OpenAI avrebbe aggiornato le proprie proiezioni finanziarie con una previsione che fa rumore: 115 miliardi di dollari di spese cumulative entro il 2029, circa 80 miliardi in più rispetto alle stime precedenti. Già nel 2025 l'azienda prevede di bruciare oltre 8 miliardi di dollari, un miliardo e mezzo in più rispetto alle stime di inizio anno.
Server, chip e data center: la corsa ai costi
Gran parte di queste spese deriva dall'enorme fabbisogno di calcolo per alimentare ChatGPT e i futuri modelli generativi. OpenAI è oggi uno dei principali "affittuari" di server cloud al mondo, ma sta cercando di ridurre la dipendenza dai fornitori esterni. L'azienda punta infatti a produrre chip proprietari già dal prossimo anno, in partnership con Broadcom, da utilizzare internamente nei propri data center.
Per sostenere la crescita, OpenAI ha ampliato le collaborazioni con i colossi del settore. A luglio ha rafforzato la partnership con Oracle, con un piano da 4,5 gigawatt di capacità di data center, parte del maxi-progetto Stargate da 500 miliardi e 10 gigawatt che coinvolge anche SoftBank. In parallelo, OpenAI ha aggiunto Google Cloud ai suoi fornitori di calcolo, affiancando così Microsoft e Oracle.
Proiezioni in crescita fino al 2028
Secondo le stime riportate, il cash burn raddoppierà nel 2026, superando i 17 miliardi, con un aumento di 10 miliardi rispetto alle previsioni precedenti. La curva della spesa continuerà a crescere: 35 miliardi nel 2027 e 45 miliardi nel 2028, con l'obiettivo di sostenere la diffusione e il continuo miglioramento dei modelli linguistici.
Il nuovo scenario finanziario conferma l'ambizione di OpenAI di restare al centro della corsa globale all'intelligenza artificiale, anche a costo di investimenti fuori scala. Resta da capire se questa strategia, che unisce ricerca, infrastrutture e chip proprietari, riuscirà a trasformarsi in un modello di business sostenibile, o se il cash burn record rischierà di pesare sulle prospettive di lungo periodo dell'azienda.