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Ma se tutti giocano a Fortnite, perché non si dovrebbero fare altri Fortnite?

Il mercato chi lo fa? Le chiacchiere sui forum e i milioni di dollari spesi in costumini per fare i cool online?

NOTIZIA di Simone Tagliaferri   —   02/07/2018

I videogiochi sono diventati conformisti anche se i videogiocatori non se ne sono ancora accorti. Lo sono diventati da quando, crescendo a dismisura, hanno abbracciato un pubblico sempre più vasto e variegato, formato per la gran parte da quelli che qualche anno prima non li avrebbero toccati nemmeno con un bastone. Diventandolo hanno compiuto quella mutazione che è avvenuta in tutte le arti ogni volta che sono state fagocitate dalle masse: hanno abbracciato la retorica collettiva, senza più provare a metterla in discussione. Farlo non è una possibilità, ma una necessità, se si vuole uscire dall'ombra.

Uno dei titoli che più rappresenta questo nuovo stato dell'industria dei videogiochi, comunque non certo una novità visto che la normalizzazione va avanti ormai da anni, è sicuramente Fortnite, con la sua accessibilità universale, sia di prezzo che di sistema di gioco, con i suoi contenuti simpatici quanto innocui e con il suo tentativo di coinvolgere ogni fenomeno mediatico che incontra sul suo cammino senza opporgli alcuna identità critica (Thanos è figo? Facciamo un evento con Thanos).

Fortnite è il gioco perfetto per il nuovo pubblico: vacuo, futile, esibizionista; un Barbie Gira la Moda mascherato da sparatutto in terza persona in cui tutti possono trovare la loro piccola soddisfazione anche senza fare quasi nulla. Anzi, senza fare nulla, visto che la modalità del momento, la più richiesta e desiderata, quella Parco Giochi, proprio nulla richiede di fare. È un Second Life in cui ogni tanto ci si può sparare ed è un immenso fraintendimento nato dal tentativo di recuperare un gioco che nel frattempo è stato dimenticato, chiamato Fortnite. Del resto Epic Games non inventa più niente da anni, ossia dal primo Gears of War, l'ultimo gioco in cui provò a creare, invece di copiare e rifinire come un Tommyknocker qualsiasi.

Parliamone Fortnite

Fortnite è una grande parabola esistenziale: nato copiando Minecraft quando andava di moda Minecraft, è uscito troppo tardi per sfruttarne il fenomeno, ma si è riciclato inseguendo il fenomeno successivo, ossia PUBG, dopo che Epic Games aveva fallito nel copiare un altro fenomeno, quello dei MoBA, lanciando il già dimenticato... come si chiamava? Non è importante. Ciò che conta è che quando in Epic Games qualcuno pronuncia la parola "creatività", i dirigenti mettono mano al moschetto. Ma soprattutto ciò che conta è il risultato: hanno ragione e navigano nell'oro, in barba alle lamentele.

Sì, perché quando ricavi più di trecento milioni di dollari al mese senza apparentemente vendere nulla hai sempre ragione, almeno sul mercato. Non è una questione di qualità o meno, ma solo di aver capito meglio degli altri cosa vuole il pubblico pagante, che sempre più vive una specie di bipolarismo per cui acquista ciò che dice di odiare e snobba ciò che dice di apprezzare. Perché molti non acquisterebbero un videogioco nemmeno sotto tortura, ma spendere dei soldi per un costumino figo da sfoggiare online di fronte ad altri esseri umani non gli sembra poi un grosso spreco. Insomma, Gianluca Vacchi non ha inventato nulla. Sia chiaro: i soldi sono loro e ci fanno quello che vogliono. Di nostro possiamo solo far notare che ciò che anni fa sembrava un'assurdità, oggi è di fatto il nucleo fondante dei discorsi economici dell'intera industria: come li vendiamo i costumini agli scemi? Messa così sembra brutale, ma vi assicuriamo che la realtà è molto peggiore.

Tanta redditizia coprofagia attira ovviamente tutti quelli che sono alla ricerca della loro fetta di benessere e che incidentalmente sappiano sviluppare anche dei videogiochi. Vi sembra un fenomeno nuovo quello delle copie spudorate? Provate a contare quanti cloni di Pac-Man o Space Invaders furono lanciati sul mercato nei primi anni '80 e poi tornate qui. Va bene anche se vi si è rotto il pallottoliere, basta che vi siate fatti un'idea di come hanno sempre funzionato le cose in questa, come in tutte le altre industrie dell'intrattenimento. E qui arriviamo alla domanda del titolo: se tutti giocano a Fortnite comprando vestitini, perché altri sviluppatori non dovrebbero fare altri Fortnite vendendo altri vestitini?

Andate da un investitore e ditegli: "Oh, piantala di accoppiarti con prostitute minorenni sul tuo yacht battente isole Cayman che ho qui un progetto incredibile per un titolo innovativo e pieno di creatività. Il rischio è alto perché è un'idea completamente nuova, ma può essere davvero rivoluzionario e può portare avanti il medium videoludico in termini espressivi e culturali, ottenendo grandi consensi di pubblico e di critica. Me lo finanzi?" oppure "Oh illustrissimo genio della finanza che incidentalmente apponi il tuo glande in membra che se fossi povero ti costerebbero la galera, me lo finanzi un clone di quel gioco là che incassa 300 milioni di dollari al mese? Proviamo a pigliarci una fetta?" Secondo voi a quale proposta reagirà meglio?

In parte dipende da quanto costa lo yacht e da quanto ha speso per la prostituta, ovviamente, ma è normale che sarà più propenso ad andare sul sicuro che a lanciarsi nel vuoto. Sommate decine di finanziatori che vogliono andare sul sicuro e avrete cloni di Fortnite che escono dalle fottute pareti, come qualche anno fa dalle fottute pareti uscivano cloni di Minecraft e di League of Legends, o cloni di Super Mario Bros. e Doom, per citare un paio di fenomeni commerciali più vecchi. Insomma, perché nel 2018 ci stupiamo ancora che il mercato lo faccia il mercato, ossia che le scelte di spesa dei clienti siano determinanti per indirizzare le scelte di chi produce? In sostanza di cosa ci lamentiamo?