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Secondo uno studio di Ars Technica, gli utenti Xbox One passano meno del 2% del tempo sui giochi in retrocompatibilità

Jim Ryan ha ragione a giudicarla una "caratteristica superflua"?

NOTIZIA di Giorgio Melani   —   07/06/2017

Ha fatto parecchio discutere la recente posizione di Jim Ryan, responsabile del settore global sales di Sony Interactive Europe, secondo il quale la retro-compatibilità non interesserebbe a nessuno.

È ovvio che si tratta di una posizione di comodo assunta da Sony per giustificare l'assenza della funzionalità su PlayStation 4 (e verosimilmente sulla prossima console, visto la posizione intrapresa), eppure alcuni dati raccolti sull'utilizzo della retrocompatibilità di Xbox One sollevano qualche dubbio. Uno studio condotto da Ars Technica dimostra che l'utilizzo attivo di vecchi titoli in retrocompatibilità su Xbox One copre meno del 2% del totale preso in considerazione. Il sito ha utilizzato un software di terze parti per monitorare l'utilizzo di Xbox One effettuato da un campione di circa un milione di giocatori, e in base all'analisi è emerso che il 54,7% del tempo analizzato in totale è stato trascorso dagli utenti su nuovi titoli per Xbox One, mentre circa l'1,5% è concentrato sui titoli in retrocompatibilità (il 16,5% su Netflix, il 6,7% sulle app televisive, il 6,6% su YouTube e il 14,1% su altre app non videoludiche).

Non si tratta ovviamente di dati ufficiali e oltretutto si basano su un campione alquanto ristretto di utenti, ma in base alla statistica potrebbe essere significativo di un certo sotto-utilizzo di una funzionalità che pure è considerata da tutti molto importante e positiva. Peraltro, del tempo passato sui titoli in retrocompatibilità emergono soprattutto pochi giochi di grande spessore come i vari Call of Duty, mentre molti altri sono sostanzialmente trascurati.

Nonostante l'implementazione della retrocompatibilità sia indubbiamente una mossa positiva e assolutamente pro-consumatore, evitando di tagliare fuori dall'evoluzione hardware i titoli acquistati dagli utenti per le macchine precedenti (e Microsoft si è impegnata veramente molto nella sua implementazione, come dimostrato dal nostro recente bilancio dei due anni trascorsi dal lancio della funzionalità), alla prova dei fatti la supponente interpretazione di Jim Ryan potrebbe non essere molto distante dalla realtà, dunque.