Nella giornata di oggi due tra i più importanti gruppi editoriali giapponesi, Nikkei e Asahi Shimbun, hanno avviato un'azione legale contro Perplexity. Secondo la denuncia, la società avrebbe "copiato e archiviato articoli" dai loro server senza permesso, arrivando persino ad attribuire loro informazioni inesatte. Le due testate chiedono un risarcimento di 2,2 miliardi di yen ciascuna (circa 15 milioni di dollari) e la rimozione immediata di tutti i contenuti immagazzinati.
L’accusa ai danni del giornalismo
Nikkei ha definito le azioni di Perplexity come "un caso di free riding su larga scala", sottolineando che si tratta di un uso ingiusto del lavoro giornalistico, frutto di tempo e risorse ingenti, senza alcun tipo di compenso. Le aziende editoriali temono che, se non regolato, questo comportamento possa minare alla base la fiducia nel giornalismo professionale, riducendo la sostenibilità economica delle redazioni.
Ironia della sorte, la causa arriva appena un giorno dopo l'annuncio di Comet Plus, un nuovo abbonamento da 5 dollari al mese che Perplexity propone come strumento di revenue sharing con gli editori. Il piano prevede che i publisher ricevano l'80% dei ricavi, ma la cifra effettiva si tradurrebbe in circa 4 dollari per dare accesso a intere biblioteche di articoli: molto meno dei 20-30 dollari che molte testate richiedono per i loro abbonamenti digitali.
Precedenti e accuse ricorrenti
Non è la prima volta che Perplexity viene accusata di comportamenti simili. Nel 2024 Forbes e Wired avevano denunciato scraping illecito dei loro contenuti, mentre a inizio agosto 2025 Cloudflare ha segnalato che i crawler dell'azienda aggiravano file robots.txt e firewall, fingendosi Google Chrome e mascherando gli indirizzi IP. Questo pattern alimenta i dubbi sulla reale volontà di Perplexity di rispettare le regole del web e i diritti degli editori.
Perplexity, che con il browser Comet punta a rivoluzionare la fruizione dei contenuti tramite assistenti AI, si trova ora in una posizione delicata. Da un lato cerca di costruire rapporti con i publisher con promesse di condivisione dei ricavi, dall'altro deve difendersi da accuse pesanti di plagio e manipolazione dei contenuti. L'esito della causa giapponese potrebbe diventare un precedente cruciale per l'intero settore: se gli editori avranno successo, altre testate potrebbero intraprendere azioni simili, ridefinendo il modo in cui le aziende di intelligenza artificiale trattano la proprietà intellettuale.