"Xbox is Doomed" è ormai un trademark registrato da anni e anni, ma questa settimana sembra aver ritrovato una nuova spinta, tra le polemiche sui 60 fps di Redfall, le scarse vendite di Xbox Series X|S rispetto alla concorrenza e, proprio oggi, anche il fatto che Hi-Fi Rush sia stato un "flop". A stretto giro è arrivata la smentita da parte di Greenberg, il quale ha riferito che il gioco di Tango GameWorks si è invece dimostrato un successo sotto tutti i punti di vista, anche rispetto alle aspettative di Microsoft. In effetti la notizia iniziale, riportata da Jeff Grubb durante uno delle sue elucubrazioni in podcast, non poteva basarsi su dati tangibili, considerando come Microsoft non abbia rilasciato alcun dato di vendita né variazioni sulle metriche del Game Pass e come il gioco (come molti altri di Xbox Game Studios) non sia uscito in versione retail e dunque non ci siano stime anche ufficiose.
Tuttavia, al di là di tutto questo, quello che fa riflettere è la definizione stessa di flop, per un gioco uscito a sorpresa direttamente sul servizio in abbonamento. In base a quali parametri si può usare una definizione del genere all'interno del nuovo contesto? Si parla di vendite? Di quantità di download? Di durata di sessioni complessive sul gioco? Di variazioni nella quantità di nuovi abbonamenti o di utenti attivi mensili? Non si sa, e questo dubbio è interessante perché riflette tutti i misteri che circondano il cambio di paradigma che Xbox Game Pass ha portato al mercato videoludico. Tanto per intenderci, siamo ancora spesso a discutere del successo dei giochi basandoci sui dati di vendita forniti dai negozi del Regno Unito o del Nord America quando il mercato si è ormai spostato da anni sul fronte digitale, cosa che può dare un'idea della confusione che ci sia in giro. Il dato incontrovertibile è che Xbox Series X|S come hardware stiano vendendo molto (ma molto) meno di PS5, ma anche questo potrebbe dire poco dell'effettivo successo dei giochi e di Game Pass in generale, visto che il servizio punta ad allargarsi su una quantità di dispositivi e modalità di fruizione che vanno ben al di là delle console standard.
Secondo Grubb, i giochi lanciati su Xbox Game Pass rientrano comunque in un piano che prevede degli obiettivi di vendita, evidentemente come canale di introito aggiuntivo rispetto alla capacità di incrementare o mantenere gli abbonamenti attivi. Si tratterebbe, nel caso venisse confermato, della conferma che il servizio Microsoft si pone in un ambito tutto suo rispetto ad altri servizi su abbonamento, come quelli video, in cui la singola vendita del prodotto non è nemmeno contemplata. Sebbene sia probabile che tali aspettative incentrate sulla vendita standard esistano, perché effettivamente Xbox Game Pass consente anche di acquistare giochi in maniera tradizionale, è difficile pensare che tali obiettivi fossero particolarmente alti per Hi-Fi Rush, che è stato lanciato nel servizio con uno "shadow drop" totalmente a sorpresa. È vero che la stessa cosa è stata effettuata per Metroid Prime Remastered e ha portato a un grande successo, ma in tal caso parliamo di un gioco che non è stato inserito in alcun servizio in abbonamento e che ha un nome già famoso, cosa ben diversa da una nuova proprietà intellettuale inedita.
Insomma, al di là delle smentite da parte di executive direttamente interessati, che ovviamente potrebbero voler dire poco anche quelle in assenza di dati certi, l'idea è che la valutazione del successo o meno di un prodotto studiato essere fruito in digitale e specialmente attraverso un servizio in abbonamento debba per forza essere legata a parametri diversi da quelli a cui siamo ormai abituati da anni. D'altra parte, ci sono alcuni elementi condivisibili nel discorso di Grubb: a fronte di produzioni diversificate, che possono andare da tripla A a varie sperimentazioni, con anche vari giochi narrativi, single player e autoconclusivi, è vero che la spinta sul Game Pass dovrà essere sostenuta anche da titoli in grado di garantire una certa monetizzazione. In questo senso, l'approccio misto del servizio su abbonamento di Microsoft probabilmente prevede una certa quantità di giochi che possano garantire degli introiti aggiuntivi, magari attraverso micro-transazioni (come poteva essere Halo Infinite nei progetti iniziali) o DLC a pagamento (come abbiamo visto con Forza Horizon 5 e vari altri).
Per questi motivi, è lecito pensare che una parte della produzione first party o degli accordi sui third party riguarderà giochi in grado di implementare questa tipologia di monetizzazione, cosa che sembra essere condivisa anche da Sony con il suo piano in atto riguardante i vari giochi live service in sviluppo.
Parliamone è una rubrica d'opinione quotidiana che propone uno spunto di discussione attorno alla notizia del giorno, un piccolo editoriale scritto da un membro della redazione ma che non è necessariamente rappresentativo della linea editoriale di Multiplayer.it.