In una recente intervista condotta da Jake Lucky di Gaming World Media, Minh Le (uno dei co-creatori di Counter-Strike) ha parlato di - tra le varie - di un argomento molto importante per i fan del PvP odierno: l'enorme presenza di bari.
Minh Le ha detto la propria, definendo la situazione "una epidemia".
Le parole di Minh Le sui bari del multigiocatore
Minh Le ha detto: "È un'epidemia, perché 20 anni fa, quando Counter-Strike è nato, il cheating era un po' un problema, ma non ha mai raggiunto i livelli attuali."
"Quando lavoravo a Counter-Strike, probabilmente mi imbattevo in un cheater forse il 5% delle volte, forse il 10%, ma in questi giochi, quando entro in una partita multigiocatore, capita il 40% o il 50% delle volte di imbattermi in qualche evento dubbio. Come giocatore, non vuoi giocare a giochi con queste caratteristiche e come sviluppatore non vuoi creare un gioco che sia rovinato da questa situazione. È una sfida davvero grande, che stiamo cercando di affrontare da 20 anni".
Ha poi spiegato che quando lavorava presso Valve, due decenni fa, si impegnava a fondo per combattere i cheater, assumendo "molte persone intelligenti e fantastiche", ma riteneva che si trattasse sempre di "giocare a inseguirsi".
"Oggi le cose funzionano così: gli sviluppatori stanno cercando di adeguarsi alla cadenza dei fornitori di cheat, ma è come sconfiggere un'idra a più teste. Quando si chiude un fornitore di cheat attraverso un'azione legale, ne emerge inevitabilmente un altro."
Minh Le ha spiegato che in Paesi come la Corea del Sud, il cheating nei videogiochi è punito in modo molto più severo: i giocatori devono verificare il proprio ID prima di giocare in multiplayer. Ciò significa che se vengono scoperti a barare, vengono inseriti in una lista nera a livello universale. Per dirla con le sue parole: "Se ti beccano a barare in Corea, è un bel problema".