Dopo una giornata stressante c'è chi si rilassa leggendo, guardando un film, ascoltando musica, facendo sport o, perché no, giocando a un videogioco. Dopotutto, di come i videogiochi possano avere degli effetti positivi sull'umore delle persone se ne parla da diversi anni, ma quali sono i giochi con cui è più facile rilassarsi? Chiacchierando in redazione ci siamo resi conto di come ognuno di noi abbia un suo particolare "gioco antistress" e che, prevedibilmente, non tutti ci rilassiamo con gli stessi generi. Ovvio, no? C'è chi trova la pace dei sensi costruendo fortezze e case, ma anche chi preferisce liberare la mente sterminando orde di demoni.
Incuriositi dalle possibili risposte, vogliamo quindi farvi la stessa domanda e chiedervi se avete anche voi un gioco in particolare su cui tornate tutte le volte che volete semplicemente rilassarvi. Che si tratti di una partitella a FIFA, una sessione di House Flipper, un giro con Truck Simulator o, perché no, una mano o due col caro vecchio Solitario, raccontateci qual è il vostro gioco antistress. Cominciamo noi, con alcuni racconti dalla redazione.
Crusader Kings 3 (Francesco Serino)
Per allontanarmi dallo stress, datemi un "builder" qualunque o almeno una cospicua dose di Crusader Kings 3. Il gioco Paradox, con quel mix tra strategico, gestionale e gioco di ruolo, non è soltanto intrattenimento ma una vera e propria "panic room" dove infilarmi quando voglio prendere le distanze dal rumore esterno. Il bello è che ogni volta è diverso: in certe circostanze preferisco partire alla guida di un nobile defilato, che mi permetta di divertirmi a corte senza preoccuparmi troppo di politica e guerre, e altre ancora sento la necessità di guidare i popoli del nord tra feroci battaglie e sacrifici umani. Crusader Kings 3 è così, si adatta ogni volta alle tue necessità. Poi mi piace da impazzire questa cosa del DNA virtuale che permette di avere somiglianze estetiche e caratteriali tra i diversi personaggi, tanto che a partita avanzata mi metto sempre a ripercorrere tutto l'albero genealogico ricordando le gesta dei singoli uomini e a tracciare collegamenti tra i loro volti.
Come tanti altri giochi in grado di allontanarmi dallo stress, anche Crusader Kings può essere giocato con la radio accesa. Penso che togliere la musica ai giochi immersivi sia uno sfregio: non potrei giocare a GTA e a Red Dead Redemption se non con le loro colonne sonore originali e su licenza, ma con questa tipologia di giochi più riflessivi sono libero di occupare le orecchie come meglio credo, con podcast, radio o canali Twitch. Arrivo così a riempire totalmente il cervello che a quel punto non ha più RAM a disposizione per soffermarsi sul resto, sulle bollette, sui pensieri brutti, sulle scadenze. Del resto i videogiochi sono escapismo puro, anche fin troppo confortanti e abbiamo visto cosa capita a chi ci si abbandona troppo spesso. A un certo punto bisogna avere la forza di staccare e affrontare i problemi reali, ma nessuno mi venga a dire nulla se per un'ora voglio vivere come un duca boemo dell'anno mille.
Celeste (Lorenzo Mancosu)
Italia, 2006. Il luogo preciso è una piccola pizzeria del golfo del Tigullio, mentre il contesto quello della finale dei Mondiali di calcio. La pizza neanche l'ho toccata, perché Zidane ha appena calciato un rigore perfetto portando la Francia sull'uno a zero. In quel momento sono un concentrato di stress: non posso immaginare cosa succederà dopo, fra la testata inferta a Materazzi e il gol decisivo segnato da Fabio Grosso. Cosa c'entra tutto questo con Celeste e con i videogiochi antistress? Sapete, c'è qualcosa di rassicurante nel vedere le vecchie partite di calcio. Di recente mi è capitato di riguardare proprio quella finale, e nel momento in cui Materazzi ha steso Malouda in mezzo all'area di rigore ho provato un senso di sollievo, perché sapevo esattamente come sarebbe andata a finire.
Italia, 2018. Il luogo preciso è casa mia, la faccia è dentro il monitor e dall'altra parte dello schermo c'è Celeste, infernale videogioco a piattaforme di Matt Makes Games. Sono le tre del mattino e continuo a sbattere la testa contro un livello progettato dal diavolo in persona: Reflection, Lato C, OST di Lena Raine remixata da Jukio Kallio. Sono morto almeno trecento volte, e in quel momento sono un concentrato di stress: sento gli uccellini cinguettare fuori dalla finestra, mentre la sveglia è inesorabilmente puntata alle otto. Alla fine ho conquistato la vetta di Celeste, l'ho completato al 100%. Ancora oggi ripeto l'intera scalata impiegando meno di un'ora, ed è estremamente appagante muoversi con confidenza in quel mondo un tempo impossibile. C'è qualcosa di rassicurante nel dominare i videogiochi che in passato ci hanno fatto dannare. Che sia Celeste, Dark Souls o Ikaruga non ha alcuna importanza: una volta domati diventano parte di noi, trasformandosi in rarissimi vortici di caos in cui siamo sempre padroni della situazione.
Vampire Survivors (Pierpaolo Greco)
Mi rendo conto che possa sembrare un discorso da boomer, ma per me il videogiocare continua a rappresentare un'esperienza totalizzante. Questo vuol dire che, se decido di giocare a qualcosa, lo faccio in modo completamente dedicato: sedendomi alla mia postazione PC o sdraiandomi sul divano in salotto per poi trascorrere una buona manciata di ore con un gioco appena arrivato sul mercato o che comunque è nel mio backlog, possibilmente a non più di 6 mesi di distanza dalla sua uscita. Molto difficilmente mi metto a rigiocare qualcosa o a investire qualche ora ad un live service che va avanti da due, tre o cinque anni. L'unica eccezione è World of Warcraft, ma sempre con l'obiettivo di tentare di vedere qualcosa di nuovo, in primis l'espansione più recente. E infatti sto già passando troppo tempo con Dragonflight, questo non posso nasconderlo.
Ma a frantumare questa mia visione estrema, per cui il videogioco non può essere un semplice passatempo utile a tenermi impegnato per un quarto d'ora, ci ha pensato Vampire Survivors. Prima me ne sono innamorato su Steam Deck e poi mi ha letteralmente devastato su smartphone. Il discorso è molto semplice: devo aspettare qualcosa mentre sono da qualche parte? O magari sono nel letto, non ho sonno, ma non mi va neanche di alzarmi? Altro che TikTok, Instagram o qualche notizia inoltrata dagli amici su Whatsapp e Telegram: la soluzione è Vampire Survivors giocato rigorosamente in verticale, singola mano, e via con un livello a caso solo per riuscire ad arrivare ai fantomatici 30 minuti per portarsi a casa almeno 10.000 monete. E quando mi sono ritrovato a Natale, con tonnellate di parenti a casa, in piedi di fianco al forno in attesa che i gamberoni fossero pronti, mi sono reso conto di aver superato il punto di non ritorno. Quindi, grazie Vampire Survivors che con la scusa della partita al volo su smartphone, mi hai fatto tornare ad essere asociale.
Super Mario Land (Giulia Martino)
Se è vero che il papà di Super Mario è il frizzante Shigeru Miyamoto, possiamo dire che l'idraulico di Nintendo ha anche uno zio davvero eccezionale, più compassato, certo, ma talmente visionario da convincere il presidente di Nintendo Hiroshi Yamauchi a compiere la transizione della casa di Kyoto da produttore di carte a leader nel campo ludico. Gunpei Yokoi fu incaricato proprio da Yamauchi per la creazione di un blockbuster capace di promuovere il nuovissimo Game Boy: ecco la genesi di Super Mario Land, un successo stratosferico, con 18 milioni di copie vendute. Questo capitolo della saga principale di Mario è stato uno dei primissimi videogiochi che ho preso in mano da bambina; il Game Boy che lo ospitava era una delle straordinarie invenzioni dello stesso Yokoi.
Dalla mente dell'ingegnere uscì un mondo diverso da quel Regno dei Funghi che Miyamoto stava codificando, con un insieme di livelli che spesso traevano ispirazione da luoghi e architetture reali: da sfingi sputafuoco e labirintiche piramidi, passando per i Moai dell'Isola di Pasqua (ripresi come ispirazione per gli Spioneliti di Super Mario Odyssey) si arriva ad attraversare una foresta di bambù, accompagnati da una deliziosa musica orientaleggiante. L'avventura di Yokoi è una singolarità curiosa e felice, capace ancora oggi di farmi scoprire angolini nascosti, segreti e scorciatoie, e che da subito mi ha fatto comprendere che i mondi videoludici non sono separati dalla nostra realtà (anzi!) ed è possibile scovare e approfondire collegamenti inaspettati. Super Mario Land è lo spazio virtuale che percorro da più anni, senza nostalgia e senza soluzione di continuità: i suoi livelli sono un posto da cui, in fondo, non vado mai davvero via.
Tetris (Vincenzo Lettera)
Sono trent'anni che Tetris mi fa lo stesso e identico effetto. Mentre i blocchi precipitano lungo lo schermo, dimentico qualsiasi altra cosa stessi facendo. Completamente immerso in un loop di costruzione e demolizione, incastro pezzi, innalzo mura e aspetto il momento che arrivi lui: il tetramino lungo. La barra, il dritto, la I, ognuno lo chiama un po' come gli pare, ma quando è il suo turno tutti gli altri tetramini si girano: "Oh, finalmente" dice il quadrato, suo compare. La soddisfazione di fare tetris dura giusto un attimo, perché la pioggia di blocchi non si ferma. E allora ricomincio a incastrare, innalzare, costruire e demolire, un circolo che mi rilassa anche quando la velocità del gioco aumenta e lo spazio a disposizione diminuisce.
Da trent'anni ho sempre avuto a portata di mano un dispositivo con cui poter giocare a una qualche versione di Tetris. Che sia lo smartphone che ho in tasca, la console nello zaino o l'Analogue Pocket appoggiato sulla scrivania dove lavoro. Inseparabile compagno e perfetta cura per lo stress, di Tetris ho provato mille varianti e interpretazioni, i crossover più improbabili e anche gli esperimenti più assurdi: dalla formula battle royale di Tetris 99 ai poteri speciali di Tetris Battle Gaiden, fino ad arrivare Tetris Effect, il più terapeutico, immersivo e psichedelico di tutti. Alla fine, però, si torna sempre all'edizione per Game Boy: perfetta nel suo essere essenziale, precisa e portatile.
The Sims (Giordana Moroni)
Dal 2001, The Sims è il mio gioco antistress per eccellenza. In realtà il simulativo di Maxis è per me molto più di un piacevole passatempo, perché è stato un vero compagno di vita. Ho coltivato la mia passione per il design e l'architettura (principalmente residenziale) proprio grazie a The Sims, dando sfogo alla mia creatività fin dall'adolescenza. Non sono mai stata una Simmer a cui piace perdersi nelle mille opzioni del CUS o che gioca con i suoi Sim. Qualsiasi cosa amiate fare nel gioco, il limite di The Sims è solo la nostra fantasia. E dove non arrivano gli sviluppatori, c'è sempre la community.
The Sims è sempre stato un grande parco giochi creato per i fan e alimentato dagli stessi. Maxis infatti non si è mai opposta a mod e contenuti creati dal pubblico, anzi, ha sempre incoraggiato la creatività dei giocatori. Io ho creato per anni oggetti per la modalità Costruisci e Compra di The Sims 2... e ancora oggi, ogni tanto, la tentazione di ricascare nel tunnel c'è. Nel 2023, The Sims 4 spegnerà nove candeline sulla sua torta di compleanno, e ciò che mi colpisce è notare come questo franchise sia cresciuto, esattamente com'è capitato a me e a tanti altri giocatori della mia generazione. Da gioco buffo e dissacrante è maturato tanto da diventare non solo un vero e proprio luogo sicuro, ma si è fatto portavoce, e in alcuni casi pioniere, di grandi rivoluzioni nell'industria. Sul mercato sono pochi i prodotti così accoglienti, comprensivi e "gentili" verso il pubblico, una perfetta valvola di sfogo che riesce a guarire l'anima... e ti salva il giorno prima dell'esame di Arredo e Design, quando 3ds Max decide di non esportare il render del tuo progetto. Certo, ad oggi ci sono ancora alcuni problemi da risolvere. Ad esempio, vorrei capire com'è possibile che un innocente "massì, gioco un'oretta a The Sims" si trasformi in nove ore di let's play nei quali mi dimentico di mangiare e andare in bagno, perdo la cognizione del tempo e nel frattempo è tramontato (o sorto) il sole!
Age of Empires 2 (Lorenzo Fazio)
Se la vita di tutti i giorni è un'uniforme sequela di imprevisti dell'ultimo minuto, incombenze dagli impronosticabili respawn e scadenze mai rispettate (ne sa qualcosa il nostro caporedattore), Age of Empires II ha la capacità di soddisfare ogni mio bisogno di escapismo, proiettandomi in una dimensione in cui assumo le sembianze di ciò che non sarò mai nella "vita vera": un organizzatissimo ed inflessibile leader capace di provvedere al suo popolo e di guidarlo, ordinatamente ed indefessamente, verso la prosperità e l'idilliaca Età Imperiale, a discapito di chiunque sia così folle da frapporsi tra me e la schermata di vittoria.
Per una schiappa cosmica ai videogiochi come il sottoscritto, lo strategico di Ensemble Studios rappresenta un'eccezione alla regola, un'isola felice generosa di gioie e soddisfazioni anche ai livelli di sfida più alti, il perfetto gancio per darmi un tono quando la discussione cade inevitabilmente sul Soulslike di turno, dove la mia totale inadeguatezza al discorso è vinta solo da una ritirata strategica, tecnica anch'essa appresa dopo ore e ore in compagnia della produzione Microsoft, perché sarà anche arduo sconfiggere Padre Gascoigne, ma avete mai provato a completare la campagna di Giovanna D'Arco al massimo livello di difficoltà? Così, al termine di una giornata particolarmente sfortunata, o inefficiente, non c'è nulla di meglio che approcciarmi ad uno scenario completato innumerevoli volte, o magari, regalandomi un brivido, crearne uno casuale tramite l'apposito menù, e dare libero sfogo alle personalissime manie di onnipotenza, puntualmente mortificate durante le ore precedenti. Si parte con un po' di cibo e con la raccolta del legname, senza mai dimenticarsi che prima si erige una cinta di mura intorno al cuore del centro città, più è semplice difendersi. Prima si rade al suolo ogni edificio e si elimina ogni unità nemica sulla mappa, il tutto accompagnato da una meravigliosa colonna sonora, tra l'altro, prima si può andare a letto sereni e con il sorriso. Sarà un po' cinico, ma almeno nei videogiochi è possibile e non fa male a nessuno.