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NVIDIA, Jensen Huang contraddice uno studio del MIT: l'IA lo ha reso più intelligente

Il CEO di NVIDIA risponde a uno studio del MIT: secondo lui, l'intelligenza artificiale potenzia le capacità cognitive e stimola il pensiero critico.

NOTIZIA di Raffaele Staccini   —   14/07/2025
NVIDIA

Nel corso di un'intervista rilasciata a Fareed Zakaria per la CNN, Jensen Huang, amministratore delegato di NVIDIA, ha commentato l'impatto dell'uso dell'intelligenza artificiale sulle capacità cognitive individuali. Il confronto è nato da uno studio recente pubblicato dal MIT, secondo il quale l'impiego intensivo di strumenti basati su IA, come i chatbot, ridurrebbe l'attività cerebrale e la capacità di pensiero originale. Huang ha dichiarato di non aver visionato direttamente la ricerca, ma ha espresso forti dubbi sulle sue conclusioni.

Nel suo intervento, il CEO ha sottolineato come l'interazione quotidiana con l'IA, se condotta con metodo e spirito critico, possa rappresentare un'opportunità per potenziare il ragionamento e sviluppare nuove competenze. Il suo approccio personale alla tecnologia, ha spiegato, non prevede un utilizzo passivo, ma piuttosto un dialogo continuo finalizzato all'apprendimento e alla risoluzione dei problemi.

La risposta di Jensen Huang alla ricerca del MIT

Lo studio del MIT a cui si fa riferimento ha analizzato il comportamento di alcuni partecipanti alle prese con la stesura di saggi, svolta in parte con l'ausilio di ChatGPT. I ricercatori hanno rilevato che, dopo un primo approccio attivo in cui gli utenti strutturavano le richieste al modello, gran parte di loro ha progressivamente adottato una strategia più passiva, arrivando a copiare le risposte del sistema senza rielaborarle. Questo cambiamento si sarebbe riflesso in una minore attività cerebrale, difficoltà nel ricordare quanto prodotto e prestazioni inferiori sotto il profilo linguistico e comportamentale. Interpellato sul tema, Jensen Huang ha spiegato che, pur non avendo letto direttamente lo studio, il suo uso dell'IA segue una logica differente: "Utilizzo strumenti basati su intelligenza artificiale ogni giorno, ma non per ottenere risposte preconfezionate", ha detto. "Li uso per farmi insegnare ciò che non so, o per risolvere problemi che non saprei affrontare da solo." Secondo Huang, insomma, non è l'IA a sostituirsi al pensiero umano, ma è l'utente che, se consapevole, può trasformarla in uno strumento di potenziamento cognitivo.

Un elemento centrale del suo metodo consiste nella formulazione di domande articolate e nella verifica critica delle risposte. Il CEO ha descritto l'interazione con l'IA come un processo "dialogico", in cui la capacità di porre quesiti precisi rappresenta una competenza chiave. "Per fare buone domande bisogna pensare, analizzare, riflettere. Questo è ciò che rende l'uso dell'intelligenza artificiale un esercizio intellettuale vero e proprio", ha affermato.

Huang ha anche raccontato di utilizzare più modelli contemporaneamente per avere più risposte e stimolare un confronto tra sistemi differenti. Una pratica che, a suo avviso, equivale a consultare più esperti per avere visioni differenti su uno stesso argomento. "Di solito prendo una risposta da un modello, la fornisco a un altro e chiedo: puoi criticarla? Questo confronto mi aiuta a riflettere e sviluppare pensiero critico".

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L'approccio proposto da Huang si basa sull'idea che l'interazione attiva con l'IA, se ben strutturata, possa stimolare la mente umana piuttosto che indebolirla. Un utilizzo critico e consapevole sarebbe dunque essenziale per evitare di cadere in un uso passivo della tecnologia, che finirebbe per depotenziare la capacità analitica e creativa degli utenti.

Voi che cosa ne pensate? E qual è il vostro approccio all'IA? Diteci la vostra nei commenti qua sotto. Intanto OpenAI rinvia il suo primo modello "aperto" per ragioni di sicurezza: ecco l'annuncio di Altman.