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Bungie va in rosso, licenzia in massa e Sony raccoglie i cocci: è il peggior sbaglio della gestione di Jim Ryan?

Bungie ha licenziato e trasferito una grossa fetta del suo personale e ammette di avere i conti in rosso. I 3,6 miliardi di dollari spesi da Sony per acquisirla si stanno rivelando un pessimo investimento?

NOTIZIA di Stefano Paglia   —   01/08/2024
I loghi di PlayStation e Bungie

Quella di Bungie è stata l'acquisizione più costosa durante la campagna acquisti di Sony degli ultimi anni. La compagnia giapponese ha speso ben 3,6 miliardi di dollari nel 2022 per annetterla alla propria scuderia, pur lasciandole l'indipendenza decisionale e creativa, con l'obiettivo di accedere al suo "know how" in materia di giochi live service per "espandere PlayStation a centinaia di milioni di giocatori". Del resto parliamo del team dietro a Destiny, una serie che pur con degli scivoloni ancora oggi attrae tantissimi giocatori, e l'idea di renderla una sorta di supervisore e perno della strategia basata sullo sviluppo di oltre 10 GaaS entro il 2026 lanciata durante l'era del ex CEO Jim Ryan non sembrava neppure così malvagia.

Eppure, qualcosa deve essere andato terribilmente storto nel grande piano di Sony: Bungie non solo per il momento non si è rivelato un acquisto fruttuoso, perlomeno dal punto di vista di chi i giochi li fruisce, ma la recente ondata di licenziamenti e i conti in rosso confermati dal CEO Pete Parsons dipingono un quadro preoccupante di uno studio con grande potenziale ma anche problematico da gestire.

La gestione disastrosa di Bungie degli ultimi 5 anni

Faccio un riassunto per chi si fosse perso le ultime: dopo i circa 100 ruoli eliminati lo scorso anno, ieri Bungie ha annunciato il licenziamento di altre 220 persone (il 17% del totale), mentre altri 155 membri verranno integrati nell'organico di SIE (che altrimenti sarebbero stati a loro volta licenziati). A questi si aggiunge il trasferimento di un non precisato numero di dipendenti ai PlayStation Studios per fondare un nuovo team che si occuperà di un progetto precedentemente in sviluppo all'interno dello studio basato su una nuova IP.

Un Cacciatore in Destiny 2
Un Cacciatore in Destiny 2

Se già il numero di persone licenziate o trasferite è preoccupante, il lungo comunicato del CEO Pete Parsons, stranamente più dettagliato e chiarificatore rispetto a quelli di circostanza che solitamente vengono condivisi in questi casi, parla di una situazione difficile all'interno dello studio che si protrae da anni. Puntando molto, forse troppo, in alto lo studio aveva pianificato di dividere i propri sforzi in "tre franchise popolari e duraturi". Uno è sicuramente Destiny, l'altro forse sarà Marathon (che pare aver subito dei cambiamenti drastici alla sua struttura, stando a un report di IGN), mentre per il terzo slot si sperava in uno dei numerosi progetti in incubazione avviati dallo studio negli anni e che pare non abbiano dato i loro frutti (sempre IGN afferma che la nuova IP Matter sia stata cestinata nel 2020, che un altro progetto senza nome sia stato cassato nel 2022, mentre il MOBA con nome in codice "Gummy Bears" sarebbe stato messo in pausa nella migliore delle ipotesi).

Cosa è andato storto? A detta di Parsons, lo sbaglio è stato quello assegnare i leader dei team attivi a progetti di incubazione dal futuro incerto, gravando sulle spalle dello sviluppo di Destiny 2 (e a questo punto non è un caso se L'Eclissi è stata a furor di popolo una pessima espansione) e su quelle di Marathon. Al tempo stesso la massiccia campagna assunzioni lanciata negli scorsi anni, che ha portato l'organico totale a oltre 1.300 persone (decisamente tante per uno studio che di fatto al momento ha come progetto attivo sul mercato il solo Destiny 2) è andata a finire come tutte le altre avviate dai big dell'industria durante la parentesi del Covid-19: non appena la bolla videoludica è scoppiata e i numeri drogati dalla pandemia hanno iniziato a calare, si è calata la scure sul personale.

I conti in rosso e l'intervento di Sony

Non solo ci hanno rimesso lo sviluppo di Destiny 2 e Marathon, ma questa divisione della forza lavoro su molteplici progetti ha prosciugato anche le finanze di Bungie, con Parsons stesso che afferma che i conti dello studio sono iniziati "ad andare in rosso".

Uno dei primi scatti ufficiali di Marathon
Uno dei primi scatti ufficiali di Marathon

In tutto ciò Sony Interactive Entertainment è quella che ci mette i soldi e il fatto che abbia concesso indipendenza decisionale e creativa, non significa che non può agire direttamente nel caso si venga a creare una voragine economica di questa portata. È probabilmente la compagnia guidata dai due co-CEO Hermen Hulst e Hideaki Nishino ad aver imposto i licenziamenti e il trasferimento di parte del personale all'interno della casa madre (che si suppone verrà ripartito tra i vari team dei PlayStation Studios) e che, stando alle fonti del giornalista Jeff Grubb, ora abbia deciso di revocare l'autonomia garantita al momento dell'acquisizione per trasformare Bungie in uno studio sotto il suo diretto controllo. Se ciò sarà un bene o un male, ce lo dirà solo il tempo.

Chi teme per la chiusura della studio, per il momento può dormire sonni tranquilli: Bungie ha confermato di avere ancora 850 dipendenti attivi, un organico più che sufficientemente grande per mantenere su alti livelli il supporto a Destiny 2, sviluppare Marathon e probabilmente anche dedicarsi a nuovi progetti. Ma è chiaro che qualcosa della strategia dello studio e di Sony, che ci ha investito 3,6 miliardi di dollari e l'ha supportato, è andato terribilmente storto e purtroppo l'attuale stato dell'industria videoludica AAA, dai costi sempre più alti e i profitti sempre più risicati, semplicemente non permette margini di errore.

Questo è un editoriale scritto da un membro della redazione e non è necessariamente rappresentativo della linea editoriale di Multiplayer.it.