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Neon Genesis Evangelion arriva su Netflix: ecco quello che c'è da sapere

Riscopriamo la serie culto sbarcata su Netflix: che cos'è, cosa guardare, come guardarlo e perché sta sollevando così tante polemiche

SPECIALE di Christian Colli   —   25/06/2019

Correva l'Anno Domini 1997 quando Dynamic Italia cominciò a distribuire le VHS di Neon Genesis Evangelion. Due episodi a cassetta, per un totale di tredici VHS, la serie nasceva dalla mente di Hideaki Anno, a capo dello Studio Gainax, e dalla matita di Yoshiyuki Sadamoto, che fino a quel momento in Italia erano noti ai più per aver lavorato a Il mistero della pietra azzurra, un altro anime di culto realizzato a cavallo tra il 1990 e il 1991 e che in Italia veniva regolarmente trasmesso in chiaro già da qualche tempo. L'importanza che Neon Genesis Evangelion ha avuto per il mondo dell'animazione nipponica è semplicemente sconcertante: è un anime che ha letteralmente cambiato tutto, probabilmente tra i più famosi e influenti di tutti i tempi. Non abbiamo intenzione di recensirlo o di spiegarlo nelle prossime righe perché dopo tanti anni non avrebbe senso e, se siete appassionati di animazione nipponica, probabilmente lo avrete già visto in tutte le salse. Tuttavia, Evangelion è tornato sulla cresta dell'onda in questi giorni, grazie alla pubblicazione di una nuova edizione sulla piattaforma digitale Netflix che, soprattutto in Italia, ha sollevato un polverone allucinante. Potrebbe esserci ancora qualcuno che non l'ha visto, certo, e così abbiamo deciso di spiegarvi sommariamente che cos'è, dove e come guardarlo, come mai è così importante e perché tutti vogliono la testa del nuovo direttore del doppiaggio italiano.

Che cos'è Evangelion?

Neon Genesis Evangelion è una serie animata ambientata in un 2015 alternativo in cui l'umanità si sta ancora riprendendo da un misterioso cataclisma che, quindici anni prima, ha sconvolto il pianeta. Il protagonista, Shinji Ikari, ha quattordici anni quando viene convocato nella città di Neo Tokyo-3 dal padre con cui, in seguito alla morte di sua madre, ha sviluppato un rapporto conflittuale e distaccato. Shinji arriva in città proprio mentre compare un Angelo, una gigantesca, inquietante forma di vita extraterrestre che mette subito in difficoltà le forze militari. Salta fuori che Gendo Ikari dirige la NERV, un'agenzia segreta che ha preparato un'arma a difesa dell'umanità chiamata Evangelion, una macchina umanoide pilotata dall'interno attraverso un complicato processo di sincronizzazione mentale. Per motivi apparentemente incomprensibili, Gendo pretende che sia proprio Shinji a combattere l'Angelo con l'unità Eva-01, ma se credete che questa storia parli di un ragazzino coraggioso che si lancia in battaglia forte del potere dell'amicizia, sparando siluri fotonici e impugnando alabarde spaziali, siete completamente fuori strada.

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Evangelion non è neppure un anime "mecha" in senso lato: i combattimenti tra i robot giganti e gli invasori sono il contorno di quello che potremmo definire un vero character study, in cui i personaggi, la loro psicologia e i loro complessi intrecci emotivi e sentimentali rubano continuamente il palcoscenico alle scene di battaglia, che comunque ci sono e sono ricche di tensione. È difficile spiegare Evangelion a parole. Nell'arco di ventisei puntate - senza contare i film, fra poco ci arriviamo - ne succedono letteralmente di tutti i colori e i colpi di scena si susseguono a ritmo sostenuto, spesso in modo drammatico e spiazzante. A rendere l'esperienza ancora più coinvolgente ci pensa un potente simbolismo mistico/religioso in cui la denominazione degli invasori, gli Angeli, è solo la punta dell'iceberg. Non vogliamo aggiungere di più perché se non l'avete mai visto, è giusto che lo facciate completamente all'oscuro di tutto, ma se decidete di imbarcarvi in questa avventura, sarà meglio che leggiate le prossime righe per capire come affrontarla nel migliore dei modi.

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Come guardarlo e in che ordine?

Partiamo dal principio, ribadendo che Neon Genesis Evangelion è costituito principalmente da ventisei episodi che compongono un'unica stagione e che potete trovare facilmente su Netflix. In catalogo troverete anche due lungometraggi intitolati Evangelion Death (True)² e The End of Evangelion. Per spiegarvi come funziona la faccenda, dobbiamo fare un piccolissimo spoiler: le ultime due puntate della serie animata potrebbero spiazzarvi. Nel mezzo del vero e proprio climax della serie, il regista Hideaki Anno ha deciso di concentrarsi principalmente su un'analisi psicologica, lasciando la storia essenzialmente incompiuta. Sui motivi di questa scelta girano varie storie e leggende che parlano di tagli al budget e problemi di tempo, anche se qualcuno sostiene che Anno abbia voluto questa svolta per trasmettere un messaggio ben preciso ai suoi fan. In ogni caso, dovete passare prima per quelle ventisei puntate... o in alternativa guardare Evangelion Death (True)² che, effettivamente, riassume tutta la storia in un'oretta circa di animazione e introduce i contenuti di The End of Evangelion negli ultimi minuti del film.

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The End of Evangelion è, sotto molti aspetti, il vero finale di Evangelion, e anche questo si potrebbe dividere idealmente in due parti. La prima è una versione riveduta e corretta della sceneggiatura inedita in Evangelion Death (True)², mentre il resto è lo sconvolgente epilogo di tutta la storia. Riassumendo, ecco l'ordine con cui dovreste guardare la serie su Netflix: Neon Genesis Evangelion da 1 a 26, Evangelion Death (True)² è opzionale, The End of Evangelion. Questo per quanto riguarda la riproposta su Netflix, tuttavia c'è qualcos'altro che dovreste sapere su Evangelion. Innanzitutto, il character designer Yoshiyuki Sadamoto ha scritto e disegnato l'adattamento a fumetti: tra i vari manga usciti, questo è l'unico che vale davvero la pena leggere, anche perché gli altri sono spin-off pieni di fanservice che spesso alterano profondamente alcuni momenti chiave della storia. Il manga di Sadamoto approfondisce anche alcuni aspetti della storia, segue l'intreccio della serie e di The End of Evangelion e chiude il tutto con un epilogo completamente nuovo.

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Esiste infine la cosiddetta Rebuild of Evangelion, disponibile però solo in DVD e Blu-ray. Alcuni anni fa, Hideaki Anno ha cominciato a girare una serie di quattro lungometraggi che raccontano da capo la storia, ma a un certo punto prendono una deriva totalmente diversa. Il primo lungometraggio, intitolato Evangelion: 1.1 - You Are (Not) Alone, ripercorre suppergiù i primi sei episodi della serie animata nell'arco di un'oretta e mezza, vantando animazioni e disegni di maggior qualità. Il secondo lungometraggio, Evangelion: 2.22 - You Can (Not) Advance, invece riprende la trama più o meno da quel punto, ma si distacca sempre più rapidamente dalla storyline originale, fino a percorrere una strada del tutto diversa con l'introduzione di personaggi inediti e un generale scombussolamento degli eventi cruciali. Il terzo film, Evangelion: 3.33 - You Can (Not) Redo, prosegue la storia in modo inedito, stravolgendo la sceneggiatura originale della serie animata e ignorando completamente gli eventi di The End of Evangelion. Il quarto e conclusivo film della tetralogia è in lavorazione da anni e, secondo alcune indiscrezioni, dovrebbe vedere la luce il prossimo anno in Giappone.

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L'importanza di Evangelion

Sull'importanza di Evangelion ci si potrebbe scrivere un saggio e anzi ne sono stati scritti parecchi, ma in questo caso sarà meglio stringere e cercare di capire in che modo abbia influenzato l'animazione nipponica, lo storytelling e, molto semplicemente, la cultura popolare degli ultimi vent'anni. Innanzitutto, bisogna comprendere il periodo in cui è iniziato Evangelion. Negli anni '90 il Giappone stava affrontando una grave crisi economica che colpiva soprattutto i più giovani. Il regista Hideaki Anno aveva sofferto di depressione per molto tempo e aveva deciso di scrivere questa storia quasi come fosse uno sfogo che potesse aiutare anche gli altri ad affrontare la dura realtà. In altre parole, Evangelion è una storia che un depresso ha scritto per i depressi. I vari personaggi che compaiono nella storia, a cominciare dal protagonista Shinji, rappresentano i modi diversi con cui gli individui stabiliscono le loro identità e prendono le distanze dal prossimo: non a caso, Evangelion parla soprattutto dell'animo umano, e di che cosa significa relazionarsi con gli altri e con sé stessi.

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Come abbiamo detto sopra, la componente "mecha" è uno specchietto per le allodole. Inizialmente ha una forte presenza scenica, specialmente nei primi episodi, ma poi scivola sempre più rapidamente in secondo piano, lasciando spazio ai protagonisti e ai legami che hanno instaurato tra di loro e col mondo che li circonda. La maggior parte di questi personaggi soffre di disturbi mentali o emotivi più o meno evidenti che vanno dal semplice stress post traumatico all'ansia da separazione. Spesso sono personaggi ambigui che faticano a integrarsi nella società o che indossano maschere pirandelliane: non è una coincidenza se molti studiosi spesso menzionano Uno, nessuno e centomila quando parlano di Evangelion. Sotto questo punto di vista, Anno voleva che Evangelion fosse una specie di psicoterapia indiretta soprattutto per gli otaku, i fan sfegatati di animazione nipponica che in Giappone sono mal visti e ai quali si rivolgono le controverse puntate finali della serie animata.

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Evangelion, insomma, è quella che in inglese si definirebbe una "deconstruction" del genere mecha e il titolo, "Neon Genesis", si riferisce anche a quello: fino a quel momento, la stragrande maggioranza degli anime incentrati sui cosiddetti super robot si concentrava sugli aspetti più tecnici e fantascientifici, spesso alienando gli spettatori adulti che cercavano qualcosa di più nelle storie. L'opera di Anno, invece, scrutina la psicologia dei protagonisti con un'enorme attenzione per i dettagli di ordine scientifico, militare o filosofico, avvalendosi di un potente simbolismo metafisico che si offre a molteplici interpretazioni. Ironicamente, la massiccia iconografia religiosa, il misticismo e i continui riferimenti alla cabala ebraica o alla mitologia cristiana, sono semplici red herring, particolari scelti più per il loro fascino esotico - dal punto di vista di un giapponese, chiaro - che per il loro significato: Anno voleva che nella sua opera si mescolassero molteplici prospettive, alimentando quell'atmosfera misteriosa e inquietante che avrebbe tenuto gli spettatori col fiato sospeso, spingendoli a riflettere su quello che vedevano senza consumarlo a mente spenta.

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La polemica sul nuovo doppiaggio

Per concludere, è giusto spendere qualche parola sulla gigantesca polemica che sta infuriando sui social sin dalla pubblicazione di Neon Genesis Evangelion su Netflix. In parole povere, per motivi ancora poco chiari si è dovuto procedere a ridoppiare completamente la serie e a rimuovere anche l'iconica sigla di chiusura, la celebre "Fly Me to the Moon" di Bart Howard cantata da Claire Littley. A curare il nuovo adattamento è stato Gualtiero Cannarsi, un nome particolarmente temuto da anni nel fandom dell'animazione nipponica tradotta in italiano. Ora non vogliamo stare qui a sindacare sulle competenze e sullo storico professionale del signor Cannarsi, perché non ci sembra il luogo, ma vogliamo soffermarci sul nuovo adattamento di Evangelion che, detto in modo terra terra, non si può proprio sentire. Il dettaglio preoccupante, però, è un altro, e cioè che Cannarsi collaborò all'adattamento di Evangelion quando fu pubblicato per la prima volta negli anni '90, un lavoro considerato ancora oggi tra i migliori nella storia del settore italico, che oltretutto ha lanciato alcuni tra i nostri doppiatori più popolari.

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Che cosa abbia spinto i responsabili a stravolgere dialoghi e termini consolidati per oltre vent'anni nessuno lo sa. Il problema non sono certo le voci, dato che alcuni doppiatori sono tornati a recitare nei ruoli già interpretati nella prima edizione e sono stati diretti dal sempre ottimo Fabrizio Mazzotta. L'esempio più eclatante riguarda la parola Angelo che nella nuova edizione è diventata Apostolo, però qui bisogna fare chiarezza perché la questione è più complicata di quel che si crede. Nella versione originale, Anno chiama questi esseri "shito" (使徒) che, effettivamente, in giapponese, significa "apostolo". Contemporaneamente, è lo stesso Anno a usare la parola inglese "angel" per definirli in varie istanze, come per esempio nel titolo occidentale scelto per il primissimo episodio: "Angel attack", che in giapponese è "Shito, shūrai" (使徒、襲来). Considerando che i titoli in inglese di ogni singola puntata sono stati scelti da Anno in persona, non ci sono dubbi: Anno si è sbagliato. Forse confondendo "angelo" con "apostolo", due parole che effettivamente si riferiscono entrambe alla figura del messaggero, seppur con accezioni leggermente diverse, il direttore dello Studio Gainax ha usato "shito" al posto di "tenshi" (天使) che significa letteralmente "messo celeste" per come intendiamo noi le figure "angeliche" in occidente.

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Ok, fin qui tutto chiaro? Anno si è sbagliato - o meglio, non sapeva che noi occidentali distinguiamo concettualmente gli angeli dagli apostoli - e ciò nonostante i mostri di Evangelion tutto il mondo li ha chiamati Angeli per vent'anni perché è così che li ha denominati il regista della serie. Poi è arrivato il signor Cannarsi e nel 2019 ha deciso che gli Angeli - che nei titoli delle puntate continuano a chiamarsi Angeli e sugli schermi della NERV si chiamano sempre Angeli - ora si devono chiamare Apostoli. Il che ha poco senso se consideriamo che, nella serie, queste creature hanno i nomi degli angeli descritti nel libro di Enoch, il testo apocrifo di origine giudaica al quale si è ispirato Anno nella stesura della storia: gli Apostoli di Evangelion si chiamano, tipo, Sachiel, Ramiel, Sandalphon e così via, non certo Giovanni, Pietro o Giacobbe. Meno rilevante, ma comunque strampalata, la nuova nomenclatura delle macchine umanoidi multifunzione, che smettono di essere Eva-01, Eva-02 e così via, esattamente come appare scritto nel cartone animato, per diventare Unità primaria, Unità 2, eccetera.

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E questo, francamente, è l'ultimo dei problemi di un adattamento grottesco che ricorre a un linguaggio pedante e completamente decontestualizzato. I personaggi di questo nuovo Evangelion parlano in una versione fantasiosa e surreale della lingua italiana, impiegando parole che semplicemente non esistono in un ordine spesso confuso e grammaticalmente inesatto che vorrebbe richiamare i costrutti originali di una lingua, il giapponese, completamente diversa dalla nostra. Il risultato sono battute arzigogolate e difficilmente comprensibili che, peraltro, stonano spesso coi personaggi che le pronunciano: quattordicenni che parlano troppo solennemente in un'aula scolastica, militari che dicono "pochetto" - anzi... "pochitto" - mentre elaborano una strategia di combattimento, eccetera. Tradurre e adattare sono due operazioni molto diverse: l'adattamento ha bisogno di una sensibilità interpretativa, perché non basta cambiare una battuta da una lingua a un'altra e infilarla in bocca allo stesso personaggio, ma bisogna tenere conto di una moltitudine di fattori tra i quali spicca il destinatario, cioè il pubblico.

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Per farvi capire che cosa intendiamo, possiamo fare l'esempio più ovvio coi proverbi, lo stesso esempio che ci fecero nel 2003 in un'aula dell'università di Viterbo. Un popolare proverbio in lingua inglese recita così: "don't count your chickens before they are hatched", letteralmente "non contare i tuoi polli prima che si siano schiuse le uova". Avete mai sentito dire una cosa del genere a un italiano? No, perché noi abbiamo un proverbio che significa esattamente la stessa cosa, ma diciamo: "non vendere la pelle dell'orso prima di averlo ucciso". Il compito di un adattatore è trovare la soluzione che meglio richiama la cultura della lingua d'arrivo, anche a costo di stravolgere il testo, pur mantenendo significato e coerenza. Il nuovo adattamento di Evangelion non lo fa, perciò capita di sentire che "un bel bagno fa il bucato alla vita" invece che "un bel bagno lava via i dispiaceri", oltre a tutta una serie di espressioni desuete, inesatte o completamente inventate.

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È importante precisare che nessun adattamento sarà mai giusto o perfetto - in fondo, si suol dire che adattare un testo significa tradirlo - perché esso dipende dalla sensibilità e dallo stile di chi se ne occupa, ma la grammatica non si presta ad interpretazioni, e se lo stile del nuovo Evangelion vi ricorda qualcosa, tipo i film dello studio Ghibli distribuiti nel nostro paese da Lucky Red, è normale: i dialoghi e l'adattamento portano la stessa firma. In questo senso, non c'è molto che si possa fare, se non sperare che in qualche modo si sblocchino i diritti sul doppiaggio italiano originale e Netflix lo aggiunga come opzione d'ascolto. Una valida alternativa, che purtroppo svilisce l'ottimo lavoro dei doppiatori nostrani, consiste semplicemente nel guardare Evangelion con la traccia audio giapponese e i sottotitoli in italiano che, pur non essendo fedeli alla traduzione degli anni '90, spesso prendono le distanze dai nuovi testi. È davvero un peccato che Evangelion sia tornato sui nostri schermi a queste condizioni, ma soprattutto che nessuno si sia reso conto di cosa stesse succedendo.

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