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Meta, X e LinkedIn contro l’Italia: ricorso da un miliardo sull’IVA dei dati personali

Per l'Agenzia delle Entrate, i dati personali ceduti per accedere a piattaforme gratuite equivalgono a una transazione economica: il caso potrebbe ridefinire le regole fiscali in tutta Europa.

NOTIZIA di Simone Lelli   —   22/07/2025
Unione Europea

Mentre le tensioni tra Unione Europea e Big Tech continuano a crescere, l'Italia apre un fronte inedito sul terreno della fiscalità digitale. Meta, X (ex Twitter) e LinkedIn hanno impugnato davanti alla giustizia tributaria italiana un'imponente richiesta di pagamento dell'IVA, basata su una tesi finora mai applicata: l'accesso gratuito a piattaforme online sarebbe da considerarsi una prestazione imponibile, perché compensata dalla cessione di dati personali.

Secondo quanto riportato da fonti vicine alla vicenda, si tratta della prima volta che una controversia di questo tipo non viene chiusa con un accordo extragiudiziale, ma si trasforma in un processo a tutti gli effetti, con possibili ripercussioni normative per l'intera Unione Europea.

I dati come valuta digitale? L’Italia ci prova

Al centro della controversia c'è l'idea che la registrazione gratuita a un social network non sia affatto "gratuita": l'utente concede i propri dati personali - spesso destinati alla profilazione per fini pubblicitari - ricevendo in cambio un servizio. Un principio che, se accolto, equiparerebbe questo scambio a una transazione commerciale soggetta a imposta sul valore aggiunto.

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Per questo, il fisco italiano ha notificato tre maxi accertamenti: circa 888 milioni di euro a Meta (che controlla Facebook e Instagram), 140 milioni a LinkedIn (controllata da Microsoft) e 12,5 milioni a X, la piattaforma di Elon Musk. Tutte e tre le aziende hanno presentato ricorso dopo la scadenza del termine per impugnare gli avvisi di accertamento notificati a marzo.

Una posizione che potrebbe presto diventare un precedente europeo, influenzando tutte le aziende che offrono servizi "gratuiti" in cambio dell'accettazione di cookie o autorizzazioni per il trattamento dei dati. Dalle compagnie aeree agli e-commerce, passando per l'informazione online, il modello di business di interi settori potrebbe essere messo in discussione.

Verso un parere dell’Unione Europea

Visto il potenziale impatto normativo della vicenda, l'Italia intende portare il caso davanti alla Commissione Europea. Il Ministero dell'Economia, in collaborazione con l'Agenzia delle Entrate, sta preparando una serie di quesiti da sottoporre al Comitato IVA dell'UE, che si riunisce due volte l'anno. L'obiettivo è avere un primo riscontro già nella sessione prevista per novembre, in vista di un parere definitivo nella primavera del 2026.

Gli uffici di Meta
Gli uffici di Meta

Sebbene il parere del Comitato non sia vincolante, un responso negativo potrebbe spingere Roma a fare marcia indietro, chiudendo il caso e archiviando le indagini parallele condotte dalla magistratura. Un parere favorevole, invece, aprirebbe la porta a una riforma del sistema IVA su scala comunitaria.