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Retrocompatibilità: perché i giocatori la chiedono a gran voce ma poi non la usano? Ha ragione Sony a non implementarla?

A cosa sono serviti gli sforzi di Microsoft se meno del 2% degli utenti sfrutta questa caratteristica?

NOTIZIA di Simone Tagliaferri   —   09/06/2017

Occhio alle date: martedì 6 giugno 2017 arriva la bordata di Jim Ryan di Sony Europe contro la retrocompatibilità. Ovviamente l'obiettivo è Microsoft e il suo sforzo per rendere i titoli di Xbox 360 retrocompatibili con Xbox One. Secondo lui si tratta di un funzione richiesta a gran voce dagli utenti ma poco utilizzata, quindi sostanzialmente inutile:

"Quando ci siamo cimentati con la retrocompatibilità si trattava di una delle funzionalità più richieste, ma in realtà non veniva utilizzata molto. Recentemente sono stato a un evento di Gran Turismo, dove avevano i giochi per PlayStation, PlayStation 2, PlayStation 3 e PlayStation 4; quelli per le piattaforme più vecchie apparivano antichi, perché mai qualcuno dovrebbe giocare quella roba?"

Apriti cielo. In particolare gli utenti Xbox si sono scagliati con forza contro le dichiarazioni di Ryan, accusandolo di voler minimizzare una mancanza di PlayStation 4 disprezzando il lavoro compiuto da Microsoft. Il giorno dopo, ossia mercoledì 7 giugno, è però arrivata la doccia fredda per tutti i difensori della retrocompatibilità: uno studio di Ars Techina ha dimostrato che è utilizzata pochissimo:

"l'utilizzo attivo di vecchi titoli in retrocompatibilità su Xbox One copre meno del 2% del totale preso in considerazione. Il sito ha utilizzato un software di terze parti per monitorare l'utilizzo di Xbox One effettuato da un campione di circa un milione di giocatori, e in base all'analisi è emerso che il 54,7% del tempo analizzato in totale è stato trascorso dagli utenti su nuovi titoli per Xbox One, mentre circa l'1,5% è concentrato sui titoli in retrocompatibilità (il 16,5% su Netflix, il 6,7% sulle app televisive, il 6,6% su YouTube e il 14,1% su altre app non videoludiche)."

Oltretutto i titoli più giocati sarebbero quelli più commerciali, tipo i Call of Duty. Quindi lo strumento di mantenimento e riscoperta dei classici della generazione precedente sarebbe in realtà solo una farsa, con gli utenti interessanti a giocare sempre alla solita roba.

Parliamoci chiaramente: secondo noi l'attacco frontale di Jim Ryan non è stato casuale e probabilmente conosceva già i risultati dello studio, altrimenti non se ne sarebbe mai uscito in quel modo. C'è anche da considerare la possibilità che lo studio stesso sia fallato, come ammesso da Ars Technica stessa. Microsoft ad esempio ha parlato di circa il 50% degli utenti Xbox One che ha utilizzato almeno una volta la retrocompatibilità e sembra essere soddisfatta di quanto viene utilizzata, come possiamo leggere dalle parole di Phil Spencer pubblicate su Twitter.

Resta il fatto che Ryan ha centrato il punto, anche solo in linea generale: a chi serve una caratteristica che non utilizza quasi nessuno? E, aggiungiamo noi: possibile che tra i milioni di utenti di Xbox One ce ne siano così pochi che hanno avuto la curiosità di andare a riscoprire qualche titolo del passato, nemmeno troppo remoto, avendone la possibilità?

Eppure l'elenco dei giochi retrocompatibili è nutritissimo e comprende diversi capolavori che sono godibilissimi ancora oggi. Di nostro davamo per scontato che i titoli retrocompatibili non interessassero quanto le nuove uscite, ma non credevamo di trovarci di fronte a uno scarto simile (se reale ndr).

Con questo non vogliamo sminuire il lavoro compiuto da Microsoft cui, anzi, vanno solo lodi per ciò che sta facendo (da questo punto di vista Sony dovrebbe evitare di utilizzare i dati degli altri come alibi per le sue mancanze). Solo che ci sarebbe piaciuto sapere di una risposta più convinta da parte dell'utenza. Ci fosse stata, Ryan avrebbe potuto solo tacere.