Come abbiamo riportato ieri, Blizzard ha punito severamente il giocatore professionista Chung "Blitzchung" Ng Wai, specialista di HeartStone ad alti livelli, per aver lanciato un messaggio di sostegno alle proteste di Hong Kong contro il governo cinese. Nel corso di un'intervista trasmessa in streaming, rilasciata in seguito a un suo incontro nel corso dei Grandmasters Asia Pacific, ha gridato al microfono "Liberate Hong Kong, la rivoluzione della nostra epoca!", indossando una maschera anti gas simile a quella usata dai manifestanti e diventata una sorta di simbolo del movimento. L'evento ha colto un po' tutti di sorpresa, compresi i due intervistatori che non avevano idea degli sviluppi della questione e che a quanto pare ci hanno rimesso pure il posto di lavoro, visto che Blizzard oltre a cacciare Blitzchung sembra abbia anche licenziato i due commentatori, tanto per non lasciare prigionieri. Le misure prese da Blizzard sono state imponenti, oltre a cancellare immediatamente i video relativi all'intera giornata dei Grandmaster dagli archivi.
Appellandosi alla sezione 6.1 del regolamento sulle competizioni ufficiali, che vieta la partecipazione a dispute pubbliche o comportamenti che possano offendere il pubblico o danneggiare l'immagine della compagnia, Blizzard ha bandito Ng Wai dai Grandmaster di Hearthstone, ha azzerato i suoi premi in denaro e ha vietato la sua partecipazione ad eventi eSport di Hearthstone per un anno, fino all'ottobre 2020. I due commentatori, che nel corso dell'episodio si sono letteralmente rifugiati sotto il tavolo colti di sorpresa dall'uscita di Blitzchung e terrorizzati evidentemente dalla situazione, sono stati direttamente rimossi dai posti di lavoro, a quanto pare, sebbene non ci siano motivazioni ufficiali al riguardo. Nel frattempo, mentre la questione assumeva rilievo sul subReddit ufficiale di Hearthstone, Blizzard ha provveduto anche alla chiusura dei commenti alle news ufficiali sul proprio sito, una misura abbastanza inedita rispetto alla tradizione.
Sembra peraltro che i social della divisione cinese di Blizzard abbiano posto la vicenda da un punto di vista particolarmente politico, visto che su Weibo, il principale social network cinese, pare che la compagnia abbia fatto esplicito riferimento al dovere di difendere "l'orgoglio della Cina". Da parte sua, Blitzchung ha riferito: "Come sapete, ci sono in corso delle proteste importanti nella mia terra adesso. Il mio richiamo sul livestream è stato solo un'altra forma di partecipazione alla protesta su cui vorrei che fosse posta più attenzione. Ho messo molto impegno in quel movimento sociale nei mesi passati, tanto da non essere riuscito nemmeno a concentrarmi bene per prepararmi ai match del Grandmaster. So cosa significhi aver fatto quello che ho fatto, potrebbe causarmi un bel po' di problemi, anche alla mia sicurezza personale nella vita reale, ma penso che sia mio dovere dire qualcosa su questo problema".
La questione sta avendo ampia risonanza soprattutto fra i media occidentali, facendo montare la polemica contro il comportamento di Blizzard nell'occasione, tanto da far partire anche un boicottaggio che potrebbe portare a sviluppi piuttosto interessanti da seguire in vista del BlizzCon 2019. Al di là delle discussioni nel merito della questione politica, sicuramente più interessanti ma decisamente complesse, si può notare però anche un altro aspetto particolare che emerge dall'intera situazione: come l'eSport sia un ambito piuttosto diverso dallo sport reale anche per quanto riguarda queste vicende, non avendo potuto gestire la situazione secondo linee guida precise o facendo riferimento a precedenti. Tenendo ben presente che si tratta di un evento di diversa rilevanza rispetto ai pugni con i guanti neri esposti al mondo da Tommie Smith e John Carlos alle Olimpiadi del 1968, l'uscita di Blitzchung ha comunque una notevole importanza, soprattutto considerando quanto lontana ed edulcorata sia la visione della lotta politica nell'intrattenimento dedicato ai giovani.
A dire il vero nemmeno le organizzazioni sportive hanno regole precise al riguardo, ma comprendono se non altro alcune linee guida sulla gestione di casi che riguardano dichiarazioni o gesti legati a posizioni politiche, sostanzialmente vietandole ma facendo dei distinguo caso per caso: nella fattispecie, vengono riservati trattamenti punitivi nei casi di apologia a regimi o fazioni politiche storicamente vietati, prevedendo invece degli approcci più studiati nelle questioni più controverse. Di fatto, però, è difficile che un'organizzazione agisca nuclearizzando tutto come fatto da Blizzard, cosa che ci porta al nocciolo della questione: una competizione gestita completamente da una compagnia privata pone già un grosso problema di equità nella scelta delle soluzioni da adottare in casi di questo tipo. Questo a prescindere dalla coerenza o meno di una protesta politica nel corso di un evento sportivo o dagli interessi economici della compagnia in questione con il paese oggetto della protesta (elemento questo che aggrava ulteriormente la situazione). Nel frattempo, per rimanere nell'ambito del "marketing prima di tutto", Epic Games ha già pensato bene di sfruttare la situazione a proprio vantaggio dichiarando che in Fortnite nessuno verrebbe bannato per un discorso politico, staremo a vedere.