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Stancarsi dei videogiochi? Possibile, ma non è ancora successo!

Criticare il presente non significa vivere nel passato, anzi è l'esatto contrario: per questo non ci siamo ancora stancati dei videogiochi.

SPECIALE di Francesco Serino   —   25/11/2023
Stancarsi dei videogiochi? Possibile, ma non è ancora successo!

Come quasi ogni giorno ero in diretta sul canale Twitch di Multiplayer quando, senza troppe sorprese, è arrivato in chat il solito guastafeste per provare a deragliare la nostra amabile chiacchierata. Niente di nuovo, se non fosse che prima di essere bannato ha provato a insinuare che io fossi oramai stufo dei videogiochi e per questo, negli ultimi tempi, insofferente alla maggior parte di essi.

Un pretesto per far casino, ma che dopo la live ha continuato a ronzarmi per la testa: e se quel tipo avesse ragione?

Sarai stanco te!

Double Dragon: questo picchiaduro a scorrimento di Technos Japan Corporation fu una delle mega hit del 1987
Double Dragon: questo picchiaduro a scorrimento di Technos Japan Corporation fu una delle mega hit del 1987

Videogioco dal 1986 grazie ai primi cabinati da trattoria, ai Commodore 64 degli amici più cari e alla sala giochi dei sogni che non lontano da casa, nel cuore del parco dei divertimenti Luneur, mi ha fatto sprofondare anzitempo nelle meraviglie di Star Wars, quello mitico e futuristico in wireframe, e poi New Zeland Story, Double Dragon, Dragon Ninja. Inserisco gettoni anche da prima, in sella a cavalli di plastica con la pistola sulla loro testa con la quale sparare a una televisione senza tubo catodico, ma al cui interno erano presenti indiani e cowboy che sotto i miei colpi immaginari cadevano sul posto per rialzarsi a fine partita. Sì, sono cosi vecchio e ci sta che abbia perso un po' di stupore. Il che fa ridere, visto che soltanto pochi anni fa, un giornalista di Repubblica per sminuire la mia eccitazione davanti al Wii di Nintendo mi diede dell'entusiasta cronico, ridimensionando la mia capacità critica con un antipaticissimo piglio radical chic. Ancora me lo ricordo, pensate quanto mi è stato sulle palle quel momento...

Oggi riuscirei ad esaltarmi davanti a una nuova console con le stesse caratteristiche dirompenti di quelle proposte diciassette anni fa da Wii? Riuscirei a riconoscere qualcosa di così eccezionale o farei la figura di quel giornalista oramai irrimediabilmente disincantato? La conferma ce l'avremo soltanto alla prova dei fatti ma sì, penso che ci riuscirei, e in caso contrario non avrei problemi a lasciare il posto a chi è ancora in grado di guardare oltre la fredda statistica e metterci il cuore. Perché questo è a mio parere l'aspetto più importante per analizzare un'industria composta prevalentemente da passione, di chi sviluppa e di chi gioca, anche se di questi tempi si fa una certa fatica a trovarne in buona quantità tra la fitta coltre di games as a service e sempre più velenose console war.

Meglio il presente?

Death Stranding: ogni tanto è giusto guardarsi indietro, basta che il prossimo passo sia comunque in avanti
Death Stranding: ogni tanto è giusto guardarsi indietro, basta che il prossimo passo sia comunque in avanti

Del resto, anche se potrebbe sembrarlo, non sono mai stato un nostalgico. Lo sono ma non per i videogiochi di un tempo bensì per quel che accadeva nella mia vita mentre giocavo a quei titoli. Ecco cosa mi manca davvero, non Frogger o Space Invaders, non Jet Set Radio o il primo mastodontico Half-Life che comunque posso giocare quando e come voglio. Lo dimostrano i miei giochi preferiti che, al netto appunto dei bei ricordi e di quelli che rimarranno per sempre capolavori senza tempo, sono praticamente tutti giochi moderni o tuttalpiù degli ultimi dieci anni. E questi giochi mi hanno emozionato, colpito e cambiato esattamente come quelli della mia infanzia, se non addirittura di più. Death Stranding e Alan Wake 2 per esempio sono per me un incredibile esempio di crossmedialità perfettamente riuscita; è il multiplayer di Sea of Thieves uno dei migliori che ho mai potuto sperimentare e parliamo di un gioco uscito soltanto nel 2018. Nintendo mi ha tenuto compagnia per tutta la vita, e a Link to the Past sono legato particolarmente, ma gli Zelda più incredibili sono proprio gli ultimi due. A Sim City ho dedicato migliaia di ore, eppure non sostituirei mai il recentissimo Cities Skylines 2 con il gioco Maxis.

Il passato ti trapassa

Under A Killing Moon: no, non c'erano vere date di uscita, tantomeno giorno di lancio; un videogioco era disponibile soltanto nel momento in cui compariva in negozio
Under A Killing Moon: no, non c'erano vere date di uscita, tantomeno giorno di lancio; un videogioco era disponibile soltanto nel momento in cui compariva in negozio

Il passato va glorificato, ricordato, ma il presente dannazione è molto meglio. Non mi metto certo a rimpiangere le 180.000 Lire per International Superstar Soccer su Nintendo 64, le texture dalle prospettive sbilenche della prima PlayStation, le chiamate a raffica ai negozi sperando che fosse arrivato Star Trek A Final Unity o Under a Killing Moon quando oggi mi basta accendere PC o console e in men che non si dica trovarmi il gioco pronto sul disco rigido. Giusto ieri ho scaricato 50 giga in 10 minuti e grazie al Game Pass ho potuto passare la notte su Conan Exiles insieme agli amici più stretti, gli stessi che m'avrebbero mandato a quel paese se gli avessi proposto di spendere settanta Euro per quella che potrebbe rimanere l'unica notte nel gioco in questione.

Affari e affaristi

Luneur: non so di chi sia la foto ma questo è l'ultimo reperto fotografico di Las Vegas, la sala giochi dove per me è iniziato questo lungo viaggio, e che buone le bombe alla crema all'angolo
Luneur: non so di chi sia la foto ma questo è l'ultimo reperto fotografico di Las Vegas, la sala giochi dove per me è iniziato questo lungo viaggio, e che buone le bombe alla crema all'angolo

Quel che rimpiango è un'industria videoludica più umana, meno corporativa, controllata, dove il business era naturalmente un aspetto fondamentale ma l'autorialità delle opere migliori veniva preservata perché ancora ritenuta necessaria. Anche in passato c'erano giochi orribili, prodotti fatti solo per vendere, cloni di cloni di cloni, ma per ogni "shovelware" era possibile trovare sugli scaffali un grandissimo numero di titoli pensati e costruiti con tutto l'amore possibile. Ma soprattutto mi manca il pubblico di una volta, capace di apprezzare prodotti più riflessivi e non ancora dipendenti da costanti botte d'adrenalina, capaci di accettare la moltitudine di generi senza deridere, o addirittura provando a distruggere, quel che non era nelle loro corde. Un pubblico che si prendeva in giro ma che era ancora in grado di confrontarsi, accettare le critiche, abbracciarsi davanti ai negozi specializzati che potevano avere nomi e proprietari diversi.

Rendo onore a tutto quel che c'è stato, ma il mio posto è ancora nel presente, lanciato nel futuro di un medium che mai come oggi rappresenta il meglio che l'intrattenimento abbia mai offerto, almeno nelle potenzialità.