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Shōgun, scopriamo la serie TV tra Ghost of Tsushima e Game of Thrones

La nuova miniserie in arrivo su Disney+ è un vero gioiello che ci trasporta nel Giappone del passato tra intrighi, amori e battaglie sanguinose.

Shōgun, scopriamo la serie TV tra Ghost of Tsushima e Game of Thrones
SPECIALE di Christian Colli   —   23/02/2024

Se avete giocato Ghost of Tsushima e state aspettando Rise of the Ronin, se avete una passione particolare o una semplice curiosità nei confronti del Giappone antico, dovete assolutamente tenere d'occhio il calendario perché il 27 febbraio prossimo Shōgun arriverà su Disney+ e ci resterà fino ad aprile. Noi abbiamo già visto otto dei dieci episodi che compongono la miniserie, che poi è il secondo adattamento dell'omonimo romanzo di James Clavell: nel 1980 aveva potuto contare sui volti di Toshiro Mifune e Richard Chamberlain mentre ora tocca a Hiroyuki Sanada e Cosmo Jarvis interpretare gli stessi personaggi, ispirati alle figure realmente esistite di Ieyasu Tokugawa e William Adams.

Tokugawa non dovrebbe essere un nome estraneo agli appassionati di videogiochi, specialmente di Samurai Warriors e Nobunaga's Ambition: essendo stato uno dei tre grandi unificatori del Giappone, è una figura ricorrente nell'immaginario nipponico. Non temete, però, perché non ci sono spoiler significativi in questo speciale di Shōgun, una miniserie che a tratti sembra una sorta di Game of Thrones nel Sol Levante e che potrebbe facilmente diventare una delle produzioni più importanti dell'anno.

La storia di Shōgun

Hiroyuki Sanada interpreta Toshii Toranaga
Hiroyuki Sanada interpreta Toshii Toranaga

Ambientato nel sedicesimo secolo, Shōgun è incentrato sul conflitto tra i reggenti che vogliono cavalcare la morte dell'imperatore: tra essi, solo Toshii Toranaga sembra essere del tutto disinteressato al potere. Deciso a mantenere il delicato equilibrio sul suolo giapponese, già incrinato dalla diffusione sempre più preoccupante dei gesuiti e dei portoghesi, Toranaga ha messo gli occhi su una nave che è arrivata dall'occidente e che trasporta armi e risorse di monumentale importanza strategica. La nave in questione, la Erasmus, apparteneva a una flotta che è stata decimata da tempeste e scorbuto, ed è approdata in Giappone con pochi superstiti, tra i quali spicca il navigatore britannico John Blackthorne.

In poco tempo, Blackthorne diventa il perno del conflitto. Preso come ostaggio, e affiancato a Mariko Toda, una dama dal passato complicato che, essendo diventata cattolica, ha imparato il portoghese e può fargli da interprete, Blackthorne stringe un'alleanza di comodo con Toranaga che si trasforma in un'amicizia più profonda mentre apprende gli usi e i costumi dei giapponesi.

Prima abbiamo menzionato Il Trono di Spade, ma le due serie TV non si somigliano come pensate voi: tanto per cominciare, Shōgun fa ricorso al sesso e alla violenza con grande moderazione, e se il primo è sempre contenuto, a fuoco e mai eccessivo, la seconda esplode di rado e con grottesca efferatezza, mettendo la marcia sul realismo. Ad avvicinare Shōgun alle Cronache del ghiaccio e del fuoco di G.R.R. Martin è piuttosto il cast enorme, che include moltissimi personaggi secondari, i quali si avvicendano in scena contribuendo a ingigantire e complicare un conflitto che si evince più nelle parole che nell'azione, rara e misurata. I combattimenti sono pochi, ma significativi, mentre la storia si sviluppa soprattutto attraverso dialoghi pregnanti e carichi di tensione.

Shōgun gioca con lo spettatore e, così facendo, cammina sulla sottile lama di un coltello. Blackthorne è la nostra prospettiva, il nostro sguardo occidentale sulle strane tradizioni di un mondo complicato e bellissimo. Per questo motivo, tutti parlano in giapponese (sottotitolato) tranne Blackthorne e i suoi interpreti: il personaggio interpretato da Cosmo Jarvis è sostanzialmente il protagonista della storia, anche se forse non ha il carisma che serve per reggere fino in fondo un ruolo tanto importante. Jarvis è bravo, sì, ma incostante.

Cosmo Jarvis è Blackthorne, uno dei tre protagonisti
Cosmo Jarvis è Blackthorne, uno dei tre protagonisti

Ciò accade anche per un motivo molto semplice che forse la produzione non aveva calcolato: Hiroyuki Sanada e Anna Sawai sono giganteschi. Il primo, che dovrebbe essere un volto abbastanza noto nella cultura pop contemporanea, probabilmente è alla prova attoriale migliore della sua carriera: il suo machiavellico Toranaga domina ogni singola scena, pronunciando le battute con un'inflessione carica di significato o minaccia. Fa un effetto difficile da descrivere a parole, bisogna per forza guardarlo. Sawai, dal canto suo, interpreta Mariko con una grazia feroce, un altro ossimoro che si capisce soltanto guardando Shōgun: un personaggio granitico che bilancia in maniera disarmante la dolcezza, la naturalezza e l'inflessibilità di una perfetta dama giapponese.

Jarvis, Sanada e Sawai sono i tre pilastri di Shōgun, ma gli altri comprimari non sono meno bravi, anzi. Tadanobu Asano e Shinnosuke Abe, in particolare, sono azzeccatissimi nelle loro parti, anche se bisogna aspettare qualche episodio per comprendere la bontà del loro lavoro e la profondità, o l'importanza, dei loro personaggi. In generale, possiamo dire che il cast quasi tutto giapponese non delude per niente e, anzi, aiuta lo spettatore a viaggiare nel tempo nel corso di ogni episodio.

Una serie TV memorabile

I costumi di Shōgun sono dettagliatissimi e realistici
I costumi di Shōgun sono dettagliatissimi e realistici

Forse Shōgun funziona benissimo, nonostante i toni solenni e il ritmo compassato del racconto, perché dietro c'è un lavoro sinergico incredibilmente fortunato: non solo la scrittura di Justin Marks e sua moglie Rachel Kondo, ma anche la supervisione dello stesso Sanada, attore protagonista e produttore esecutivo. Sanada ha preteso carta bianca sotto diversi aspetti, scegliendo con cura il cast e i collaboratori col preciso scopo di rappresentare il periodo storico di riferimento nel modo più fedele e accurato possibile. In questo senso, sono impressionanti la ricercatezza nei dettagli, la scrupolosità con cui sono stati costruiti gli scenari e riprodotti i costumi. Chiunque sia stato in Giappone, per esempio al castello di Nijo a Kyoto, riconoscerà le peculiari caratteristiche delle residenze nobiliari nipponiche dell'epoca antica: il lavoro svolto, da questo punto di vista, è strabiliante.

Pur ricorrendo a una pletora di registi, Shōgun non cambia stile in modo appariscente: non ci sono riprese particolarmente audaci o innovative, e ai campi larghi pieni di computer grafica si preferisce mettere in risalto i particolari summenzionati con inquadrature ravvicinate e più intime, ma in alcuni episodi non si disprezza la spettacolarità se e quando serve, grazie anche alle musiche intense di Atticus Ross, già vincitore di un Oscar per The Social Network.

Anna Sawai nel ruolo di Mariko Toda
Anna Sawai nel ruolo di Mariko Toda

Tutto sommato, quella di Shōgun è una storia che già conosciamo. L'abbiamo vista e rivista al cinema e in TV: ne L'ultimo samurai, in Balla coi lupi, in Avatar e così via. È la storia dello straniero che scopre una cultura diversa e inizialmente ostile, l'abbraccia e impara a lottare per essa. È una storia che, nel sangue e nella guerra, parla di speranza, di fede e di destino.

Al di là del fatto che si ispira a una storia vera, Shōgun non è neppure sorprendente nell'intreccio. C'è l'inevitabile storia d'amore, ci sono traditori più o meno evidenti, qualche colpo di scena prevedibile, ma tutto funziona perfettamente e, soprattutto, è talmente bello da vedere e da sentire, se amate il Giappone e la sua storia, che si può rimanere solo soddisfatti: Shōgun è una serie TV di altissimo livello, consigliata agli amanti delle fiction storiche e realistiche che preferiscono l'introspezione alla violenza a tutti i costi e, soprattutto, che amano il Giappone e le sue tradizioni. Seguirla può essere impegnativo - è sottotitolata in gran parte, con un cast importante e un complicato intreccio di nomi e ruoli - ma ne vale assolutamente la pena.