Resident Evil 4 ce l'ha fatta: il responso della critica ha promosso in maniera unanime il gioco Capcom, che ha evidentemente imparato dagli errori commessi con il rifacimento del terzo capitolo ed è tornata a volare alto. Si tratta però anche dell'amara conferma che siamo ormai schiavi dei remake?
È un argomento che abbiamo per certi versi trattato qualche settimana fa, ragionando sul fatto che Dead Space ha battuto The Callisto Protocol, ribadendo la superiorità delle proprietà intellettuali classiche rispetto a quelle inedite e mettendo in evidenza una chiara crisi creativa del settore.
Capcom ha sempre avuto una grande capacità di monetizzare i propri brand di maggior successo, basti pensare all'enorme quantità di edizioni di Street Fighter 2 che si sono susseguite nel corso degli anni '90, e questa mania per i remake non è che una proiezione moderna del medesimo approccio.
Una strategia indubbiamente vincente sul piano commerciale, del resto la casa di Osaka non è di certo la prima e non sarà l'ultima a sfruttare l'elemento della nostalgia che attanaglia gli attuali trentaquarantenni per rivendergli concept di cui hanno già fruito decine di anni fa, pur dopo avergli dato una bella lucidata sia sul piano della realizzazione tecnica che su quello del gameplay.
Al contempo, tuttavia, si tratta di un'impostazione perdente sul piano delle idee, un atteggiamento rinunciatario che ribadisce come sia complicato al giorno d'oggi proporre qualcosa di nuovo e di fresco e portarlo al successo: non è un caso che ben poche aziende siano riuscite a farcela.
Parliamone è una rubrica d'opinione quotidiana che propone uno spunto di discussione attorno alla notizia del giorno, un piccolo editoriale scritto da un membro della redazione ma che non è necessariamente rappresentativo della linea editoriale di Multiplayer.it.