Chris Roberts è sicuramente un uomo capace, ma è anche un pessimo amministratore. Per scoprirlo non c'era certo bisogno di Matt Perez e Nathan Vardi di Forbes, con il loro articolo fiume in cui hanno raccontato i problemi finanziari del colossale quanto per ora inconcludente Star Citizen, ma sarebbe bastato leggere il curriculum di Roberts, costellato di grandi capolavori, ma anche di sonori insuccessi. Ribadiamo: Roberts è uno sviluppatore incredibile, ma allo stesso tempo un pessimo manager. Lo dimostrò all'epoca di Strike Commander, esperienza che gli tirò dietro l'odio di tutti quelli che avevano lavorato con lui, lo dimostrò con alcuni capitoli della serie Wing Commander, che vanificarono completamente il successo dei primi capitoli; con Freelancer, che uscì in ritardo e con molte caratteristiche in meno rispetto a quelle inizialmente previste; con la gestione di Digital Anvil, che lo fece discutere con Microsoft e con la sua intera carriera nel mondo del cinema, a partire da quell'orrore che fu Wing Commander: Attacco alla Terra per proseguire con il resto della sua filmografia, considerabile meno che mediocre. Ma veniamo ai nostri giorni.
Quando Roberts con la su Cloud Imperium Games inizia Star Citizen(2011) sono ormai anni che non sviluppa videogiochi. Il già citato Freelancer, l'ultimo con la sua firma, risale infatti al 2003. Tra l'uno e l'altro la distanza è di otto anni, un gap immenso per la nostra industria, con le software house che nel frattempo sono passate da decine a centinaia di sviluppatori e con i budget che sono cresciuti di conseguenza, per progetti sempre più complessi e sempre più difficili da tenere sotto controllo. Roberts si presenta al pubblico con un gioco ambizioso quanto rivoluzionario. Sulla carta è l'evoluzione finale dei simulatori spaziali, qualcosa che non ha eguali. Nemmeno Elite: Dangerous di Frontier, i cui primi vagiti sono praticamente contemporanei a quelli di Star Citizen, sembra potergli tenere testa, nonostante abbia alle spalle David Braben, l'uomo che ha praticamente inventato il genere. Citare l'ultimo Elite non è gratuito come potrebbe sembrare, perché in realtà entrambi sono nati raccogliendo fondi tramite crowdfunding, ma con una piccola differenza: Frontier non ha mai esagerato con le promesse e il suo gioco è uscito in tempi ragionevoli. Certo, durante lo sviluppo il progetto originale è stato leggermente modificato, ma la lavorazione è sempre stata concretissima. Con Star Citizen Roberts si è comportato in modo esattamente opposto, alzando l'asticella in continuazione e aumentando il carico di feature promesse, quando la cifra raccolta dai videogiocatori ha iniziato a essere incredibilmente superiore alle attese.
Insomma, Roberts ha fatto Roberts per l'ennesima volta. Se invece di sbavare sulle promesse i videogiocatori si fossero fermati e avessero ragionato, avrebbero capito che un numero così consistente di aggiunte strutturali era irrealistico da gestire nei tempi che Roberts aveva dato inizialmente. Sulla carta Star Citizen era ed è un gioco immenso e complesso, ma in termini videoludici l'immensità e la complessità vanno programmate e basta un minimo intoppo per rallentare tutto, anche di mesi. Roberts di suo è un sognatore egocentrico, che difficilmente recede dalle sue decisioni, anche quando sono evidentemente sbagliate, come fu ad esempio quella di utilizzare il CryEngine, motore poco adatto per un simulatore spaziale e con pochi sviluppatori specializzati sul mercato, che frenò i primi anni di lavorazione. Ovviamente l'uscita nel 2014 è saltata.
Siamo nel 2019 inoltrato, cinque anni dopo, e Star Citizen è ancora eccezionale solo sulla carta. Le build rilasciate pubblicamente mostrano caratteristiche interessanti, una grafica magnifica, ma anche una quantità di lavoro da svolgere per arrivare ad avere qualcosa che sembri un gioco vero e proprio difficilmente calcolabile. Sostanzialmente c'è un pezzo di universo esplorabile, ci sono dei modelli di astronavi, ci sono degli ambienti visivamente incredibili visitabili a piedi, ma mancano quasi tutti i sistemi, che poi sono la parte più complicata da realizzare e integrare tra loro, mancano moltissime animazioni, che costano moltissimo, e le interazioni sono ridotte all'osso. Qualcuno lo ha definito un grandioso generatore di paesaggi, che potrebbe anche starci, se non fosse che è in sviluppo da quasi un decennio.
Con questo non vogliamo dire che Star Citizen non uscirà mai, ma solo che a questi ritmi per avere qualcosa di davvero giocabile bisognerà aspettare la seconda metà del prossimo decennio. Siamo sicuri che Cloud Imperium Games possa permettersi tutto questo tempo? La verità è che bisogna iniziare ad accettare come concreta l'ipotesi che Star Citizen fallisca miseramente. La sua unica possibilità sembra essere Squadron 42, ossia il modulo FPS single player di Star Citizen che sarà venduto autonomamente e che è stato più volte oggetto di altre promesse strabilianti. Nel caso esca in tempi ragionevoli e abbia successo, Roberts e i suoi potranno tirare un sospiro di sollievo. Se qualcosa andrà però storto, solo un miracolo potrà salvarli dal buco nero in cui si sono cacciati.