Pirateria e videogiochi, un binomio che non può essere definito con superficialità "giusto" o "sbagliato", ma che necessita di un discorso più stratificato. Sia chiaro: non ci si vuole ovviamente schierare a fianco di coloro che per risparmiare qualche euro preferiscono scaricare i giochi illegalmente, danneggiando così il lavoro di centinaia (se non di migliaia) di sviluppatori. Danneggiando un intero settore, se si volesse essere ancora più lapidari. È innegabile, però, che la pirateria possa essere considerata un bene necessario per la preservazione culturale. Per impedire che alcune opere si perdano nelle pieghe del tempo, sopravvivendo esclusivamente nella mente di coloro che hanno avuto occasione di provarle con mano.
Secondo uno studio condotto nel 2023 dalla Video Game History Foundation, infatti, è possibile acquistare solamente il 13% dei giochi usciti prima del 2010. Un risultato spaventoso, inferiore persino alla persistenza commerciale dei film muti (14%) e di poco superiore alle registrazioni audio precedenti la Seconda Guerra Mondiale (10%). La possibilità di poter continuare a scoprire, giocare e studiare centinaia di videogiochi altrimenti irrecuperabili rende la pirateria qualcosa di più complesso di un nemico da combattere. Anzi: potrebbe essere in realtà un potente alleato, se sfruttato a dovere.
Questo ragionamento sulla preservazione culturale è però relativamente recente (come è relativamente recente anche l'industria videoludica). In passato gli sviluppatori consideravano la pirateria come un danno alle vendite, cercando di conseguenza soluzioni per fare in modo di impedire ai giocatori più "furbetti" di avvalersi dei loro titoli. Soluzioni talvolta folli, come bug improvvisi o skin pensate appositamente per "deridere" l'utente. Non ci credete? Seguiteci in questo viaggio nel quale la creatività degli sviluppatori viene messa al servizio della legalità.
C'è qualcosa che non va nel gioco!
Ammetiamolo: a tutti è capitato almeno una volta di dare la colpa della propria incapacità al videogioco di turno. Che si tratti di partite online o di ipotetici "cali di frame" durante i combattimenti più concitati in single player, si è propensi a sopravvalutare le proprie capacità, scaricando la colpa dell'insuccesso a bug di vario tipo. Se la maggior parte delle volte queste lamentele non sono altro che chiare menzogne, talvolta può essere davvero il gioco a volerci mettere i bastoni tra le ruote. Anzi, capita che la colpa possa essere proprio degli sviluppatori, decisi a punirci perché stiamo facendo uso del risultato dei loro sforzi illegalmente, tramite una copia pirata del gioco.
È il caso di Mirror's Edge (DICE, 2008), titolo basato sul parkour e sulla precisione dei salti e delle scivolate. Il team svedese ha deciso di inserire un "sistema di protezione" che rallenta la velocità della protagonista in prossimità dei grandi salti. Una soluzione che impedisce in questo modo al giocatore di superare anche solo il tutorial e mandando incontro la giovane Faith a una rapida (e vertiginosa) morte. E che dire di Grand Theft Auto IV (Rockstar Games, 2008), che modifica la telecamera per dare una sensazione di nausea al giocatore o che rendeva le auto delle vere e proprie trappole, pronte a esplodere non appena Niko Bellic decideva di mettersi al volante.
Andando indietro nel tempo, troviamo anche soluzioni più dirette, come quella presente in Spyro: Year of the Dragon (Insomniac Games, 2000). All'inizio del terzo episodio dedicato a quella che un tempo era considerata una delle mascotte di PlayStation troviamo infatti la fatina Zoe, che avverte il giocatore di star fruendo di una copia pirata del gioco. Un messaggio all'apparenza innocuo, ma che anticipa al giocatore alcuni possibili problemi. Problemi come oggetti chiave impossibili da trovare, improvvisi reset dei livelli e il tasto legato alla pausa del tutto disattivato. Insomma: completare il gioco in questo modo era semplicemente impossibile.
Il colpo di genio
Finora si è parlato di soluzioni intelligenti per impedire ai giocatori di approfittare delle copie illegali dei vari giochi. In alcuni casi, però, queste soluzioni sono a loro volta delle piccole opere d'arte, sfociando nella pura e semplice genialità. Impossibile non citare la celeberrima ruota dei codici "Dial-A-Pirate" di The Secret of Monkey Island (Lucasfilm Games, 1990), un oggetto fisico inserito in ogni scatola originale. Ogni volta che il titolo veniva avviato, infatti, appariva la scritta "Aspetta! Prima di iniziare... un piccolo quiz sulla storia dei pirati" e ci veniva chiesto di inserire un codice che si otteneva ruotando i cerchi di questo cifrario di carta e formando un preciso volto di un pirata. Un'idea tanto semplice, quanto creativa.
Che dire, invece, della soluzione attuata da Garry's Mod (Facepunch Studios, 2006). Tutti i giocatori in possesso di una copia illegale del gioco presente su Steam si imbattono, infatti, in un "Engine Error" che riporta il testo: "Unable to shade polygon normals (76561198064706568)", invitando a segnalare il problema sui forum ufficiali per trovare una soluzione. Inutile dire che, in questo caso, la segnalazione metterà in evidenza il proprio Steam ID, permettendo così ai moderatori di bannare gli utenti incriminati. Molto più tolleranti, invece, i ragazzi di Remedy Entertainment, che hanno deciso di punire coloro in possesso di una copia illegale del primo Alan Wake con una skin esclusiva del personaggio, che presenta così con una benda da pirata sull'occhio.
La ciliegina sulla torta? Una schermata di caricamento che chiede agli utenti di supportare il team comprando la versione originale del gioco. Non pensate, però, che tutti gli sviluppatori siano tolleranti come il team di Max Payne. Lo sanno bene coloro che hanno scaricato illegalmente EarthBound (Nintendo, 1994). In questo caso non solo si incontrano molti più nemici rispetto alla versione originale, ma una volta raggiunto il boss finale il gioco si blocca e ritorna nella schermata iniziale. Pensate sia finita? Vi sbagliate, perché i malcapitati scopriranno presto che i propri salvataggi sono stati cancellati, rendendo vana tutta la fatica fatta fino a quel momento. Severi, ma giusti.
La dura vita di coloro che creano videogiochi
Se dopo aver letto questo articolo pensate che gli sviluppatori abbiano esagerato, forse è perché non avete idea di cosa si provi a creare un gioco e a vedere i propri profitti calare per colpa della pirateria. Coloro che vogliono testare con mano questa esperienza possono giocare a Game Dev Tycoon (Greenheart Games, 2013), titolo che permette al giocatore a gestire una software house. Vi piace l'idea, ma preferite piratare il gioco ed evitare così di spendere i circa dieci euro di costo? Perfetto: sappiate che in questo caso troverete a vostra volta dei giocatori che decideranno di scaricare illegalmente le opere create durante le vostre partite, impedendovi così di guadagnare denaro e costringendoci presto o tardi a chiudere l'azienda. Un'aggiunta inserita esclusivamente nelle copie pirata del gioco che permette così agli utenti di vivere in prima persona il problema della pirateria.
Creare videogiochi non è affatto facile, soprattutto nel 2024. I costi di sviluppo sono in costante aumento, esattamente come l'offerta del mercato (e di conseguenza la concorrenza). Supportare economicamente le aziende significa infondere linfa vitale all'interno di questo difficile settore, permettendo a coloro che lo rendono reale di vivere dignitosamente. Un risultato raggiungibile solo se si decide di abbracciare una precisa etica, che prevede il rispetto del lavoro altrui e la capacità di resistere a quell'ingordigia che ci spinge a voler giocare tutto, subito e senza spendere un solo euro. Una sorta di bulimia nervosa che fa tanto male a noi utenti, quanto agli sviluppatori.