiuto
Gli dèi sono capricciosi, ma alcune volte sono d'aiuto

Quello che però è importante nelle avventure di Zag e Percy è la rottura degli schemi: se spogliamo le loro avventure dal significato mitico e traduciamo il rispetto delle tradizioni verso gli dèi nelle più comuni regole che esistono tra genitori e figli, la loro ribellione rappresenta il voler tagliare i ponti con gli schemi tossici che vivono nelle loro rispettive famiglie. Basta bugie, basta divieti, basta "a casa mia comando io". La ribellione dei figli molto spesso è un modo per chiedere rispetto agli adulti, per vedere riconosciuta la maturità di chi non è più un bambino e per non accettare il peso dei traumi familiari pregressi, ma liberarsene una volta per tutte. In questo, probabilmente, anche noi giocatori potremmo unirci alla chiacchierata sui nostri genitori, esclamando: "Me lo dice sempre anche il mio analista!" assieme a Zag e Percy.

Assassin’s Creed Odyssey: gli dèi camminano tra noi

Arriviamo infine a un gioco che ha costruito la sua personale mitologia in quasi vent'anni di storia. Assassin's Creed Odyssey segue le orme tracciate dal predecessore Origins e ambienta le avventure di Kassandra/Alexios durante la guerra del Peloponneso. La serie Assassin's Creed evidenzia due elementi paralleli a Percy Jackson molto importanti: i suoi protagonisti del passato hanno una linea genetica semi-divina, mentre quelli dei giorni nostri hanno un contatto diretto con gli dèi e i loro artefatti.

Gli dèi, o Isu, camminano tra noi
Gli dèi, o Isu, camminano tra noi

I protagonisti di Odyssey sono a tutti gli effetti semidei, poiché discendenti degli Isu, i precursori dell'umanità che per millenni sono stati venerati in tutto mondo come divinità. L'idea che ogni civiltà abbia creato un proprio pantheon per giustificare la presenza sulla Terra di esseri ai loro occhi soprannaturali è incredibilmente affascinante e avvicina molto gli Isu alle divinità greche. Queste creature onniscienti camminano in segreto tra la gente, legandosi agli umani e plasmandone il destino. E, anche a distanza di eoni, riescono ad avere un'influenza attraverso il loro lascito. Quelli degli dèi di Percy Jackson sono puri poteri divini, quelli degli Isu una sofisticata e avanguardistica tecnologia, ma il succo resta: gli dèi, e la loro progenie, camminano in mezzo a noi. Una scoperta che sia in Odyssey che in Percy Jackson smantella la visione religiosa tradizionale.

Alexios e Kassandra portano sulle spalle il peso della loro eredità
Alexios e Kassandra portano sulle spalle il peso della loro eredità

Altro punto di contatto, come detto, è un filo genetico diretto con le divinità, che ha un forte impatto nella storia e nella caratterizzazione dei protagonisti. Inizialmente, Kassandra/Alexios usano i propri poteri senza comprenderne l'origine, considerandoli un'anomalia. Scoprire la discendenza Isu fornisce un quadro logico per la loro forza e le loro abilità uniche, specialmente quelle amplificate dalla Lancia di Leonida. Questa conoscenza li costringe ad accettare che il loro destino va oltre l'essere un semplice mercenario. Capiscono di essere un pezzo fondamentale nella lotta secolare tra ordine (il Culto/Templari) e libero arbitrio (Assassini).

La discendenza mette sulle spalle degli Assassini e di Percy il prezzo dell'eroismo, ma soprattutto li rende estremamente pericolosi per l'ordine precostituito delle cose. Il Culto di Cosmo riconosce e teme la discendenza Isu dei protagonisti; vedono Alexios/Kassandra non solo come l'unica vera minaccia al loro potere, ma al contempo come un potenziale strumento per i loro scopi, proprio come accade a Percy e ai suoi amici Mezzosangue.