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Gli archeologi stanno usando delle mani robot e l'IA per rimettere insieme pezzi di Pompei

Un sistema robotico sperimentale sta aiutando a ricostruire gli affreschi frammentati di Pompei, combinando visione artificiale e algoritmi di ricomposizione.

NOTIZIA di Raffaele Staccini   —   28/11/2025
Casa di pompei

Gli affreschi di età romana conservati nei depositi di Pompei, spesso ridotti a centinaia di frammenti dopo secoli di degrado e eventi distruttivi, potrebbero tornare leggibili grazie a un sistema robotico sviluppato nell'ambito del progetto europeo RePAIR. La tecnologia è stata presentata nel sito archeologico italiano, dove da tempo gli esperti cercano soluzioni più rapide per una delle attività più lunghe della conservazione: la ricomposizione manuale dei reperti frammentati.

Il progetto, avviato nel 2021 e coordinato dall'Università Ca' Foscari di Venezia, ha riunito gruppi di ricerca internazionali che hanno utilizzato Pompei come laboratorio operativo.

Il progetto RePAIR

L'idea del progetto RePAIR nasce da un bisogno concreto, come ricordato dal direttore del parco archeologico Gabriel Zuchtriegel, ossia rimettere insieme gli affreschi danneggiati durante la Seconda guerra mondiale e mai ricostruiti completamente nonostante il lavoro degli archeologi.

Le braccia robotiche utilizzate nel progetto RePAIR
Le braccia robotiche utilizzate nel progetto RePAIR

La tecnologia combina visione artificiale, algoritmi di riconoscimento delle forme e bracci robotici progettati per manipolare superfici estremamente fragili: gli algoritmi analizzano i frammenti come fossero tasselli di un puzzle e calcolano quali forme, colori e linee di contorno possono combaciare. Questo permette al robot di selezionare il pezzo giusto e orientarlo in modo preciso senza danneggiare superfici fragili. Fisicamente, le unità robotiche sono dotate di due bracci con mani flessibili di diversa dimensione e di sensori ottici in grado di analizzare ogni frammento senza toccarlo, individuando bordi, curvature e pattern cromatici utili alla ricomposizione.

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Gli affreschi selezionati per la fase sperimentale provengono da depositi dove sono conservati materiali in condizioni frammentarie. A essere presi come riferimento sono stati due grandi dipinti parietali danneggiati dall'eruzione del 79 d.C. e ulteriormente lesionati dai bombardamenti del 1943, oltre ai frammenti della Casa dei Gladiatori, crollata nel 2010. Per evitare rischi, in questa fase sono state usate repliche fedeli e non gli originali.

Mentre i gruppi di ingegneria robotica lavoravano alla meccanica e ai sistemi di presa, i ricercatori di intelligenza artificiale hanno sviluppato algoritmi in grado di confrontare colori, trame e segni minimi che spesso sfuggono all'occhio umano. L'obiettivo è fornire una ricostruzione coerente pur in presenza di lacune, un compito che gli esperti paragonano a un enorme puzzle senza immagine di riferimento. Come ha spiegato Marcello Pelillo, docente dell'ateneo veneziano e coordinatore del progetto, la difficoltà è simile a mescolare pezzi di più puzzle e tentare di risolverli senza sapere quale sia il disegno finale.

L'eventuale applicazione su larga scala potrebbe introdurre un cambiamento importante nel lavoro di restauro, fornendo un supporto tecnologico nelle fasi più ripetitive e ampliando la capacità dei musei di intervenire su materiali che oggi rimangono in deposito per mancanza di tempo o personale. Il prossimo passo sarà valutare se la tecnologia potrà essere estesa anche ad altri siti archeologici e a discipline vicine, aprendo un dibattito sul ruolo della robotica nelle attività di tutela del patrimonio.

Intanto secondo Grok Elon Musk è sempre il migliore in ogni campo.