La modalità battle royale, a tutti gli effetti un sottogenere degli sparatutto online in grado di sostenere l'economia di un intero titolo, è l'attuale regina dei videogiochi ed è nata da un fenomeno letterario nipponico abbastanza potente da scivolare verso il cinema tanto in Giappone quanto in occidente, con figli come The Hunger Games e altre derivazioni come The First Purge, in arrivo al cinema il 5 luglio. Ma una serie di pellicole non può sostenersi su un'unica idea, e quando la abbandona perde quel meccanismo che compensa la povertà strutturale di un prodotto destinato a un pubblico relativamente attento e pretenzioso. In uno sparatutto in prima o terza persona, invece, la ripetizione funziona e la formula non perde mordente, a meno che non arrivi qualche concorrente a reclamare il grosso del pubblico. Lo abbiamo visto con PlayerUnknown's Battlegrounds, culmine del lavoro di un modder che è arrivato a superare i 3 milioni di utenti contemporanei su Steam ed è stato prima eguagliato e poi superato e dimezzato nei numeri da Fortnite. Un titolo tra l'altro modificato in corsa da Epic che salendo al volo sul carro dei vincitori, con un tempismo impeccabile, si è lasciata alle spalle un periodo non troppo felice grazie a una formula che trae forza dalle peculiarità del gioco, ma che risulta funziona a meraviglia prescindere. La ricetta vincente, lo sappiamo, prevede grossa area esplorabile piena di risorse, fino a cento giocatori in solitaria o divisi in piccole squadre e un territorio che si restringe a intervalli regolari, costringendo tutti i partecipanti a confluire verso l'ultimo e inevitabile scontro. A questo Fortnite aggiunge il crafting che garantisce una dose di sandbox demenziale da non sottovalutare soppesando il successo del titolo Epic, ma siamo sicuri che questa modalità possa funzionare alla grande in combinazione con un gran numero di meccaniche differenti. Nel tentativo di immaginarcele ci rivolgiamo al grande schermo, che oltre a essere una fonte inesauribile di ispirazione per i videogiochi, è stato fondamentale nell'ascesa alla celebrità della formula battle royale.
Battle royale: tra cinema e videogioco
Non è difficile immaginare uno sparatutto reso particolarmente cruento dalle migliaia di armi di un Dead Rising. Armi disponibili in quantità e sparse per cittadina vera e propria sulle cui strade ci ritroveremmo a macellare con plateale violenza gli altri i giocatori. La presenza massiccia di edifici potrebbe risultare esosa sul piano dell'hardware, ma l'aumento di barriere, anfratti e luoghi chiusi faciliterebbe il bilanciamento di armi improvvisate e armi corpo a corpo incrementando la spettacolarità dell'esperienza, anche dal punto di vista schiettamente estetico. Tra l'altro un contesto del genere potrebbe accogliere senza problemi proprio un Dead Rising in chiave battle royale, ben diverso da quello che ci aspettiamo Dying Light: Bad Blood, rievocando ancora una volta, e con un piglio meno carnevalesco, quel Dawn of the Dead che ha ispirato la serie horror Capcom. Ma non è detto che servano zombi e mostri per trasformare una tranquilla cittadina in un incubo. Un desolato e inquietante immaginario urbano lo troviamo anche nel già citato The First Purge, prequel della serie iniziata nel 2013 con The Purge. In arrivo il 4 luglio al cinema, il film racconta dell'idea dei Nuovi Padri Fondatori d'America di verificare la teoria alla base dei film ambientati successivamente, lasciando una piccola comunità libera di dare sfogo a tutta la violenza immaginabile per una notte. Ed è proprio racchiudendo il tutto in uno spazio non chiuso ma delimitato che la formula della fortunata per quanto bislacca serie di film che potrebbe sposarsi piuttosto bene con la ricetta battle royale, ragalandoci una variante sospesa tra thriller e horror. Oppure potremmo tornare a Hunger Games, anche se servirebbero parecchi soldi per ottenere la licenza a meno di non aggirarla, cosa fatta con alcuni survival chiaramente ispirati alla celebre serie di pellicole, perdendo però parte dell'immaginario. Non dovrebbe costare troppo, invece, l'utilizzo di un brand come quello dei Guerrieri della Notte, un immaginario che vedremmo bene sullo stile di Sunset Overdrive, sparatutto open world in terza persona atipico ma di grande personalità, e che potrebbe trasformarsi in un qualcosa di decisamente particolare nel panorama battle royale. Qualcosa di cui si sente già il bisogno, nonostante questo sottogenere di sparatutto multigiocatore sia decisamente giovane, vista l'invasione di cloni che non dicono quasi nulla in più rispetto ai capisaldi del genere, cercando l'unicità in dettagli non particolarmente brillanti come l'utilizzo degli attrezzi della cucina al posto del classico equipaggiamento militare.
Prospettive future: evoluzioni possibili e fantasie sfrenate
Ci aspettiamo senza dubbio qualcosa di meglio di Cuisine Royale dalla combinazione della formula battle royale con un gameplay rodato e dagli alti valori produttivi ed è per questo che aspettiamo con interesse di vedere questa modalità implementata in Battlefield, Call of Duty, Battlerite, Paladins e via dicendo, sperando tra l'altro di vedere valorizzati i diversi ruoli dei componenti delle squadre, ma crediamo in grandi rivoluzioni nel funzionamento di una modalità che colpisce nel segno, anche grazie alla semplicità. Perderla potrebbe compromettere quella magia che funziona tanto bene combinando semplicemente sparatorie, una grande area da esplorare in cerca di equipaggiamento e una zona di gioco che si restringe progressivamente, anche se siamo sicuri che con un po' di coraggio sia possibile reinterpretare l'intera ricetta e qualcuno, prima o poi, dovrà cercare di farlo se vorrà reclamare uno spazio tra le decine di battle royale che sono in procinto di invadere il mercato. Questi spingeranno con più o meno forza sul crafting, sulle dinamiche survival, sull'implementazione delle dinamiche di caccia e sulla messinscena di un reality alla Hunger Games, come SOS, esplorando ogni anfratto della formula originale e costringendo chi verrà dopo ad adattarsi alle varianti più popolari o a cercare strade effettivamente diverse. Nel nostro immaginario punterebbero in alto, sfruttando ambientazioni affascinanti come quella de Il Signore delle Mosche, un classico del cinema tratto dall'omonimo romanzo di Golding. In un prodotto del genere, al di la della riflessione sui meccanismi che regolano la società, potremmo trovare, in chiave ludica, dinamiche di organizzazione della squadra alla Black Wake, meccaniche potenzialmente interessanti come un sistema di gestione delle ferite più complesso e, magari, elementi come panico, allucinazioni e altri modificatori capaci di dare una dimensione più umana allo scontro per la sopravvivenza. Potremmo invece ritrovarci con una personalizzazione estrema delle abilità e dell'aspetto con una variante dai toni ancora più classici, un battle royale dal retrogusto bestiale come sarebbe quello ambientata nell'isola creata da H.G. Wells per i mostruosi animali umanizzati del suo dottor Moreau. Oppure potremmo guardare agli sport dei film di fantascienza, con uno stravolgimento della ricetta nello stile di The Running Man che ci vedrebbe lottare con gli altri partecipanti, tutti rigorosamente vestiti con una tuta estremamente attillata, cercando al contempo di superare prove mortali. Prove che sarebbero ancora più estreme seguendo la nostra immaginazione fino a un azzardo ispirato a The Cube, uno scontro in un dedalo semovente di trappole che, supponendo funzioni e sia sviluppato adeguatamente, potrebbe distinguersi sia nel panorama specifico dei battle royale che in quello, in generale, del videogioco.