L'ex Ministro dello Sviluppo Economico Carlo Calenda continua a dimostrare il suo completo disprezzo per i videogiochi ogni volta che parla dell'educazione dei figli, lanciandosi oltretutto in ardite metafore facilmente fraintendibili, come quella sulla loro "educazione siberiana".
Durante la rassegna stampa Casa Lateral di Luca Bottura, che va in onda tutti i giorni sulla sua pagina Facebook, il nostro ha raccontato di come ha continuato a gestire l'istruzione dei figli in tempo di COVID-19, non lasciando niente al caso:
"Come per le conference call con Bruxelles preparo i documenti, li stampo, li leggo, li distribuisco, poi divido i ragazzi e sorveglio. Anche in tempo di quarantena con mia moglie siamo riusciti a portare avanti la nostra "educazione siberiana". Niente smartphone, social e giochi elettronici."
Ora, capiamo che Calenda voglia educare i figli come gli Urka, dei criminali dai grandi valori etici e dalla storia invero affascinante (immaginiamo però che per lui educazione siberiana sia un sinonimo di "rigorosa"), ma perché reiterare per l'ennesima volta il suo disprezzo per i videogiochi? Oltretutto dopo che sembrava averli un po' rivalutati? Cioè, perché uno che ha guidato lo sviluppo economico di un paese come l'Italia deve continuamente dimostrarsi così astioso verso un settore trainante dell'economia mondiale? Non chiediamo che li ami, ma che almeno li rispetti.
Comunque pare che il destino lo abbia punito, perché due figli su tre gli sono venuti su comunisti: "Il figlio maggiore è comunista e fa propaganda in famiglia. Il fratello per le elezioni della scuola e la sua lista ha disegnato un logo rosso con un pugno al centro e la scritta "Rivoluzione continua"". Se vogliamo è un bel contrappasso per qualcuno che si vanta di impartir loro un'educazione siberiana... ¡Hasta la revolución!