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PS Store: comportamenti riprovevoli, ban, giochi inaccessibili e i rischi del digitale

Il caso di "Rob" pone degli interrogativi sui limiti alla possibilità di utilizzo dei beni acquistati in digitale, nella fattispecie i videogiochi su PS Store.

NOTIZIA di Giorgio Melani   —   23/04/2019

In una settimana che sembra non essere troppo ricca di spunti di discussione, cogliamo la possibilità di parlare del caso di Rob, nome fittizio di un utente che, a quanto pare, si è visto privare della possibilità di accedere alla propria libreria di giochi in digitale su PS4 a causa di frasi e comportamenti giudicati scorretti da Sony, per i quali si è beccato un ban temporaneo da PlayStation Network con annesso blocco del catalogo di giochi regolarmente acquistati. Al di là delle motivazioni sacrosante che possano aver scatenato il ban da parte di Sony, fanno discutere le conseguenze di questa sospensione, che da un certo punto di vista potrebbero anche far presagire i possibili rischi che si corrono nell'affidarsi esclusivamente al mercato digitale, conseguenze paventate da tempo da coloro che continuano a sostenere l'acquisto, sotto molti aspetti anacronistico, di prodotti su supporto fisico.

Prima di tutto una premessa: tutta la storia parte da una segnalazione ricevuta direttamente da OneAngryGamer, che - con tutto il rispetto - tende ad avere posizioni alquanto nette su certi argomenti (come lascia intuire lo stesso nome del sito) per non dire politicizzate. Se il taglio degli articoli resta prevalentemente critico su un fronte più prettamente videoludico, guardando i commenti della community si nota come le argomentazioni si tingano spesso di elementi politici che strizzano l'occhio all'Alt-Right, quando non alla destra americana più tradizionale, con varie punte di misoginia e razzismo. In ogni caso, come spesso accade sul sito, l'articolo risulta esaustivo e ricco di prove, dunque non abbiamo motivo di credere che il fatto non sia realmente accaduto come è stato raccontato. In pratica, questo Rob è un utente PS4 che si è ritrovato bannato in maniera temporanea da PSN per aver utilizzato frasi razziste e discriminatorie, inneggianti anche al suprematismo bianco. Il fatto che il comportamento del personaggio in questione sia riprovevole, avendo peraltro riferito di voler proseguire con tale atteggiamento, è fuori da ogni dubbio, così come è giusta la sanzione di Sony, che deriva semplicemente dall'applicazione delle regole stabilite per il PSN.

PS Store: comportamenti riprovevoli, ban, giochi inaccessibili e i rischi del digitale


Quello che può far discutere sono casomai proprio queste regole del PSN, che sono poi largamente condivise anche dagli altri servizi di digital delivery delle altre console. È giusto, in nome di queste regole, impedire l'accesso ai giochi acquistati regolarmente in digitale sulla propria console? Se l'utente ha infranto le regole legate al comportamento e dunque all'interazione tra utenti, sarebbe forse più corretto e adeguato infliggere una punizione che abbia a che fare con l'interazione stessa, dunque agire esclusivamente sul piano delle interazioni online imponendo al trasgressore un periodo di blocco per il multiplayer online o le chat sulla console? Posto che non siano state infrante delle vere e proprie leggi vigenti nel paese in cui l'utente vive, è corretta l'estensione del ban anche alla semplice fruizione di videogiochi in single player, ambito nel quale le idee (aberranti quanto possano essere quelle di un razzista) contano relativamente e non vengono comunque espresse in alcuna interazione sociale?

Un elemento critico, qui, è dato dal fatto che una tale limitazione alla libertà personale, se così si può definire il fatto di impedire l'accesso a dei beni privati per cui si è regolarmente acquistata la possibilità di accesso, è possibile soprattutto con il mercato digitale, anche se sistemi di blocco possono essere ormai applicati anche su prodotti fisici. Il fatto che l'oggetto dell'acquisto si sia spostato dal bene stesso alla semplice facoltà di usufruire della licenza del bene, nei limiti imposti da un regolamento che ha un certo grado di discrezione, pone dei punti di domanda sull'incidenza che i proprietari dei vari sistemi di digital delivery possano avere nella libertà di fruizione dei prodotti da parte degli utenti, tanto più su console dove non c'è nemmeno la possibilità di scegliere su quali store acquistare i giochi e dunque la scelta del digitale sottostà necessariamente al volere dei produttori hardware.