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Silo, ovvero un Fallout dove non c’è niente da ridere

La serie tratta dai romanzi di Hugh Howey è un'altra eccellenza di Apple TV+, un prodotto con molte affinità e al tempo stesso tantissime differenze da Fallout.

SPECIALE di Lorenzo Kobe Fazio   —   07/02/2025
La locandina di Silo con tutti i personaggi principali della serie TV

Il catalogo di Apple TV+ è costellato di serie dal notevole e sorprendente livello qualitativo. Al di là del rinomato e pluripremiato Ted Lasso, il cui successo ha convinto i produttori a gettare le basi per un'inizialmente non prevista quarta stagione, sfogliando il catalogo non è poi così difficile imbattersi in qualcosa di meritevole del nostro tempo.

In particolar modo, per gli appassionati di fantascienza, Apple TV+ rappresenta un'autentica miniera d'oro. Finch, per esempio, lungometraggio con protagonista il sempre talentuoso Tom Hanks, recupera parte delle tematiche esplorate in Wall-E e Humandroid. For All Mankind è un'ucronia che illustra efficacemente le implicazioni geopolitiche dell'esplorazione spaziale. See è una serie post-apocalittica con un'ottima regia. Scissione è una brillante e allegorica distopia che mescola il thriller con una profonda critica all'alienante società contemporanea.

Tra le serie che meritano una menzione c'è anche Silo, tratta da una serie di romanzi scritti da Hugh Howey a partire dal 2011. Il titolo dell'opera è già in grado di attivare diverse suggestioni e viste le sue tante assonanze con Fallout è sostanzialmente imperdibile per chi è attratto da un certo tipo di immaginario e prova una forte passione per la saga di Bethesda. Caratterizzata da ritmi non proprio indiavolati, per usare un eufemismo, ricalca quello che ormai è lo standard delle principali produzioni fruibili su Apple TV+: grande attenzione alla messa in scena, fotografia curatissima, una buona scelta degli interpreti.

Il Silo come tempio

Silo poggia su basi non particolarmente originali a dirla tutta, molto simili alle premesse di un qualsiasi episodio di Fallout. La Terra è perduta. La superficie è apparentemente invivibile, sterile, devastata da nubi tossiche che rendono irrespirabile l'aria. Il cataclisma che ha sfigurato il nostro pianeta è indovinabile, ma mai nominato, né temporalmente definito o chiaramente identificato. Nel corso dei secoli, tanto sembra essere passato, è diventato una sorta di spauracchio, un evento innominabile che divenuto il nuovo peccato originale dell'umanità va quasi dimenticato, come se celandolo nella coscienza razionale dei sopravvissuti, se ne potesse in qualche modo espiare la colpa.

Il Silo, da questo punto di vista, è insieme un rifugio e un tempio il cui funzionamento è regolato da un'intricata trama di norme volte al controllo sociale e alla regolamentazione della routine di chi abita la struttura che si espande per centinaia di metri sotto il suolo. La prima differenza con Fallout, si innesta proprio in seno a ciò che più accomuna le due produzioni.

In Fallout il Vault è certamente ancorato ad una lunga lista di regole comportamentali e direttive ben precise utili a garantire il perfetto funzionamento della strumentazione necessaria per garantire la sopravvivenza degli occupanti. Eppure, il bunker di per sé non è intriso di implicazioni che potremmo definire religiose. Nella storia della serie non mancano ovviamente esempi in cui il senso di protezione proiettato nelle menti di chi li abitata, ma anche di chi non li abita, ha dato vita a forme di fanatismo più o meno delirante. I Bambini dell'Atomo interpretano il Vault come una prova della loro fede; nel Vault 11, come raccontato in Fallout: New Vegas, si eseguono sacrifici umani per preservarne l'integrità. Si tratta tuttavia, di credenze nate in seguito al disastro nucleare, follie collettive come diretta conseguenza di una vita fatta di stenti e immense sofferenze.

Nella stesura di questo articolo ci siamo sforzati a fornire il minor numero di spoiler possibili su Silo
Nella stesura di questo articolo ci siamo sforzati a fornire il minor numero di spoiler possibili su Silo

In Silo il Patto, il libro in cui sono contenute tutte le norme da seguire pedissequamente e le strategie da attuare in caso di mancato rispetto delle regole, è in tutto e per tutto la nuova Bibbia, un volume a metà strada tra i Dieci Comandamenti e una visione profetica di quello che è stato e quello che accadrà. Non c'è il ferreo e ottimistico affidarsi ad una tecnologia che può riportare il genere umano alla conquista della superficie. Non ci sono nemmeno sette, rituali misterici, un simbolismo particolarmente esplicito. C'è un tacito, puntuale e anche per questo cieco abbandono alle scritture del Patto.

Proprio per questo, a differenza di Fallout, molto più che in Fallout, gli occupanti del Silo sono sostanzialmente prigionieri. Di una paura ormai atavica, carica di pregiudizi, a tratti irrazionale. Laddove in Fallout è globalmente accettata l'idea che presto o tardi bisognerà abbandonare il Vault per impegnarsi nella ricostruzione della civiltà sulla superficie del pianeta, ogni abitante del Silo vive ripetendo un mantra che recita:

Tra gli interpreti di Silo, anche Common, conosciuto dai più per i suoi successi in campo musicale
Tra gli interpreti di Silo, anche Common, conosciuto dai più per i suoi successi in campo musicale

Non sappiamo perché siamo qui. Non sappiamo chi ha costruito il Silo. Non sappiamo perché il mondo fuori dal Silo sia così com'è. Non sappiamo quando sarà di nuovo sicuro andare là fuori. Sappiamo solamente che quel giorno non è oggi.

Da qui, tra l'altro, si evince un'altra differenza con Fallout. Nel romanzo, e nella serie TV, gli abitanti del bunker non sanno cosa sia successo sulla superficie. Nell'opera di Bethesda tutti hanno ben presente l'olocausto nucleare che ha polverizzato la civiltà. In Silo questo è il primissimo mistero che stimola la curiosità dello spettatore, ma anche quella di alcuni residenti del rifugio, spinti a ribellarsi al sistema instaurato almeno per conoscere la verità, per scoprire cosa si celi realmente dietro al portellone che li separa dal resto del mondo.

La prima stagione di Silo va incontro ad un disorientante cambio di protagonista dopo le prime puntate
La prima stagione di Silo va incontro ad un disorientante cambio di protagonista dopo le prime puntate

Gli abitanti del Vault, inoltre, conoscono a grandi linee il mondo prima del cataclisma. Quelli del Silo non hanno mai visto volare un uccello, non sanno dell'esistenza del mare, si chiedono cosa siano quelle piccole luci appicciate al cielo che osservano dall'unica telecamera disponibile che gli offre un minuscolo spaccato del mondo all'esterno.

Togli l’ironia, aggiungi il dramma

La più grande differenza, tuttavia, consiste proprio nei toni delle due serie, elemento ancora più evidente se si confrontano tra loro le serie TV. Da una parte abbiamo la tagliente ironia di Fallout. Dall'altra la serietà tragica con cui viene narrata la lotta per la verità di Juliette Nichols, interpretata dalla talentuosa Rebecca Ferguson, recentemente alle prese con un'altra saga fantascientifica, ovvero Dune, in cui vestiva i panni dell'ugualmente tormentata Lady Jessica.

Quanti spappolamenti di cui abbiamo riso ci ha regalato la serie tv di Fallout?
Quanti spappolamenti di cui abbiamo riso ci ha regalato la serie tv di Fallout?

Per quanto Cooper Howard, il ghoul interpretato da Walton Goggins, introduca spesso e volentieri tematiche piuttosto tragiche e sebbene Ella Purnell, nei panni della protagonista della serie, viva in prima persona il dramma di fare i conti con una realtà, quella del mondo esterno, violenta e cinica, ogni scena e linea di dialogo esprimono alla perfezione la grottesca comicità che ha sempre contraddistinto la serie videoludica. Lo sgomento, spesso e volentieri, si innesca proprio dal contrasto con cui le bassezze umane sono ridicolizzate, affrontate con una superficialità e naturalezza che ben tratteggia le dimensioni etiche e morali di un mondo ormai allo sbando, in cui si è pronti a tutto pur di sopravvivere, dove ogni ottimismo positivista e tecno-scientifico è stato irrimediabilmente sfigurato e deformato.

In Silo non c'è traccia di tutto ciò. La tematica distopica è priva di qualsiasi ilarità, rendendo univoca la chiave di lettura di ciò che accade sullo schermo. Ciò si palesa anche in un ritmo molto più compassato dell'azione, che nella seconda stagione diventa quasi soporifero in alcune puntate, in cui ogni gesto, ogni frase, ogni azione ha un peso specifico sia nell'evoluzione dei personaggi, sia nella progressiva ricostruzione della verità che si cela dietro al Patto, al Silo, alla fine del mondo.

A livello di fedeltà visiva rispetto al videogioco, la serie di Fallout copie un mezzo miracolo
A livello di fedeltà visiva rispetto al videogioco, la serie di Fallout copie un mezzo miracolo

In parte, insomma, Fallout e Silo sembrano quasi complementari. Due modi di vedere un'apocalisse apparentemente simile, ma filtrati in modo diametralmente opposto. In Fallout tutto è proteso al completamento di una missione specifica e spesso circoscritta. Nella serie di Apple TV+ l'obiettivo è molto più epistemologico, volto allo svelamento delle bugie su cui si basa il piccolo mondo interno al bunker e, al contempo, ad una determinazione soggettiva in quanto esseri pienamente consapevoli e, anche per questo, capaci di riappropriarsi di una vita indipendente dalla cieca obbedienza a leggi imperscrutabili.

Silo è l'ennesima ottima serie TV del servizio streaming della casa di Cupertino. La seconda stagione vive di qualche alto e basso in più rispetto alla prima, è vero, ma innesca sapientemente ulteriori misteri, mentre ne risolve altri con colpi di scena ben distribuiti nell'arco delle dieci puntate di cui si compone. Per certi versi, potrebbe considerarsi quasi uno spin-off di Fallout, una versione alternativa che ne azzera completamente i risvolti ironici, per concentrarsi sul dramma interiore di chi vive prigioniero di un bunker anti-atomico.

Se la prima stagione di Silo è esaltante, la seconda avrebbe funzionato meglio con un paio di puntate in meno
Se la prima stagione di Silo è esaltante, la seconda avrebbe funzionato meglio con un paio di puntate in meno

Chi non l'ha ancora recuperata, e magari attende con trepidazioni novità sulla seconda stagione di Fallout, che tra l'altro ha subito ritardi a causa degli incendi che hanno imperversato intorno a Los Angeles i primi giorni di gennaio, dovrebbe dare un'occasione a Silo. Del resto, di mondi post-apocalittici, zeppi di bunker in cui prima rintanarsi e da cui poi fuggire, non ne abbiamo mai veramente abbastanza.