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Loot box e gioco d’azzardo, riprende il dibattito nel Regno Unito

Loot box equiparabili al gioco d'azzardo? Il tema è tornato d'attualità dopo la presa di posizione del Digital, Culture, Media and Sport Committee britannico. Approfondiamo i contenuti del nuovo report.

NOTIZIA di Davide Spotti   —   17/09/2019

Negli ultimi giorni il dibattito inerente le loot box e la loro equiparazione al gioco d'azzardo è tornato d'attualità nel Regno Unito. Dopo una serie di indagini durata quasi nove mesi, il Digital, Culture, Media and Sport Committee (DCMS) britannico ha infatti stilato un rapporto dei 84 pagine riferito alle tecnologie potenzialmente in grado di generare dipendenza nei loro fruitori; in cima a questa lista ci sono proprio le controverse pratiche adottate da alcune aziende del settore videoludico.

La tesi secondo cui esisterebbe una diretta correlazione tra casse premio e gioco d'azzardo è stata sostenuta da una serie di argomentazioni probatorie estrapolate da interviste con sviluppatori, attività commerciali del settore e figure accademiche esperte in materia. Dal documento emerge una generale "mancanza di onestà e trasparenza" da parte delle società che usufruiscono di queste metodologie.

Come riporta GamesIndustry, Damian Collins, presidente della commissione DCMS, ha dichiarato che le aziende dovrebbero essere più sensibili verso questa tematica, e in buona sostanza ha contestato la presa di posizione del governo inglese, che come ricorderete già lo scorso anno aveva escluso una specifica correlazione tra le due pratiche. L'iniziativa del DCMS è dunque volta a stimolare la redazione di un documento nel quale venga argomentato perché le casse premio debbano considerarsi esenti dalle normative in materia di gioco d'azzardo nel Paese.

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Nel report si invita l'industria dei videogiochi ad assumersi la responsabilità di proteggere i giocatori da potenziali danni, supportando al contempo la ricerca indipendente riguardo agli effetti a lungo termine causati dal gaming. Più nello specifico, l'organo ha espresso preoccupazione per la mancanza di sistemi volti a verificare in concreto l'età dei soggetti che fruiscono determinati contenuti.

L'inchiesta ha reso necessaria la condivisione di dati a fini di ricerca, ma secondo quanto riportato nel documento queste informazioni sono state spesso difficili da ottenere, poiché molte aziende - e viene citata in particolare Epic Games - hanno cercato di glissare quando sono state poste domande sulla spesa abituale dei consumatori e il numero di ore giocate.

"Il gaming contribuisce a un settore che genera miliardi di entrate. È inaccettabile che alcune aziende con milioni di utenti e bambini tra di essi siano così mal organizzate nel parlarci del potenziale danno arrecato dai loro prodotti. È tempo per le aziende del settore di utilizzare le enormi quantità di dati che raccolgono sui loro giocatori, di fare di più per identificare in modo proattivo i giocatori vulnerabili", ha fatto notare Collins.

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I membri del comitato rimarcano inoltre che le società sono state generalmente riluttanti ad accettare di assumersi responsabilità per il comportamento dei giocatori o ad intervenire in presenza di spese al di fuori della norma. "Il gaming è diversi anni indietro rispetto al gioco d'azzardo in relazione alla protezione dei soggetti vulnerabili", prosegue il report, evidenziando i molti casi di individui che spendono cifre folli in titoli tra i quali RuneScape e FIFA.

Da ultimo viene fatto presente che potrebbe rendersi necessaria una legislazione volta a proteggere i bambini da quei prodotti non adatti alla loro età. Il recente caso che sta facendo piuttosto discutere in questo senso è quello di NBA 2K20, dove 2K ha inserito slot machine e pachinko pur continuando a vendere il prodotto prodotto con PEGI 3.

Come era lecito aspettarsi, sulla vicenda ha scelto di prendere una posizione Electronic Arts, storicamente nel mirino del pubblico per l'uso delle loot box in vari suoi prodotti. "Abbiamo esaminato e stiamo valutando attentamente i risultati del rapporto del DCMS. Pur non trovandoci d'accordo con le conclusioni e raccomandazioni contenuti nel documento, prendiamo molto sul serio le nostre responsabilità nei confronti dei giocatori di tutte le età", scrive il publisher americano.

"Ci impegniamo costantemente per la sicurezza e il benessere dei giocatori ogni volta che fruiscono i nostri titoli o si impegnano nelle nostre community. Continueremo a esaminare come poter contribuire a una ricerca produttiva e a soluzioni per i temi evidenziati da questa ricerca, e ci aspettiamo di proseguire il nostro dialogo in corso con il governo del Regno Unito." GamesIndustry riferisce di aver interpellato anche Epic Games, 2K Games e Ubisoft, che tuttavia hanno preferito non rilasciare dichiarazioni ufficiali in merito.

Voi cosa ne pensate di queste nuove considerazioni emerse dal rapporto del Digital, Culture, Media and Sport Committee? Parliamone.